Il Bar della Dakar 2020. E ora? Chi vince?

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Corsa finita? Assegnata? Possiamo chiudere bottega e passare alla prossima? Perché la vittoria di Brabec e Sainz è un frutto ormai maturo? E da quando? Che c’entrano i loro avversari?
17 gennaio 2020

Haradh, Arabia Saudita, 16 Gennaio 2020. E ora? Ora che la Dakar sta per finire? Niente, se facciamo in tempo apriamo le nostre sedie sul Turini al Monte-Carlo, altrimenti, in attesa che ci rinnovino la licenza, pensiamo di spostarci sulla riviera romagnola quest’estate. Altri Rally, sicuramente, e altri Rally-Raid.

 

Dunque è venuto un meccanico oggi, vestito dei colori Honda, e ci ha detto che la corsa delle Moto ha ben poche possibilità di essere sovvertita nell’ordine di classifica che vige dalla terza tappa. Pensate, Brabec è in testa dal terzo giorno di questa Dakar, e non ha mai mollato l’osso. Accanto a lui siede casualmente un tecnico con la tuta Mini, che ribatte pronto puntualizzando che anche Carlos Sainz è in testa esattamente dalla terza giornata di gara.

Che ci vengono a significare, che siamo stati in campana per tutto questo tempo per scoprire che era già tutto regolato, codificato praticamente dall’inizio? No, ma è un’osservazione illuminante che ci porta a riflettere sul fatto che è una Dakar con pochi colpi di scena, o pochi dardi che hanno colpito più in basso o di striscio, risparmiando il gotha delle classifiche.

 

Che Brabec e Sainz siano in testa dall’inizio del Rally è, dunque, una falsa casualità, basata su avvenimenti che solo in un secondo tempo, riflettendo meglio, esprimono i loro perché. Se infatti a chiamarsi fuori non fossero stati Price, Peterhansel, Al Attiyah. Se Sunderland, De Villiers, Al Rajhi non avessero sbagliato o esagerato, ciascuno a modo suo con un incidente, un guasto, un’eccessiva impazienza. Se una caterva di “se” e di “ma” avesse avuto il sopravvento, staremo certo parlando d’altro. Ma non è così.

Dal limbo imperscrutabile delle supposizioni io chiamo fuori solo Price, cui è cascato il cielo addosso. Un piccolo errore di navigazione, va bene, ma poi la mousse fusa, la ruota distrutta e l’attesa di Short, l’interminabile disperazione accanto a Paulo Gonçalves. Puoi vincere una Dakar con un polso fratturato, e Price l’ha dimostrato l’anno scorso soffrendo come sotto tortura, ma non superare certi shock. Riparti, ti restituiscono l’ora che sei stato accanto al tuo amico, continui, ma l’ultima cosa che vorresti è essere lì. Tanto di cappello, Toby.

Comunque, anche se tutti avessero potuto rendere al massimo o non avessero sbagliato nulla, c’è da ritenere che i due tecnici al Bar avrebbero comunque solo in parte ragione, poiché la verità è che questo risultato parte da lontano.

 

Ricky Brabec
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Vinca il migliore

Lontano quanto? Provo a dire. Ricky Brabec è pronto da almeno due anni. Da quando, cioè, sempre battagliando per la leadership, è stato fermato due volte consecutive. Un radiatore e un motore. Sono cose che ti tagliano le gambe, e infatti il 2019 è stato un anno difficile per il “convalescente”, nell’anima, Brabec. Carlos Sainz è pronto a vincere dall’inizio del secolo… ma più specificamente, se si parla di questa edizione, dall’inizio di questo anno. Carlos Sainz senior è uno che se non gli fai la solita domanda del cavolo ti parla seriamente e ti dice le cose come stanno. Ti dice quando non può vincere e perché, e anche quando invece si può fare, caso in cui lui è sempre pronto e determinato. El Matador è un signore, certo, ma anche un minatore, uno che si rimbocca le maniche e sa fare o correggere le sue macchine come nessun altro.

 

Brabec e Sainz. Entrambi dipendono, nella loro evoluzione, dallo sviluppo delle vicende in seno al rispettivo team, e in questo caso Sainz pur cambiando casacca ha avuto un ambiente più favorevole, e dalla fiducia che, in modo personalizzato, hanno potuto riporre nel loro mezzo, nella loro arma. Chiaro che il successo di un Pilota dipende dalla sua macchina, intesa come auto, moto o motoscafo, e altrettanto chiaro è che ogni macchina da corsa dipende dal suo Pilota, dalla sua… pietà. Se sei sulla pista del Lago Salato e rincorri un record difficile allora o la va o la spacca. Vinci o rompi e ci sta. Ma se intendi vincere una Dakar devi imparare a gestire la testa prima di tutto, e subito dopo devi usare la testa per farti aiutare a gestire la strategia, le risorse, il mezzo.

 

Brabec e, ancor di più, Sainz, hanno imparato sulla propria pelle, sbagliando e subendo, a correre la Dakar con la testa, cui hanno assegnato il comando del proprio talento. Per questo, a una Tappa dalla fine e con un margine di vantaggio concreto, difficilmente possono sentire la pressione che, per dovere più che per convinzione, gli avversari più prossimi si impegnano a mettere loro addosso.

 

Vinca il migliore. I due Meccanici si girano verso di me: “Scusa, e di chi stiamo parlando, allora?”

 

Sainz e Price
Sainz e Price

Aggiornamenti. Rafal Sonik vince la sua prima Speciale tra i Quad, ma è terzo a un’ora da Ignacio Casale che conserva venti minuti di vantaggio su Vitse. Francisco “Chaleco” Lopez vince la sua seconda Speciale tra gli SSV, ma non si muove dal terzo posto alle spalle dell’americano Casey Currie, che non ne ha ancora vinta una, e del russo Kariakin, che ha vinto la Speciale inaugurale della 42ma Dakar. Quattro Kamaz nell’ordine di arrivo della penultima Tappa dei Camion. Il primo è il camion di Karginov, sei successi personali su 11 Speciali disputate.

 

 

 

© Immagini ASO/DPPI/Delfosse/Flamand/LeFloch/Vargiolu/Gooden – X-raid – RedBull Content Pool

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