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Ha’Il, 1° Gennaio. Vi sarete accorti che c’era qualcosa di grave che aleggiava sulla Dakar di Jeddah. Lo avevamo accennato riferendoci a un comunicato lapidario su un incidente, poi dilagato a causa di informazioni praticamente nulle. Per due giorni si è temuto senza sapere bene per cosa, e si è visto gonfiare l’affaire di qualcosa che c’è ma di cui si sente solo l’odore. C’è un modo di fare e di gestire certi eventi che lascia perplessi. Niente di peggio, dal punto di vista dell’ansia che genera.
Il comunicato del 30 Dicembre non dice niente, una lista di non-detti che spalancano la finestra del dubbio. Il timore che sia successo effettivamente qualcosa di grave dipende dal fatto che mancano elementi di informazione essenziale. Uno su tutti, i nomi: “Driver” è niente. “Incidente” è quanto di più vasto si possa immaginare per definirlo, perché va dall’imprevisto alla tragedia. Riferimenti a implementazione della sicurezza e investigazioni sono benzina sul fuoco del sospetto. “Andare a fuoco rapidamente” è una figura ridicolmente indefinita. Quel che ci trattiene, in questi tristi casi, è pensare che dall’altra parte della notizia c’è sempre una moglie, un figlio, amici. Facili, inevitabili prede della disperazione.
Il comunicato ufficiale dell’1° non dissipa la nebbia. Un incidente, una macchina andata a fuoco violentemente - ma finalmente è un’esplosione - un ferito - grave - operato in Arabia e in viaggio di rientro in Francia. Indagine – non si esclude alcun tipo di detonatore dell’atto, e nemmeno che si tratti dell’ordigno di un attentato. Di fatto c’è un aumento della sicurezza con uno spiegamento di forze che è evidente. Ma resta il fatto.
Allora bisogna pescare in giro, rischiando l’imprecisione. Chiedo, e mi rispondono che si tratta di una bomba. Che la macchina è una della flotta del Team Sodicar. Che il “Driver” si chiama Philippe Boutron. Che la ferita alle gambe è, quella sì, violenta e grave. Che si sarebbe mosso anche il Quai D’Orsay, il Ministero degli Esteri.
Ci dispiace immensamente, prima di tutto per il ferito, e per sul Team che è un riferimento di questa passione. Poi per la situazione che si viene a creare in un ambiente che non lo merita per nessuna ragione al mondo. Per la Dakar e per i suoi Organizzatori. Infine perché la frastagliatura delle fonti di informazione crea il presupposto per una miserevole mancanza di precisione. Questa ultimo “difetto”, tuttavia, dovrebbe essere eliminato alla fonte con una maggiore, rigorosa precisione della comunicazione ufficiale.
La corsa va avanti, tutti sono invitati a vigilare.