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Al-Ula, Arabia Saudita, 14 Gennaio. Al Bar stasera si riflette. Cercheremo di andare a fondo nello stato d’animo di una frustrazione. Anzi, due diversi di frustrazione.
Due casi forse emblematici, coincidenti nella loro espressione di… capolinea tecnico e fisico. Sono quelli di Nasser Al Attiyah, secondo nella Gara delle Auto con la Toyota Gazoo Racing ufficiale, e di Ignacio “Nacho “Cornejo”, ritirato quando era in testa alla Corsa delle Moto con la Honda Monster ufficiale.
Il Principe del Qatar, tre volte vincitore della Maratona se la prende con i regolamenti. Il “Chico” di Iquique, se la prende con sé stesso, poi rapidamente sposta la riflessione, cerca di capire e si concede… una prossima chance.
Nasser dice che i regolamenti della Dakar favoriscono i buggy. Ha anche un metro di misura. Le Toyota hanno forato 60 volte in totale, le Mini neanche un quarto, 14 forature. Il problema si era presentato, in qualche modo, già lo scorso anno, ma in Sud Africa erano certi che con BFGoodrich era stato fatto un buon lavoro e che la questione era risolta.
Al Attiyah, però, non se la prende con le gomme. Considera la differenza di schema delle due vetture e le mette in relazione con i terreni su cui si disputa la Dakar. Ne ricava la sensazione che il percorso di quest’anno sia favorevole ai buggy.
Le sue ragioni sono semplici: i buggy hanno maggiore escursione delle sospensioni rispetto alle 4x4, per le quali può essere al massimo di 330 mm e, soprattutto, ruote più grandi, 940mm contro 810mm. Ruote più grandi vuol dire passare più agevolmente sulle pietre. Se, quindi, il percorso è caratterizzato significativamente dalla presenza di roccia e pietre allora le 4x4 soffrono. Questa è la frustrazione di Al Attiyah che, nonostante si stia dannando l’anima, non riesce a mettere il sale sulla coda di Peterhansel e quanto più spinge tanto più si sottopone al rischio di una nuova foratura. Un vicolo cieco.
Il problema di Al Attiyah è doppiato dal quello delle BRX. È noto, infatti, che Sébastien Loeb ha ceduto le sue gomme di scorta a Nani Roma durante la Tappa Marathon.
Quel che invece diventa pura filosofia è capire se dare ragione o torto a Al Attiyah. Che le 4x4 soffrono sul duro è evidente, che il percorso è una variabile gigantesca pure. Quando in Peugeot decisero di partecipare con le mitiche 2008-3008, per prima cosa vollero assicurarsi presso gli Organizzatori che ci sarebbero state delle Dakar di sabbia e di dune. L’anno scorso il percorso fu giudicato troppo veloce, e quindi rischioso, e allora gli organizzatori sono andati alla ricerca di una maggiore tecnicità, ovvero durezza, ovvero anche duro e sassi. L’ideale sarebbe costruire macchine su cui cambiare radicalmente gli assetti, come succede nel Rally, ma questo è incompatibili con il carattere stesso della Maratona.
C’è infine un dato che potrebbe eliminare, o raddoppiare, la frustrazione di Al Attiyah: le Mini di X-Raid hanno dominato lo scorso anno, con Sainz, e dominano quest’anno con Peterhansel, su due tipi di percorsi diversi. Che andiamo a cercare, allora? il dibattito tra 4x4 e Buggy è sempre stato aperto, ed è chiaro che ci sono circostanze nelle quali uno è favorito e l’altro penalizzato. Forse la vera frustrazione di Al Attiyah, come di molti altri da vent’anni a questa parte, è proprio “Peter”
Veniamo ad un tipo completamente diverso di frustrazione. Quella di Cornejo, pilota Honda costretto al ritiro quando era in testa alla Dakar. È un evento duro da ingoiare.
José Ignacio Cornejo ha 26 anni, è nato e cresciuto a Iquique, la città del Nord del Cile che i “Dakariani” hanno imparato a conoscere per quella duna altissima e vertiginosa che incombe sul Pacifico. È diventato un formidabile Pilota da Rally perché ha del talento e perché suo padre è un mago dei road book. Alla sua scuola sono cresciuti Carlo De Gavardo e Francisco “Chaleco” Lopez. Alla Honda è arrivato perché lo hanno notato Martino Bianchi e Roberto Boasso. Si è meso subito al lavoro e ha iniziato a… imparare ancora. Tipo calmo e riflessivo, determinato, ha aspirato pian piano l’esperienza nell’aria del Team. Parla benissimo l’inglese per cui ha assorbito anche le “lezioni” di Johnny Campbell a Brabec. In testa alla gara di quest’anno c’è arrivato per una serie di circostanze. Molte non lo riguardano, perché si chiamano sfortune ed errori altrui. Ma una è tutta sua: ha fatto la sua gara stando dentro quel limite di attenzione che ti porta lontano. Senza mai rischiare, troppo, senza mai sbagliare, questo è importantissimo. Quando il gruppo si è sgranato, lui un giorno si è trovato in testa con un discreto vantaggio.
Ma il giorno dopo, quando doveva iniziare a amministrare quel vantaggio, è caduto a metà Speciale. Una botta forte. È svenuto. Si è risvegliato. È risalito in Moto. È ripartito. Ha concluso la Speciale. Gli mancava il trasferimento. I medici lo hanno fermato. Prima per un check, poi definitivamente. Ancora suonato Nacho è stato trasferito all’ospedale di Tabuk. Controlli, precauzioni.
Ora Ignacio sta relativamente bene. Cornejo era terzo nella generale a un minuto da Benavides e a pochi secondi da Brabec. Paradossalmente, dei tre, era quello messo meglio. Invece Cornejo è in ospedale, ormai concluderà il ciclo di precauzioni. Non avendo fatto il trasferimento finale è fuori gara. Irrimediabilmente. Immaginatevi che incubo. Siete terzi, la classifica è ancora lì. State bene e non potete rientrare nel vostro sogno. È la frustrazione per definizione.
Invece la frustrazione c’è ma è veloce ad andar via. Ignacio prima di tutto riconosce che ha fatto un errore e cerca di capirne le ragioni. Secondo lui, dovendo amministrare, era troppo rilassato, e così è caduto nella trappola della concentrazione che va via. “Abbiamo fallito la missione. Ho fatto una caduta molto forte che mi ha lasciato incosciente per qualche minuto. Sono riuscito a rialzarmi e a risalire in moto, ma molto lentamente e con la moto tutta storta ho concluso la tappa. Sento come se mi fosse passato sopra un treno, ma tornerò a stare bene.” Si dispiace, certo: “Ero a un passo dal grande sogno. Adesso deve restare in sospeso!”. Ignacio sembra aver scacciato la frustrazione. Infine ringrazia tutti quelli che gli sono stati vicino.
E con questo, per quanto lo riguarda, il caso è chiuso.
Dicevamo bene oggi, e ne siamo ancora più convinti. Ignacio Cornejo è pronto per vincere una Dakar.
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