Dakar 2021. Original by Motul. Franco Picco e Maurizio Gerini En Solitaire

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È la categoria che rilancia lo spirito delle origini. Se la Dakar è difficile, farla da “Original” lo è ancora di più. Però è anche il senso sublime della sfida per eccellenza. Ce lo spiegano meglio Franco Picco e Maurizio Gerini nell’intervista di Francesca Gasperi
10 gennaio 2021

Ha’Il, Arabia Saudita, 9 Gennaio. Original by Motul. La sfida nella sfida. Cos’è? Ce lo spiegano meglio Franco Picco e Maurizio Gerini, che partecipano nella categoria Original by Motul, nell’intervista realizzata da Francesca Gasperi.

Dovete sapere che le prime Dakar erano un tuffo a capofitto nell’ignoto. Non si sapeva dove si andava, come e se ci si si sarebbe arrivati, quale mezzo era il più adatto e soprattutto, se nell’uomo allo sbaraglio c’era la capacità di riuscirci. Da lì nasce l’Avventura moderna del Motorismo. La Parigi-Dakar. Due aspetti particolari caratterizzavano, tra gli altri, l’invenzione di Thierry Sabine. Il primo era il concetto di assistenza, il secondo l’isolamento dei partecipanti dentro i confini di un regolamento originale. Sopra a tutte le regole e gli obiettivi, c’era la sfida alla solitudine. Reciprocità e solidarietà, ma anche il contrario, e cioè isolamento e egoismo, furono da subito i colori dell’Avventura che oggi conta 43 edizioni.

Ci si poteva aiutare solo tra concorrenti in gara, e ricevere assistenza solo ai bivacchi tra una tappa e l’altra. Anche oggi è esattamente così. Fin dalla prima edizione, quindi, il Pilota era da solo contro gli elementi, ma poteva ricevere aiuto sulla pista e al bivacco dai colleghi o dai suoi. Anche oggi vediamo bene come, anche in un contesto enormemente facilitato dalle tecnologie, il rischio di ritrovarsi improvvisamente da soli è sempre alto. Allora, fine anni ‘70 e primi ’80, la solitudine del Dakariano era la prima sfida che il Pilota, l’Avventuriero, l’eccentrico sapeva di dover affrontare.

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Per questo doveva essere preparato a fare da solo, a sbrigarsela con i propri mezzi, ad arrangiarsi se ce ne fosse stato bisogno, pena arrivare a correre dei seri rischi. E comunque il principio era che sia il Pilota che la sua assistenza, tutti correvano il rischio di non farcela. Molti sono partiti con fior di assistenze, moltissimi si sono ritrovati soli per aver perso supporto, pezzi di ricambio, rifornimenti. Va da sé che la prima cosa cui andava incontro l’”orfano” era la necessità di fare, da un certo momento in poi, tutto da solo. Sistemare la moto, cambiare le gomme, e reperirle, trovare quel ricambio tra i partecipanti, comprare un pezzo vitale con la moneta della promessa intima della solidarietà, se un giorno fosse successo ad un compagno di avventura, ad un solitario perduto nel Deserto. Se questo era vero per tutti, per i Motociclisti è stata ben presto religione, l’essenza di un insegnamento, di un cambiamento interiore di cui la Dakar era stata il guru.

A quel tempo se un Pilota si fermava nel Ténéré poteva essere certo che il primo che fosse passato di lì si sarebbe fermato e che gli avrebbe offerto il massimo dell’assistenza possibile, e questo accadeva tra privati e tra ufficiali, tra privati e ufficiali. Democrazia assoluta, primordiale della Dakar. Non tutti sono uguali, naturalmente. C’è stato anche qualcuno, pochissimi in verità, che passando accanto a un concorrente in panne si è girato dall’altra parte, ha fatto finta di non aver visto e ha tirato dritto per non perdere tempo. I Dakariani sanno bene che quei pochi erano e sono condannati all’inferno.

Con il passare degli anni, lo spauracchio dell’affidabilità è andato svanendo, e anche la solitudine è diventata materia umana sempre più trattabile. Man mano che la Dakar evolveva, veniva meno l’Avventura. Cresceva la sicurezza e diminuiva il rischio, calava la sfida e saliva lo Sport. Nelle Dakar di oggi, e soprattutto in quelle sudamericane, c’è indubbiamente meno avventura e la sfida è diventata confronto agonistico sempre più raffinato. E anche più costoso, meno accessibile, più complicato logisticamente. Una cassa di ricambi costava un botto, e così il posto sul camion, e la “consegna” sempre legata al filo del fato.

Hubert Auriol, il leggendario Pilota due volte vincitore, il primo sia in Moto che in Auto ebbe l’idea, nel decennio in cui era Direttore della Dakar, di istituire una classe di “solitari assistiti”, e stabilì che un certo numero di Motociclisti avrebbe avuto la possibilità di avere una cassa di ricambi, il trasporto di due ruote e di una borsa a cura dell’Organizzazione, che avrebbe provveduto a fargli trovare il materiale attorno a un aereo appositamente adibito al servizio. Era nata la classe che oggi si chiama Original by Motul. L’uovo di colombo per i privati e per gli sfidanti della Dakar in solitario. Da soli ma con un supporto “offshore” garantito ed efficiente. Come quei satanassi che si fanno il giro del mondo in barca a vela, gli eroi solitari della Vendée Globe che hanno passato da poco Capo Horn, e stanno facendo vela verso Les Sables d’Olonne da dove sono partiti a Novembre.

C’è sempre più tecnologia al servizio dell’Avventura, questo è certo. Sembra che la sfida venga meno, ma non è così: resta vivo lo spirito originale di quella sfida.

Franco Picco, Maurizio Gerini

 

© Immagini: “Nani” Roma Media, BRX, Red Bull Content Pool, X-raid, Toyota Gazoo Racing, ASO Médiathèque - DPPI, DPPI-Soldano, PB, KTM, Honda, Rally Zone, Francesca Gasperi

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