Dakar 2023. Rest Day. La Più Brutta Gara delle Auto, da Anni

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Nasser Al Attiyah incredibilmente solo e lontano, nessuna alternativa possibile in vista. È la dinamica dello scorso anno, più impietosa. La “colpa” è della FIA e di ASO, e di un’alleanza strategica che tra le dune non funziona
9 gennaio 2023

Riyadh, 9 Gennaio. Giornata di Riposo. Parafrasando il titolo dedicato alle Moto, questa è la gara più brutta degli ultimi cent’anni. Esagero perché voglio rendere bene l’idea. La Gara delle Auto è spenta ormai da giorni. Nasser Al Attiyah e Mathieu Baumel stanno difendendo il titolo dello scorso in una modalità molto simile, ma quest’anno esagerata. Hanno un’ora e cinque minuti sull’Equipaggio secondo classificato a  metà gara, Lategan-Cummings, che dispongono delle Toyota Hilux ufficiale Gazoo Racing gemella, e un’ora e venti sulla Toyota Overdrive di Moraes e Gottshalk. Il lumicino che tiene accesa un minimo di tensione è il quarto posto di Loeb e Lurquin, BRX, a un’ora e 52. C’è del succo perché Loeb cercherà in tutti i modi di disturbare la cavalcata trionfale di Al Attiyah, prendendosela intanto con i suoi inseguitori più immediati, non fosse altro che per due buone ragioni: salire sul podio e tagliare i rifornimenti, magari solo psicologici, alla Toyota di testa.

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Per il resto è macerie, relitti sparsi. È fuori in modo quasi clamoroso l’armata Audi, che alla vigilia faceva molta paura e che può adesso mandare avanti solo il gran cuore di Carlos Sainz, e le BRX o Prodrive sono vive per miracolo, grazie ancora a Loeb dopo aver sparato varie cartucce, la maggior parte a salve. È interessante che a metà gara, lo ricordiamo sempre, solo metà gara, ci sono tre Toyota sul podio, ma non è una novità, e che su quel podio oltre a un Mostro come Nasser ci siano due alternative, il sudafricano Lategan e Moraes, il brasiliano al debutto. È straordinario che nei dieci ci siano Romain Dumas, Martin Prokop, Brian Baragwanat, il cinese Wei Han, ma queste novità non bastano a salvare la Dakar 2023 da una brutta figura. Senza togliere nulla, anzi aggiungendo, a Al Attiyah. Sono fuori dal “giro” nomi come Peterhansel, Sainz, Al Rajhi, Terranova, Chicherit. Troppi per una Dakar di prestigio.

Di chi è la colpa? Di nessuno o della sfortuna. Certamente. Ma non può essere solo così. E se proprio volessimo cercare un capro espiatorio? D’accordo: FIA e ASO, un’alleanza che non ha funzionato, almeno in questo caso e almeno sul terreno. Colpe diverse, tuttavia. La FIA con le sue continue alzate d’ingegno, la Dakar facendo il suo lavoro, ma scoprendo i denti di una tappa troppo specialmente dura, la seconda, un campo minato di sassi acuminati ben oltre la più tetra aspettativa di gommisti e crick. La FIA si è inventata robe tipo Balance Of Power e Equivalence of Technology, un modo di intervenire per regolamenti e “live” sul lavoro di preparatori e case ufficiali, rendendolo a un tempo esasperante e inutile. Che senso ha, nelle corse, in una corsa complicata e proprio per questo affascinante come la Dakar, dare a tutti la stessa auto a pedali? Poi c’è la faccenda del limite di velocità massima, i famosi e discussi 170KM/H che non si possono superare. A parte la frustrazione dei tecnici, costretti a “strozzare” o vedersi strozzare stupende creature del Motorsport proprio sull’altare che celebra da sempre il Dio della Velocità, c’è quel ficcanasare petulante e pignolo della FIA che dopo 3 giorni regala 8KW a Audi, con questo non ottenendo altro che fare incazzare Al Attiyah, il quale è costretto poi a scusarsi minacciato di finire all’Alcatraz di Ginevra

Poi c’è la beffa. Se le Macchine non possono andare forte sul veloce, ecco che sono costrette ad andare fortissimo nel lento, di fatto correndo non meno rischi, vedi il doppio incidente delle Audi che è costata una vertebra a “Dud” Boulanger, e andando incontro a particolari, forti sollecitazioni, non meno rischiose alla resa dei conti. Con le Moto si corsero i rischi paventati. Andavano troppo forte. Prima dimezzarono i cilindri, poi la cilindrata. Vanno di nuovo forte, ma sono passati anni di crescita ragionevole e di battaglie favolose che basta leggere su Moto.it.

L’era delle alternative di marketing, sostenibilità, energie alternative, coscienza, marcia speditamente esponendo un bel senso, se non altro di forte attualità. L’era delle macchine castrate no, sta portando danni e frustrazione.

 

© Immagini ASO Media, Red Bull Content Pool, DPPI, RallyZone

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