Dakar Rewind. Sud America. 5. Un Viaggio Indimenticabile Durato 10 Anni. Le Linee di Nazca

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10 anni in due settimane, il Viaggio dell’ultima Dakar in Sud America per ripercorrere un’era del Rally più famoso del Mondo attraverso alcuni dei luoghi più significativi. Rally, Geografia e Emozioni indimenticabili
23 maggio 2019

Somewhere, some days after. 5. 14° 49′ 44″ S, 74° 56′ 37″ W. Nazca. Perù. Le linee del Mistero. Abbandoniamo la rotta dei ricordi e torniamo a bordo del nostro pick-up Hilux. Siamo di nuovo nel presente 100% Perù. Da Lima a Paracas, Ica, San Juan de Marcona. Quest’ultimo luogo è piuttosto isolato e solitario, anche se magnificamente affacciato sul Pacifico, e quindi preferiamo riproporci la divagazione collaudata verso Nazca. Questa volta non è Casa Andina, l’Ex Hotel del Turista, ma l’Oro Viejo, a due isolati dalla nostra prima “base”. A due passi dal centro, stessa atmosfera d’altri tempi, accogliente, e l’aura particolare di un luogo in cui ogni casa, piazza o struttura è un satellite del mito centrale di maggiore e unico richiamo, le linee di Nazca. Tutto vero, ma è pur vero che a Nazca, per esempio, abbiamo conosciuto la realtà dell’oro, romantica un tempo e durissima oggi, e ci siamo imbattuti nella storia della ceramica esplorata attraverso le parole di don Andrés Rolando Calle Benavides, Tobi per gli amici. Le Linee sono lì da venti secoli e, salvo complicazioni del caso o del genere umano, vi rimarranno per altrettanti almeno. Le storie che si imparano per le vie della città, nella Plaza de Armas o per caso nei caffè e nei piccoli ristoranti, invece, sono testimonianze vive ma fragilissime, sempre sul filo sottile teso tra realtà e fantasia. Comunque affascinanti. Ecco perché vale sempre la pena rispondere presente al richiamo di una chiacchierata o di una storia raccontata da un protagonista, o dal figlio, o dal nipote che l’ha ereditata. Non c’è molta letteratura e le testimonianze tendono a sfumare nella leggenda troppo facilmente. Anche questo è il fascino del Perù. In questo senso vale davvero la pena di affidarsi all’unica bussola attendibile, la sensibilità di Mr. Franco, vero e proprio magnete di testimonianze dirette, dal vivo e nel vivo.

E comunque le Linee di Nazca vanno viste, e riviste. Certamente rendono meglio in fotografia, ma le immagini sono un dato di fatto registrato, e non restituiscono quel senso del mistero come sorvolare la zona o salire sul traliccio da cui si dominano le linee dell’Albero, delle Mani, della Lucertola singolarmente tagliata in due dalla Panamericana, la coda a Ovest e il resto del corpo a Est. Il Mirador, ora in fase di raddoppio con una struttura tutta nuova che non era ancora collaudata al tempo del nostro viaggio 2019, sembra essere stato messo lì come punto di ammonimento e di esortazione alla massima attenzione e cura della zona. Salirvi offre la particolare sensazione di spinta dell’immaginazione verso un infinito sconosciuto, o di sentirsi per un attimo come Maria Reiche in cima al suo scaleo-osservatorio.

La prima volta la Dakar è andata a Nazca nel 2012, primo anno in cui ad Argentina e Cile si aggiunge il Perù. L’arrivo di quell’anno è a Lima, al termine di una velocissima traversata Sud Nord del Paese fino alla sua Capitale. Vincono Cyril Despres, che pareggia il conto sudamericano con Coma nel prosieguo della serie KTM, e Stephane Peterhansel che sale a quota dieci vittorie a bordo della Mini All4 Racing.

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Nazca. Torniamo all’Hotel de Turistas, oggi un altro nome, per visitare la stanza di Maria Reiche, la “custode” delle Linee. In realtà il Museo Reiche è più distante, circa 25 chilometri risalendo a nord verso Palpa, ma questa stanza è una sintesi della vita semplice e dedicata della studiosa tedesca. Tutto è rimasto come allora e i gestori sono orgogliosi di conservare intatta la cameretta che, di fatto, non è e non sarà abitata da nessun altro. In un salone a lato dell’atrio si tengono, di tanto in tanto, piccole conferenze e nel cortile dell’albergo c’è un piccolo planetario dove ci si riunisce ad ascoltare la storia e le teorie attorno a un mistero di fatto ancora non risolto, così come aveva fatto Mr. Franco alla fine degli anni novanta, quando incontrò qui Maria Reiche.

Maria Reiche era nata a Dresda uno di questi giorni del 1903, aveva studiato matematica e astronomia ed era arrivata in Perù agli inizi degli anni trenta. Aveva lavorato a Cuzco e Lima e, non fosse scoppiata la seconda Guerra Mondiale, probabilmente sarebbe tornata in Germania e non se ne sarebbe parlato più. Invece, nel 1941, Maria Reiche scoprì le linee di Nazca sorvolando la zona con lo storico americano Paul Kosok, e nel 1946 iniziò a mappare le linee. Un anno dopo, partito Kosok, la Reiche si dedicò alle “sue” linee e formulò la teoria che le associava a un calendario solare. Non del tutto, evidentemente, convinta e convincente, l’anno dopo pubblicò il libro intitolato “Il Mistero Nel Deserto” che non ebbe troppo riscontro negli ambienti scientifici ma che fu la chiave di volta della sua vita. Da quel momento, infatti, la “Loca” divenne la custode delle Linee, che continuò ad assistere in un ruolo tra quello dello studioso e del curatore. Con i proventi del libro finanziò l’avvio di quel processo di salvaguardia del patrimonio che oggi pare naturale ma che al tempo non era neanche un argomento di attenzione. Basti pensare che solo a metà degli anni novanta le linee furono proclamate patrimonio dell’umanità e che, nel frattempo, venti anni prima, la Panamericana aveva tagliato in due una delle figure, la Lucertola. Fu in quel punto che Maria Reiche decise di costruire il “mirador”.

Oggi le Linee di Nazca sono tra le attrazioni più note del Perù, ed è facile coglierne la suggestione. Basta recarsi al piccolo aeroporto alla periferia della Città e imbarcarsi su uno di quei piccoli aerei che per tutto il giorno decollano e atterrano per sorvolare la zona carichi di turisti. È un’esperienza da non perdere. Occhio allo stomaco. Ma questa ve l’abbiamo già raccontata, e a tutt’oggi non siamo anche i grado di svelarvi il segreto del Mistero nel Deserto.

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