Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Ha’Il, 3 Gennaio. Una cosa è certa, non bisognerebbe farne un dramma. Per una (Dakar) che va bene altre vanno male e il credito con la fortuna aumenta. Nessun dramma, quindi, c’est le Dakar. Eppure per Carlos Sainz e per Sébastien Loeb non sono capace di controllare un dispiacere istintivo che viene da lontano, dal senso della Dakar sin dalle origini (e dalla passione per questa follia di Corsa). Una volta era molto o la va o la spacca, poi rapidamente partecipare al Rally di Thierry Sabine ha iniziato a pretendere energie di vita, a monopolizzare l’attenzione, a succhiare l’impegno di un anno tra un’edizione e l’altra. Quindi a tenere le briglie del cuore e del cervello su un obiettivo precisissimo. Da questo punto di vista, e delle motivazioni, non c’è sostanziale differenza tra un privato che vuol farla per finirla e il pro che si impone di vincerla.
Ne hanno fatto una cosa iper-professionale ed enormemente complessa, ma alla fine finisci o vai a casa, vinci o vai a casa. Le pive nel sacco sono le stesse.
Per Sainz e Loeb mi dispiace troppo, non ci trovo una differenza di attitudini. Entrambi sono al via per vincerla. Sainz ha vinto 3 volte, Loeb mai. Uno è rimasto un’ora a riparare una sospensione, l’altro un’ora e mezza senza più scorte (per andare a 60 allora sui sassi potevano prevedere un treno di vecchie Dakar di Pirelli, che stavano su da sole anche forate). Nessuna differenza, tutti e due sono out. Apparentemente diversi, ma di fatto uguali. A nessuno dei due va a genio di essere sconfitti, e per entrambi l’obiettivo è sempre quel numero #200 sulla fiancata della Macchina. Sainz è l’eterno bambino e fuoriclasse, come ho detto il magico Peter Pan del Motorsport. Loeb ha il volante dentro, quasi non ci fosse altro. Sainz è El Matador, ma è classe e gentilezza, Loeb lo chiamano il Cannibale, ma è forza interiore e determinazione. Definizioni che vengono dagli altri, bisognosi di un killer, che il madrileno e l’alsaziano sostituiscono senza pensarci con un talento che non si dovrebbe nemmeno dire, tanto è esagerato.
Se si potessero mettere sulla bilancia la voglia di vincere e la delusione per essere di fatto out, scopriremmo che i bracci stanno in perfetto equilibrio, e che quella forza potrebbe prevalere su quella di altri mille dakariani!
Per questo mi dispiace moltissimo che non siamo più della partita (fermo restando che è un sentimento di adesso, e che sicuro nessuno dei due si arrenderà mai). Mi dispiace perché per entrambi adesso inizia un anno di quella che chiameranno sete di vendetta, e che altro non è che voler con tutta l’anima vincere, per la quarta o per la prima volta!
© Immagini ASO Media, Red Bull Content Pool, DPPI