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Sochaux - Avevo in programma il viaggio a Sochaux già da un po’. Per gli appassionati del Marchio, e soprattutto per chi abbia voglia di ripercorrere la storia dell’Automobile partendo dal momento “Zero”, il Museo della Famiglia Peugeot è un must e una “scusa” memorabile. Ma lo è anche per chi è a caccia, e la verità è che, essendo sulle tracce di una 204 ex East Safari dei ‘settanta, dovevo confrontare i miei indizi con il mezzo di riferimento gelosamente custodito in Alsazia. Potete immaginare la sorpresa e lo stupore quando, in ammirazione della piccola “berlina” africana al piano di sotto del padiglione dedicato alle “Racing” della storia Peugeot, mi sono affacciato sul soprastante piano sopraelevato.
Auto leggendarie parlano tra loro
Risucchiato istantaneamente in una dimensione Pixar “Cars”. Quattro macchine della Storia Peugeot alla Dakar facevano quadrato attorno alla sagoma ancora “Carbon” notte della nuova 2008 DKR. Su quel metro e mezzo di livello al di sopra della Storia dell’Automobile si era riunita l’intera storia tecnica della Peugeot da Rally-Raid, con uno sguardo preciso, e forse altrettanto precise intenzioni, sulla sua proiezione futura! Sin da subito mi è apparso chiaro che non si trattava di un incontro fortuito o di una visita di cortesia. La 2008 DKR era da sette mesi in giro per il mondo, impegnata tra saloni e test africani, in una corsa all’ultima fase dello suo sviluppo prima di affrontare la gara del debutto.
La 205 T16, nata nel 1987, qui in versione gialla, è la macchina che ha acceso miccia e fantasia della Peugeot alla Dakar. Macchina e Piloti su un piano superiore di spettacolo ed efficacia. È il prototipo che derivava dalle scomparse Gruppo B dei Rally, convertito e adattato alla “missione” dakariana ancora sotto la direzione di Jean Todt. Le modifiche, tuttavia, non erano trascurabili. Il quattro cilindri a sedici valvole con turbina Garret e iniezione Magneti Marelli, posizionato posteriormente alle spalle del navigatore, era stato “smorzato” al di sotto dei 400 cavalli, circa 380, per livellarlo alle nuove esigenze di affidabilità e longevità, e il telaio, monoscocca con appendici tubolari in acciaio, era stato profondamente rivisto, con l’allungamento del passo di una trentina di centimetri e l’adozione di sospensioni modificate in funzione dell’escursione necessaria per affrontare gli insidiosi terreni della Dakar.
Il debutto della 205 T16 Gran Raid, capace di 230 chilometri orari, fu fulminante. Jean Todt aveva schierato tre GR, affidate a Ari Vatanen, Shekhar Mehta e Andrea Zanussi. Ari Vatanen, in coppia con Bernard Giroux, vinse la 9a edizione della Paris-Alger-Dakar 1987. La 205 T16 nicchia e sorride, annuisce. L’anno successivo l’asso finlandese portò al debutto la nuova “arma” Peugeot, la 405 T16 Grand Raid, ma non con altrettanta fortuna. “Parla”, dall’angolo opposto dello straordinario “Ring” del salone di Sochaux, la 405 T16. “Eravamo alla prima stagione, e la macchina non era ancora del tutto affidabile. È lo scotto che ogni Squadra, dalle private alle più grandi e ufficiali, deve obbligatoriamente pagare. La Dakar è una corsa troppo lunga e difficile, ed è praticamente impossibile vincere al debutto. E poi non bisogna dimenticare il “furto” che subimmo, altrimenti forse le cose sarebbero andate a finire diversamente”.
Peugeot sul tetto del mondo
E infatti, la 205 nicchia ancora, a vincere l’edizione 1988 della Paris-Dakar fu ancora il piccolo “mostro” Peugeot, quella volta con Juha Kankkunen e Juha Piironen ai comandi e alla navigazione, che fino al controverso episodio di Bamako avevano il compito di coprire le spalle a Vatanen. Inutile dire che il bis scatenò un entusiasmo incredibile tra gli appassionati, e un’ondata di contagioso interesse anche tra i meno “competenti”. “Sì - insiste la 205 - tutte scuse, sta di fatto che eravamo due a zero!”
