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Al Qaisumah – Ha’Il, Arabia Saudita, 8-9 Gennaio. Il giorno più lungo è quello che comprende anche la notte. E non è una bella cosa, non è come qui al Bar che se si fa tardi è perché abbiamo trovato l’argomento avvincente e ci sono ancora bottiglie da giustiziare. Una volta, una notte all’addiaccio alla Dakar era quasi prassi, in molti casi e per i più s-fortunati poteva succedere più volte. Al Motociclista solitario, una volta sparato l’ultimo razzo, non restava che tirar fuori il telo di sopravvivenza, scavare nella sabbia o trovare un riparo nel bush, mandare giù il rospo e la razione di emergenza. Per gli automobilisti la situazione era migliore, ma non perfetta. Intanto erano in compagnia, stavano al chiuso della macchina e magari avevano qualche indumento e viveri in più. Ma prima o poi il freddo entrava, a faceva loro rimpiangere di aver strappato via tutta la “pesante” coibentazione in sede di allestimento del prototipo, anche quello fatto in casa. Per tutti l’imperativo era cercare di dormire e sperare che l’alba venisse il prima possibile. All’alba, infatti, insieme alla consolazione del nascere del sole, scattavano le ricerche.
La posizione del disperso era stimata, riferita alla testimonianza di un altro Concorrente, e anche l’agio della sopravvivenza dipendeva in parte dagli aiuti. Un secondo telo, un po’ d’acqua, un po’ di cibo, se era passato un russo anche una bottiglia di vodka. Poi c’è stato un intertempo nel quale la notte era più confortevole perché, con l’avvento del GPS e del Tracking, gli organizzatori sapevano perfettamente dov’era il “disperso” e in che condizioni versava. Puntini luminosi sul grande schermo nel buio dell’aereo PC Course. Erano i dispersi, spesso erano stati avvertiti e la notte nel deserto faceva ormai parte della coreografia e del mito, che andava alimentato. Poi sono arrivati i telefoni satellitari, poi i GSM che qui fuori città non funzionano ma nei deserti dei petrolieri non hanno un solo buco di campo, e la notte nel deserto è un diversivo, l’evocazione della leggenda. Chiami il bivacco, gli assistenti, anche casa tua per rassicurare, e organizzi l’operazione per tirarti fuori dal disagio. Questo non toglie che la notte nel deserto incide sugli umori, anche oggi. Soprattutto se eri partito all’alba sperando in un risultato.
E così è successo anche alla leggenda del WRC Sébastien Loeb. Dopo aver forato N volte, essere stato penalizzato e aver pascolato nei giorni precedenti, attorno al KM 100 una sospensione della BRX Hunter ha ceduto. Mi immagino che non sia successo per gelosia del metallo nei confronti del fuoriclasse. E immagino che sia scattato il furore del giramento di scatole. Impossibile riparare, Dakar in fumo, c’è un contratto di tre anni con il Team Bahrain Raid Xtreme e quindi vale la pena di continuare per raccogliere dati. Quindi il recupero in tempi decenti è obbligatorio. Passano le ore. Sei, sette, otto. Era partito alle 10, arriva il buio e Leob è ancora nei dintorni del CP2. Daniel Elena, il Navigatore che non si perderà mai d’animo, lancia un post (e ti pareva) che serve ad un tempo e rassicurare e a confermare che entrambi torneranno per vendicare questa maledetta Dakar!
A questo punto, tutti stanno bene, al Bar può scattare il dibattito.
- “Loeb è un eroe. Sta passando la notte nel deserto come un gladiatore! È fortunato se non va fuori di testa, ma non gli succederà, è un extraterrestre.”
- “Stai zitto, Loeb è un coglione perché se invece di cercare rogna avesse avuto più riguardo per la macchina, non avrebbe rotto e sarebbe al bivacco a rispondere alle domande del bravo Chen di Red Bull TV.”
- “Ecco, arriva lui che sa tutto. Ma non sa che quella sospensione rivoluzionaria, così bassa per lasciare libero l’orizzonte, non è la rivoluzione, è solo una grana e lo si è visto bene. Non basta essere bravi a fare macchine da Rally, come quei coglioni di inglesi, questa è la Dakar!”
Insomma è scattato il processo. Loeb ha fatto bene o ha fatto male? Basta essere un Campione imbattibile in una specialità per esserlo anche in un'altra, e specialmente alla Dakar dove prima della manetta deve venire il cervello?
A mezzanotte la BRX è ripartita ed è alla volta del CP4, alle due del mattino siamo ormai all’ultimo CP prima dell’arrivo, alle 3 di notte una cena calda e il tepore del motorhome. Avventura, poca, disagio e giramento, niente di grave. Noi siamo ancora qui a bere e giudicare, ridotti peggio nonostante il più assoluto, rigoroso, legale rifiuto di una sola goccia di alcol.
E dov’è l’avventura, allora? Chi sono gli eroi della Notte della Dakar?
Velo dico io, il Barista. Gli eroi della Dakar sono i Camionisti! Oggi come ieri. Jordi Esteve Oro, il mitico, inossidabile, leggendario Rafal Tibau e Arnald Bastida, l’Equipaggio del Man #532 di assistenza BRX. Che dopo aver prestato soccorso a Loeb e Elena e dopo averli fatti ripartire, mentre gli “Eroi” sono già in dirittura di spaghetti è ancora una volta fermo in pista tra i CP 3 e 4 in compagnia dei colleghi del Daf 528 dei Dust Warriors olandesi. Un'altra panne da rimediare? La decisione di bivaccare e ripartire all’alba? Quelli sono gli Eroi!
È la notte delle stelle nascoste dalle sciabolate dei fari, di Tibau & Co.. Prima fermi per ore alla macchina di Loeb, poi... un momento… poi ripartiti alla volta di una pista esterna che porta al bivacco, duecento chilometri andata e ritorno dal CP probabilmente in cerca di qualcosa… e quindi di nuovo alla macchina e sulla pista della Speciale...
... Ma questo resta il piccolo mistero della notte di Loeb. Dai, lo sapremo domani. Siamo proni con quegli spaghetti?
© Immagini: “Nani” Roma Media, BRX, Red Bull Content Pool, X-raid, Toyota Gazoo Racing, ASO, KTM, Honda, Rally Zone, Francesca Gasperi