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Bologna, 22 Dicembre. L’anno scorso (quest’anno, in verità) non siamo riusciti a incrociarci. Alla Dakar succede, basta un niente e si salta all’anno dopo. Però mi era dispiaciuto, allora ho cercato di giocare d’anticipo e sono riuscito nel placcaggio grazie all’aiuto di Cristina Bacchetti e Giulia Toninelli, che sono più brave (e di gran lunga più belle) di me. Avanti con il glamour della bellezza, perché Rebecca Busi è una donna (o ragazza) affascinante, quasi inquietante. Ci penso, ci ripenso, e più ci penso più mi convinco che l’attrazione fatale è in gran parte nella sua Forza. Quale Forza? Provo a spiegare come ho maturato la sensazione, che resta tale fino all’inevitabile prova dei fatti che ne sancirà il quanto, il salto di energia.
La Dakar entra nella casa bolognese della famiglia Busi che Rebecca è una bambina, un po’ più bambina di quanto lo sia ora. Il padre, Roberto, è stato stregato dall’avventura e progetta il sogno. Africa, Il Rally del Marocco, Tunisia, il Faraoni tre volte e, quando pare l’ora di passare alla Dakar, il sogno va a gambe all’aria. I casi della vita, i bastoni tra le ruote della vita. L’annullamento del Rally, tibia e perone fratturati, le occasioni che passano via come frecce rosse. Si vede che non era proprio cosa… Fatto sta che l’intensità della passione di Roberto diventa scrittura. Contagia l’atmosfera di famiglia e incide la stringa di codice nel tratto scrivibile del DNA di Rebecca. È lì, latente, e finalmente, qualche anno dopo, l’istruzione che si poteva già intravedere nell’immagine di Rebecca bambina abbracciata dal padre sul podio di Giza del 2008, esplode in una bellissima realtà.
Rebecca Busi partecipa alla Dakar 2023. Non ha esperienza, ha corso nei kart ma lì ha imparato “solo” a tenere il gas aperto e il piede giù, a prescindere come cita i titolo di una famosa corsa americana. È la più giovane partecipante. Ammetterà di aver deciso di essere al via in fretta e furia, anche in considerazione di quel primato che, solo un anno dopo (c’era una ragazza degli emirati, più giovane di lei, che si stava preparando da tempo) le sarebbe sfuggito. Rebecca partecipa alla Dakar Classic, con una Range e con il navigatore Roberto Musi. Il dado è tratto. La conclusione è felice, e subito dopo, quasi senza pausa, la Dakar 2023 è sul tavolo da disegno, evoluta, ambiziosa: è la Dakar “vera” in T4, con un Can-Am Maverick preparato dal Team HRT Technology di Marco Zini, Granducato di Toscana, sponsor Only fans / OFTV, Sparco, Calandrini, WLP, Incas distribuzioni, RB33, Demon Motorsport. Nel frattempo, o a quel punto, il “carattere” di Rebecca è venuto fuori. Quella determinazione, che Roberto definisce “devastante”, quella forza che sta sopra a tutto.
Da una parte il mezzo, dall’altra il budget. Spesso solo all’ultimo minuto si incontrano e si stringono la mano. In mezzo la preparazione di tutto, anche senza garanzie che si arriverà, anzi che… si partirà. Si comincia dalla macchina. Una Can-Am preparata, allestita, e poi assistita, dal Team HRT Techonogy. Toscano, esperienza specifica zero, volontà e determinazione assolute. Un’offerta di dedizione al progetto. Irresistibile. È moltissimo, in questo mondo. Sei contenta?
Rebecca Busi. “Contentissima. Dall’inizio dell’anno la macchina è stata praticamente tutta cambiata. Per allinearci alle normative FIA del 2023 l’abbiamo fatta nuova. Niente di uguale a quanto utilizzato in Grecia e Tunisia. Ho scelto HRT. Prima di tutto perché è un Team italiano, poi perché una volta entrati in contatto, ci ha presentati una navigatrice, ho scoperto che ci tenevano in modo particolare a lanciarsi nell’avventura Dakar e che cercavano un Pilota che desse loro fiducia nello sviluppo del progetto. Ci siamo incontrati ed è scattata la scintilla. Subito d’accordo, subito concordi nell’idea di evolvere simultaneamente, insieme. Mi hanno aiutato molto, e continuano a farlo, e io cerco in tutti i modi di ricambiare. Naturalmente il miglior modo di contraccambiare sarà portare a termine il progetto, arrivare alla fine della Dakar ed esserne soddisfatti. Certamente potersi permettere un Team già noto mi avrebbe semplificato la vita, ma devo dire che anche l’impegno di accompagnare la realizzazione della nostra vettura, di realizzarla secondo i nostri desideri è stata una componente impegnativa ma appassionante”.