“La 2008 DKR è venuta a Sochaux per raccogliere il testimone dell’Avventura della Dakar direttamente dalle… ruote di due auto mitiche”
A questo punto la 405 T16 Grand Raid si inalbera: “Non puoi aver dimenticato quello che è successo nel 1989, all’undicesima Paris-Tunis-Dakar. Eravamo cresciuti in tutti i sensi. La potenza a 400 cavalli tondi tondi, passo e carreggiata analoghi ma aumentata l’escursione delle ruote e, soprattutto, la stabilità. Ari era estasiato dal comportamento della sua macchina, e da quel momento non ce ne fu per nessuno. Già prima della Dakar avevamo vinto tutto, in Marocco, Tunisia, al Faraoni, e la supremazia alla Dakar era tale che il povero Todt dovette, a Tombouctou, lanciare in aria una monetina per stabilire chi, tra Vatanen e Jacky Ickx, doveva vincere la corsa. Dopo l’apoteosi della prima vittoria ottenuta, non ci fermammo un solo minuto ripetendoci nel 1990 con un’altra stagione a dir poco formidabile.
Ben 15 tappe, ricorderai, vinte sulle venti disputate della Dakar, bravo Ari ma bravi anche Waldegaard e Ambrosino, sul podio “totale”, e Wambergue. Senza contare, forse lo hai dimenticato, le due Pikes Peak vinte dalla nostra collega “alleggerita”, almeno dei 400 litri di carburante necessari alla Grand Raid. Una supremazia assoluta, Vatanen divenne addirittura un numero uno cinematografico. Nessuno poteva fermarci, solo la Casa che, alla fine della seconda stagione da mattatrice, decise di lasciare imbattuta la disciplina e di passare la mano ai “Cugini”. Due pari, e con il seguito di eredità, un patrimonio tecnologico e di competitività incomparabile, che lasciammo dopo di noi. Due pari e quindi, se permetti, oltre!”
Il celebre filmato di Vatanen alla Pikes Peak con la Peugeot 405 T16
La 2008 DKR è lì, in mezzo alle dispute delle grandi antenate. Respira l’atmosfera di un’epoca che è chiamata a rievocare, e ne assorbe i significati. Un volume di informazioni e di emozioni uniche, che raccoglie in quei momenti che rappresentano un passaggio di consegne avvenuto dopo venticinque anni. Tra un mese e mezzo tocca a lei. L’epoca dell’apprendistato e dei tour di presentazione sfuma rapidamente, e il carico di responsabilità è secondo solo a quello di adrenalina che inietta nei 340 cavalli del T16 ora in configurazione V6.
Tutto è in mano alla 2008 DKR
Largo alla coppia, alla fluidità aggressiva nel passaggio sugli ostacoli. Le antenate sembrano piccole macchine, quasi imperfette. Gran parte delle combinazioni e degli schemi sono cambiati. Due ruote motrici in luogo delle quattro, ma mezzo metro di diametro delle ruote ed escursione delle sospensioni doppia, minore potenza, ma un range di utilizzo incredibilmente più esteso. Stessa sopraffina interpretazione meccanica, ma anche un sacco di elettronica di supporto, e un occhio attentissimo all’evoluzione dei regolamenti. Un’”arma” pensata, sviluppata e realizzata con un solo scopo: la Dakar.
Christophe Dupont, responsabile delle attività de l’Aventure Peugeot e anfitrione squisito, mi riporta tra gli umani. «Lasciamo che si dicano le ultime cose. Tutto sommato, il momento ha una grande carica di simbolismo. La 2008 DKR è venuta a Sochaux per raccogliere il testimone dell’Avventura della Dakar direttamente dalle… ruote di due auto mitiche». È vero. Tutto quello che la 2008 DKR ha vissuto fino a questo momento è solo il trailer dell’esperienza che la Macchina vivrà di qui a poco più di un mese. Adesso c’è solo il tempo per andare a “cambiarsi”, indossare la nuova tenuta da combattimento con i nuovi colori di guerra, e aspettare che i suoi nuovi Piloti, Cyril Despres, Stephane Peterhansel e Carlos Sainz, chiudano il circuito di accensione. La 204 East Safari Rally avrà ancora un po’ di pazienza, torneremo per due chiacchiere. Ora sono 48 giorni al via della Dakar Argentina-Bolivia-Cile.
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