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San Juan - Tessalit, 1988, la tappa cruciale, la prima grande occasione per Orioli. Gilles Lalay è al comando, ma salta una nota e non abbandona la pista principale per prenderne una meno visibile. Molti lo seguono replicandone l’errore, presi più dalla polvere che dalla navigazione. Edi si rende conto chiaramente dell’errore e intuisce che può creare una situazione clamorosa, ma ci vuole un’esecuzione perfetta. Lalay tarda ad accorgersi dello sbaglio, e Edi non esita un solo istante, si nasconde dietro a una duna che gli offre la possibilità della grande interpretazione.
La prima Parigi-Dakar ad un italiano
Dal nascondiglio vede passare gli inseguitori, e quando anche questi prendono la pista sbagliata sulla scia di Lalay, punta la bussola sulla rotta giusta e attraversa il deserto alla ricerca di due vecchi pneumatici, il segnale del rifornimento. Dopo, altri 250 chilometri, ancora in perfetta solitudine con la certezza di essere sulla pista corretta. La Dakar si decide in quel momento, con quella mezz’ora di vantaggio che Orioli si è costruito con scaltrezza e molta, coraggiosa decisione. Il 22 gennaio arriva sulla spiaggia del Lago Rosa da vincitore. È la prima volta che succede a un italiano.
Agadez, 1990. La partenza della nona tappa è stata posizionata male. Non “guarda” dalla parte giusta. I piloti che partono prima di lui non se ne avvedono e iniziano a cercare di modificare la propria traiettoria. Finiscono per girare in tondo. Orioli torna la campo e rifornisce di nuovo la sua moto e decide di giocare la sua carta. Il rischio è elevatissimo, e la soluzione del rebus è 800 chilometri più avanti. Il problema è non farsi vedere, in modo da non suggerire agli avversari la sua interpretazione dell’enigma.
Da solo nel Ténéré
Orioli decide allora di simulare un guasto e si da da fare attorno con chiavi e bulloni sinché l’ultimo degli indecisi non sparisce dalla parte sbagliata. A quel punto imposta il GPS, che allora è solo una dote naturale, un istinto, e si lancia da solo contro il Ténéré nuova direzione e, da solo contro il deserto assoluto, si avventura nel Ténéré. 450 km più avanti, a Termit, trova il camion del rifornimento.
Al traguardo ci arriva al tramonto, in perfetta solitudine, e ci vorrà più di un’ora prima di veder apparire un altro concorrente. Roberto Azzalin, suo team manager di allora, gli si avvicina e lo abbraccia: “Mi sembri Fausto Coppi!”. Ancora una volta, è la spiaggia del Lago Rosa, sessanta chilometri a Dakar, che mette i sigilli alla nuova vittoria di Edi. Per la sua nuova moto, la CaGiVa, è invece la prima volta.