Quindi un’intera stagione dedicata alla “missione”…
RB. “Sì. Testa bassa da febbraio, quando cioè abbiamo deciso, e non l’abbiamo alzata che pochi giorni fa, in vista del traguardo… di partenza. Non è stata solo la macchina naturalmente, c’era l’altro “piccolo” impegno, quello di completare il budget, che mi ha tenuta “tonica”. Finché non sei a posto, quando cioè tirando una riga di bilancio il risultato è positivo, non puoi dire di essere della partita, e per lungo tempo, nonostante mio padre avesse già pagato le iscrizioni, il “saldo” era ancora negativo. Finalmente, e per fortuna, è arrivato il supporto di OnlyFans”.
Mi intrometto. Anche io devo imparare, sempre. È la prima volta che mi imbatto in OnlyFans. Leggo che l’associazione tra Rebecca e tale social è discussa. Curioso. Si, qualcuno ha spalancato gli occhi. Mi rendo subito conto, tuttavia, che è fuori luogo. OnlyFans è una piattaforma social, direi libera, aperta e priva di false morali o ipocrisie. È la “malizia” di chi vi entra e partecipa animato da certi pruriti che ne offre un’immagine distorta, immagine a sua volta amplificata dall’ipocrisia. Vedere per credere, il canale di Rebecca alla Dakar sarà completamente gratuito e aperto, evidente nella trattazione della materia, potente nel richiamo agli appassionati.
Dalla Cassic alla Dakar “vera” è stato un attimo…
RB. “Già alla fine della Classic avevo deciso: volevo fare quella “tosta”. La Classic è stata un anello importante della catena. Non avevo mai visto niente del genere, e strada facendo mi sono convinta che avrei potuto aspirare al salto di qualità. Quindi sono andato dritta all’obiettivo. La Classic ti dà un assaggio, soprattutto per il tempo che passi in Macchina. Regolarità, ma stare tanto tempo sul pezzo ti fa capire se ce la puoi fare o no. Non è solo la gara, è la navigazione, il road book, la serie praticamente infinita di incognite, l’avventura. Stando tanto tempo insieme si mette alla prova anche l’Equipaggio, ho capito anche questo. Ora, con Giulia Maroni, che sarà la mia Navigatrice, vado d’accordissimo, ma in quella Classic ho capito una cosa importante: se anche dovessero nascere dei piccoli problemi tra noi non dovrò darci troppo peso. Perché ho un obiettivo: voglio arrivare dove sto sognando di andare, al traguardo della Dakar. Una volta che hai capito dove sei e quel che vuoi fare, il resto è contorno, solo problemi che puoi risolvere.”
Quando è arrivato il sogno? E quando hai capito che lo potevi realizzare?
RB. “Il primo “avvicinamento” alla Dakar data del mio ottavo anno di vita. La voleva fare mio padre, ma si ruppe una gamba in allenamento e saltò tutto, soprattutto quel sogno che poi è diventato il mio. Io stessa non volevo che la facesse in moto, pensavo che fosse troppo pericoloso. Agli occhi di me bambina era la cosa più pericolosa che potesse fare, e io non volevo che la facesse. Però ero stata “agganciata”, seguivamo sempre i Rally, i mei erano entrati nello staff del Merzouga di Edo Mossi e per due anni ci ho lavorato anche io. Per quanto mi piacesse, tuttavia, non pensavo che avrei mai corso, la consideravo un’opzione da “ossi duri”, non alla mia portata. Poi un anno mi sono decisa!
È stato nel 2020. Pensavo solo a quello, alla macchina, a voler correre. Non sapevo come, da dove iniziare. Una cosa, tuttavia, mi è apparsa chiara: se dovevo iniziare avrei dovuto farlo in grande. Se lo avessi fatto in piccolo non sarei arrivata da nessuna parte. Meglio iniziare da una vera sfida, capace di tirar fuori il mio potenziale. Sempre in tempo, in caso contrario, a fermarmi, tornare indietro.”
Non solo guida, non solo preparazione fisica, c’è tanto “mentale” in una partecipazione alla Dakar…
RB. “Mi sono preparata molto bene. Mi sono allenata veramente tanto, da due anni a questa parte. Mai uno stop, un break nella preparazione fisica. Anche in vacanza mi sono allenata sempre. Penso che anche per gli uomini il Rally-Raid sia uno sport faticoso, ma la conformazione, la prestanza fisica li avvantaggia. Invece le femmine devono lavorare di più, ecco perché ho sempre messo la preparazione fisica al primo posto. Ho sempre pensato all’aspetto mentale di una partecipazione alla Dakar, ma il percorso specifico l’ho iniziato ad approfondire da poco. Ginevra Lamborghini mi ha introdotta a un mental coach, e adesso vedremo come va. È una faccenda dell’ultimo mese!”
