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Neom, 6 Gennaio 2020. Due giorni appena, Un giorno vince un lituano praticamente sconosciuto, un altro un rookie o quasi e un argentino va in testa alla Dakar. Un Maz bussa d’imperio all’impero Kamaz. Che succede? Qualcosa che non va? Facciamo i nomi. Dove sono i Price, gli Al Attiyah, i Peterhansel? Possibile che sia la Dakar di un Zala, di un Branch, di un Terranova, di Viazovich? Vuoi dire che alla fine di questa Dakar dovremo far ristampare gli elenchi del telefono del Rally-Raid, della Dakar?
Sinceramente mi piacerebbe, ma non credo. Mi piacerebbe andare a riconoscere i nuovi idoli fuori dal Club, ma se c’è una regola ferrea alla Dakar è quella che riferisce all’esperienza. E l’esperienza è un filtro lento, a volte tanto da sembrare infinito o… intasato. Troppe volte abbiamo visto languire nell’anonimato Peterhansel, salvo poi rivederlo spuntare implacabile, impietoso nel momento cruciale, rovesciare la situazione e riprendere il comando delle operazioni.
Quello che è certo è che il livello della bravura si è alzato ancora, e ancora troppo spesso non è “riconosciuto” dal livello del supporto. Sto parlando di assetto tecnico, di sponsor, di soldi. Ricordiamolo: essere privati, alla Dakar, è questione da nababbi o da gente disposta davvero al sacrificio. A volte a tutti e due gli aspetti della vita insieme. Si assiste quindi a una fenomenologia che è abbastanza diffusa e che rappresenta chiaramente la situazione. Le situazioni, dico, perché di fatto i quadri esemplificativi sono due, differenti a seconda che si parli di Moto e di Auto.
In ambito motociclistico, il panorama è praticamente sgombro da equivoci. Le Squadre ufficiali scelgono, arruolano e pagano i loro Piloti ufficiali. KTM, che la fa da padrone illuminato, produce anche la Moto Replica delle sue 450 Rally ufficiali e le vende. Sta ai Piloti ritenersi all’altezza del mezzo e sceglierlo, costa caruccio, oppure in taluni casi la KTM Replica è affidata alla filiale nazionale che a sua volta la fornisce al National meritevole di attenzione in una specifica operazione di promozione o di marketing. A parte gli ufficiali, tutti hanno accesso, a pagamento, a un pacchetto di fornitura di ricambi, che vuol dire poter comprare e cambiare qualsiasi parte della Moto, compreso il motore, e garantirsi così il 100% di possibilità di rendere al massimo o di arrivare.
Honda insegue da anni e costruisce la sua stupenda 450 Rally a uso e consumo della Squadra ufficiale. Qualche vecchia serie è andata a privilegiati “clienti”, altri hanno scelto di derivare la propria Rally dalle cross e enduro di serie della Casa giapponese. È una filosofia diversa ma corretta. Risorse concentrate per vincere e rompere, se possibile, l’egemonia KTM. Poi si vedrà. Yamaha, Sherco, Hero, hanno assetti che stanno in mezzo. Ufficiali, sì, ma con maggiore sobrietà e parsimonia.
Il Mondo delle Auto è assai diverso da quello delle Moto. Prima di tutto ed essenzialmente perché ci girano un sacco di soldi. È normale, è sempre stato così. I rapporti di forza tra i rispettivi poteri d’industria sono riflessi fedelmente alla Dakar e rispettati in una proporzione che è esponenziale a favore delle 4 ruote.
Le Case, di default, non sono presenti ma rappresentate. I casi contrari si contano sulle punte delle dita. L’ultimo “vero” è il caso di Peugeot, che ha messo in campo l’intero fronte di fuoco della Fabbrica, ha progettato, costruito, assistito e fatto guidare le proprie DKR. Tutto al massimo livello. Così il primo anno le ha prese, ha capito l’antifona e poi ha dilagato vincendo tre edizioni successive. Poi, dalle stessa porta attraverso la quale era entrata, è uscita definitivamente. Almeno per quanto riguarda questo ultimo ciclo.
Un altro esempio di Factory in senso stretto è quello che riguarda i Camion, in particolare i Kamaz, ufficiali in tutto e per tutto, magnifici mastodonti da gran premio del deserto, sottili pellicole di forma su un telaio nel quale è montato al centro un portentoso V8 da 1.000 cavalli.
Gli altri. Toyota, Mini, Borgward. Sono tutti inizialmente esempi di intraprendenza di un preparatore o di una filiale, solo successivamente supportati sempre più strettamente e in modo importante, magari decisivo, dal Marchio. Le Hilux sono nate in Sud Africa e sono state a lungo gestite anche in Belgio, le Mini derivano da un vecchio gioco di un rampollo della famiglia BMW, poi evoluto nella vicinanza della Fabbrica, poi, pare, di nuovo in fase di distacco. Borgward è un esempio di intervento recente e ragionevole su una vettura da parte della Casa madre, cinese, teso a rilanciare un nobile marchio tedesco.
Toyota ha la sua rappresentanza ufficiale, Gazoo Racing Team, ed ecco gli Al Attiyah, i De Villiers, gli Alonso, e gestisce i “clienti” attraverso OverDrive, struttura belga che si occupa anche di logistica Dakar. Mini fa tutto in Casa X-raid di Sven Quandt, ufficiali e… gentiluomini. Ha assoldato l’ex Dream Team Peugeot in blocco, Peterhansel, Sainz, Despres, poi quest’anno ha economizzato lasciando a casa quest’ultimo. Borgward è il progetto che ruota attorno alla "punta" Nani Roma.
Per correre con una Toyota o una Mini semi-ufficiali, che vuol dire da privati con un servizio principesco, ci vuole un sacco di soldi. Diciamo, per dare un ordine di grandezza, 500 mila a botta per una vettura di classe B o di generazione precedente. Tutto compreso, naturalmente. Bibite a parte.
Un menù così salato è una delle ragioni del successo calmierante, subitaneo e crescente dei piccoli SSV, 4 ruote relativamente economici anche se di costo importante, tra l’altro molto divertenti e performanti.
Ecco come succede che per potersela permettere, un’auto competitiva per la Dakar, bisogna avere portafogli gonfi o poter fare collette significative, avere benefattori, sponsor, consorzi. Ed ecco come succede che comunque l’accesso di massimo privilegio è sempre a una dorata serie B.
In questo modo si capisce meglio che i Zala, i Branch, i Terranova, sono belle, affascinanti sorprese, destinate tuttavia a ricoprire il ruolo della meteora non appena il divario con gli ufficiali si farà sentire. Sarebbe bello che… ma quando l’ufficiale, che può permettersi di gestire l’intero Rally, decide di svegliarsi, allora la musica cambia. Senza contare che per le Moto la Super Marathon è il più forte consiglio a prendersela in sicurezza nella prima parte della doppia tappa senza assistenza.
Ciò non toglie che la Dakar offre a tutti il privilegio e la possibilità di un giorno da leoni in un confronto che ogni giorno resta aperto.
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