Dakar Rewind. Sud America. 6. Un Viaggio Indimenticabile Durato 10 Anni. Atacama

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10 anni in due settimane, il Viaggio dell’ultima Dakar in Sud America per ripercorrere un’era del Rally più famoso del Mondo attraverso alcuni dei luoghi più significativi. Rally, Geografia e Emozioni indimenticabili
31 maggio 2019

Somewhere, some days after. 6. 22° 55′ 0″ S, 68° 12′ 0″ W. Atacama. Cile. Il Desierto Mas Arido del Mundo. Si è soliti pensare al Deserto come al luogo disagevole e inospitale per definizione. Può esserlo, ma può anche essere tutt’altra cosa, rivelare accoglienza e ospitalità inaspettate. All’origine della “sorpresa”, in genere, ci sono situazioni particolari o sensazioni che si impadroniscono dell’immagine dell’oggettività e la passano attraverso una lente deformante. Di solito accomodante. Facendo leva sul coinvolgimento emotivo, questi moti dell’anima restituiscono una fotografia apparentemente “contraffatta” della realtà, migliore o peggiore a seconda dell’esperienza personale. E qui entra in ballo il fascino, che non è tutta concretezza ma talvolta una forza ancora più solida e, soprattutto, convincente. Il Deserto è e resta, dunque, un luogo difficile, duro, anche ostile, ma è anche, nella maggioranza dei casi, terribilmente attraente, affascinante. Come il Mare, come la Montagna. Come il cielo, o come un cielo sottosopra di diversa consistenza e di differenti colori. Certo, il massimo è quando il cielo si riflette nei laghi, nelle lagune, negli specchi d’acqua reali, o immaginari come i miraggi, del deserto, creando quel senso di doppio infinito che lascia senza fiato.

Quello che fa del Deserto di Atacama un luogo unico e speciale è, innanzitutto e con tutta probabilità, la… dimensione. Si pensi al Ténéré o al Gobi, per esempio, e a quel senso di vago sgomento che si scatena dall’infinità dell’idea di attraversarli con la pochezza dell’autonomia umana. Entra in ballo l’incertezza del futuro. Con le proprie forze e con le riserve trasportabili è una guerra persa, e con un mezzo qualsiasi pur sempre la lotteria ancestrale della sopravvivenza, che si azzoppi il cammello o finisca la benzina. L’Atacama è diverso. Da Nord a Sud ecco gli impossibili 1.500 chilometri e passa, ma trasversalmente, da Ovest e Est al massimo 180, “passeggiabili” chilometri. L’Atacama è innanzitutto una lunghissima terrazza tra il Pacifico e le Ande, secca, arida da 0,5mm di pioggia all’anno. Se e quando piove, dalla notte al mattino esplode un incredibile giardino fiorito e colorato. Capitarvi nel momento del miracolo è un’esperienza da capogiro, indimenticabile.

Quel Deserto, che geograficamente è individuabile tra La Serena e Arica, e che geomorfologicamente si considera sconfinare in Perù fino a riunirsi al Deserto di Ica, è il parco delle meraviglie intriganti, affascinanti, semplicemente belle o tristi, che compongono un quadro stupendo.

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Si dice Atacama e il pensiero vola a San Pedro e alla Valle de la Luna, i due luoghi emotivamente al centro dell’esperienza del viaggiatore. Tuttavia l’Atacama è anche altro e molto di più. È una serie di spot, di cartoline che tolgono il fiato, e una lunga e avvincente, intensa Storia di Gente, di piccoli Paesi, di miniere, di un’economia di altri tempi oggi finita, di un’altra in costante crescendo, di una natura potente. San Pedro de Atacama è la vita strappata al Deserto, come la Valle della Luna uno di quei luoghi che lasciano emozionati ben oltre il tempo della visita.

Immaginate, ora, quello che la Dakar ha solo suggerito (e che Mr. Franco e io talvolta ci siamo presi a costo di una delle solite divagazioni”). Parliamo dei Geyser del Tatio, dei Vulcani Lascar e Licancabur. Più in là, verso Est, le falde delle Montagne più alte della Catena che non finisce mai e che tiene insieme i due “tronconi” del Continente più lungo della Terra, così come il Cile è il Paese più lungo del “Cono Sur”. Sei anni di quei cieli che sono tra i più “puliti” e chiari, luminosi del Pianeta, che hanno ispirato e continuano a ispirare gli osservatori astronomici che guardano più lontano nell’Universo, il Paranal, La Silla, Atacama ALMA.

Ho conosciuto l’Atacama molto tempo fa, in compagnia di Edi Orioli e di Giorgio De Gavardo, il padre di Carlo. L’indimenticabile Pilota Campione del Mondo si allenava in quel Deserto, e il padre Giorgio fu la guida del Desert Challenge Atacama del più grande Pilota italiano, 4 volte vincitore della Dakar. Poi ho riconosciuto l’Atacama nelle storie di Hernan Rivera Letelier, il poeta di Antofagasta incontrato durante quei viaggi e ancora prima nelle pagine dei suoi romanzi. L’ho sempre consigliato, leggersi i romanzi dell’epopea delle oficinas salitreras prima di andare, e immergersi così in una parte importante e caratteristica della storia del “Desierto mas arido del Mundo”.

Certo, se il viaggio volge verso il Nord del Cile, se Copiapo e le sue fantastiche, vertiginose dune è già stato nel road book, se oltre il Cile c’è il Perù nell’unione di due dei più bei Paesi del Mondo tanto cara ad una Dakar essenziale di cui fa (pardon, faceva) parte anche l’Argentina, allora a maggior ragione San Pedro di Atacama diventa il centro del Mondo. Dalla piccola Città sull’altopiano, dagli alberghetti e i caffè affacciati sulle stradine di terra, dove si è posto il quartier generale, si domina su uno scorcio di vita senza precedenti e sui raggi di un viaggio stellare che portano a Calama, Antofagasta, Iquique, come si diceva prima verso il Vulcano e i Geyser, verso incredibili lagune verde smeraldo incastonate nelle valli in altitudine, oltre le Ande e attraverso i Passi di Jama o Sico verso Susque, Purmamarca e Jujui, o verso San Antonio del Los Cobres e Salta. In entrambi i casi verso un capitolo di Viaggio e di Dakar indissolubilmente legati. Certo, la Dakar ha messo d’accordo, gemellato, Cile e Argentina, poi coinvolto Bolivia, Perù, Parguay. Un gran lavoro da “Tessitore” che ora va in archivio.

Per sei edizioni, dal 2009, l’anno della prima volta della Volkswagen di De Villiers e di Marc Coma con l’immancabile KTM, al 2015 di Al Attiya e della quinta e ultima di Coma, la Dakar è stata in Cile. Ed è sempre stato Atacama, le dune di Copiapo, le incredibili “picchiate” di sabbia, dalle fresche brezze che spazzano la nebbia del livello del mare, fino alle piste dure e di pietra attraversate dai micidiali tagli dei corsi d’acqua invariabilmente in secca.

Ma ricordate. Questo non è un Deserto. È un Giardino!

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