Obiettivi. Dalla Classic alla “vera”…
RB. “Credo rimangano gli stessi. Mi piacerebbe averne di più alti me pensi sia meglio rimanere con i piedi per terra. È una Dakar di prova per tutti. Per me, per il Team, per Giulia. Quindi sottoscrivo il mio obiettivo: arrivare a concludere la Dakar. Mi dispiacerebbe arrivare ultima, è vero, ma la prima domanda che ti fa chi non sa è se l’hai finita oppure no, e io voglio essere preparata a dare la risposta giusta. Poi, per la verità, sono già iscritta al Mondiale, la seconda tappa sarà l’Abu Dhabi Desert Challenge e allora lì potrò vedere se, dopo 15 giorni e 9.000 chilometri di Dakar, potrò effettivamente alzare l’asticella e pormi degli obiettivi più legati a un risultato.”
Assistenza. Un impegno grossissimo, soprattutto per un Team che è al debutto. Come siete strutturati?
RB. “Al Team penso che sia mancato il sonno quasi completamente, negli ultimi mesi. Ci stiamo aiutati tutti insieme in ogni momento, parlando molto, discutendo, cercando i problemi e trovando soluzioni. È una cosa che mi tranquillizza, perché è come essere in famiglia, se c’è un problema siamo e saremo tutti lì per risolverlo. L’organizzazione. Ci siamo riferiti all’esperienza di altri team e a quella sviluppata dal HRT in altre discipline. La nostra è una Squadra “compatta”, i tutti i sensi: solo la mia macchina e due mezzi di assistenza, i due meccanici del Team, il proprietario e… mio padre.”
Dakar 2023. Si preannuncia difficile. In due parti…
RB. “Sì, io direi che la prima parte potrebbe essere un po’ come quella di quest’anno. Piste dure, sassi, navigazione, un po’ di sabbia. Dunque massima attenzione alla sicurezza, a non spaccare la macchina, a non farsi sorprendere dagli ostacoli spesso imprevedibili. Su quelle piste mettersi la macchina per cappello è proprio questione di un secondo. Se devo dire, preferisco pensare di togliere una marcia durante la prima settimana, e magari cercare di essere più competitiva nella seconda. Saranno tappe più corte, solo di sabbia e dune, certamente non facili. Ero un po’ preoccupata, allora sono andata in Marocco e ho fatto sei giorni di dune. Adesso sono più tranquilla.”
Il test definitivo, quando?
RB. “A metà novembre eravamo praticamente a posto. abbiamo completato alcune operazioni a Le Castellet in occasione delle verifiche, e sappiamo che dobbiamo perfezionare alcuni particolari in Arabia Saudita nei giorni che precederanno la Corsa. Sono soddisfattissima, il Team ha fatto un lavoro strabiliante e credo che mi abbia preparato la macchina perfetta, al 100%. Hanno lavorato principalmente sull’affidabilità, hanno cercato le migliori soluzioni per questo, non badando a spese quando si è trattato di reperire il meglio. Davvero formidabili. Certo, a condizione che la macchina sia affidabile, quel che può fare la differenza è… il piede, il mio piede durante il giorno.”
In che modo la Macchinina è stata “stravolta”?
RB. “In molto modi. C’è un nuovo roll-bar imposto dalla FIA, cambiato le sospensioni e la centralina, abbiamo spostato le ruote di scorta da dietro ai lati, aggiunto i… finestrini e il parabrezza al posto delle “reti”, da usare almeno in quelle condizioni che lo rendano necessario. Persino i sedili su misura. Tutto è stato analizzato e, eventualmente, rivisto e migliorato. Un lavoro formidabile!”
E la navigatrice, Giulia, che dice?
RB. “Penso che Giulia sia un po’ agitata. Come me, del resto. Anche lei aveva questo sogno, e mi piace condividerlo con lei. Ci siamo conosciute lo scorso anno durante la Classic.”
Pensi che manchi qualcosa, a pochi giorni dal via?
RB. “No. Direi che ci siamo. Anche per i dettagli. Sono laureata con un Master nella preparazione delle valigie, dei bagagli, ed è tutto pronto… per la partenza. Dopo, e più pertinentemente, quel che mi manca è… l’esperienza. Alla Dakar vince l’esperienza. Io sono una novellina e mi manca di saper leggere bene la corsa, saperla interpretare nel modo giusto. La pista, il deserto, la strategia. Però sono fiduciosa, imparerò!”
Ecco, Rebecca #447, la nostra beniamina è pronta. Possiamo solo aspettarla al traguardo, e intanto seguirla giorno per giorno. In bocca al lupo! E, già, siamo in piena atmosfera di feste natalizie e di Dakar, quindi Buon Natale e, ben a proposito, Felicissimo Anno Nuovo.
© Immagini Red Bull Content Pool, ASO Media, Rebecca Busi