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Sakaka, Arabia Saudita, 10 Gennaio.
La Dakar è in lutto, noi tutti siamo in lutto: è morto Hubert Auriol.
Tappa Marathon. Vuol dire un’occhiata alla Moto e all’Auto da soli, tutt’al più tra concorrenti. Ma niente assistenza, nessun contatto consentito, quelle vanno direttamente allo stop successivo, Neom. 737 chilometri, di questi 453 sono di prova speciale su un bel ventaglio di terreni. Un bel po’ di sabbia e di dune, circa il 50%, il resto di terreno duro. Per metà del percorso i motociclisti possono tenere aperto, nell’altra metà meglio stare attenti alle gomme, e in generale tutti quanti al proprio mezzo, visto che stasera non si cambia e gli interventi possono essere solo di fortuna.
È la seconda settimana di gara e ogni tappa diventa cruciale, un errore o un’avaria di una certa importanza non si recuperano più. Le strategie si concentrano sul momento giusto nel quale sferrare l’attacco. Raramente, durante la seconda settimana di gara si può fare il vuoto, la differenza definitiva, però ogni giorno è buono per mettere una zeppa sul risultato finale.
La verità è che sia nella gara delle Moto che in quella delle Auto, Toby Price e Stephane Peterhansel, rispettivamente, hanno impostato la loro strategia finale già dalla sesta tappa, quella che portava alla giornata di riposo. Il trucco è semplice, più difficile realizzarlo, difficilissimo dosarlo esattamente. Si tratta di “decidere” in che posizione finire la tappa, in modo da avere più avversari possibile davanti a sé alla partenza della trappa successiva. Il difficile è, appunto, dosare, poiché è impossibile sbarazzarsi di tutti insieme in un colpo solo. Chi ha già vinto una Dakar è avvantaggiato da una visione d’insieme preziosa, chi è all’assalto del primo successo va un po’ allo sbaraglio, spara nel mucchio e presta il fianco all’errore.
È il caso di Kevin Benavides, Honda, che a 50 chilometri dalla fine in testa alla tappa, e di nuovo perfettamente in gioco per la vittoria finale, perde improvvisamente dieci minuti e 15 posizioni. Un errore di navigazione, lo ammette il Pilota argentino. Sette minuti nella Generale iniziano ad essere un ritardo sensibile. Però la gara va così ormai dall’inizio, e il rovescio perfetto della stessa medaglia è che il Team Honda Monster ritrova una giornata pressoché ideale. Più veloce di Cornejo e di Howes, arriva la vittoria di tappa di Ricky Brabec, che mancava all’appello della corsa dalla prima tappa. Insieme al risveglio dell’americano, arriva anche l’exploit di Ignacio “Nacho” Cornejo che sale al primo posto in testa al Rally.
È interessante il fatto che Toby Price, in testa alla giornata di riposo, è ora secondo ma ad un solo secondo, 1 secondo, dal piccolo cileno nella generale quanto mai provvisoria, ed ancor di più che Sam Sunderland, sin qui… sordo alle nostre sollecitazioni di dare un colpo per dimostrare di esserci, improvvisamente torna sulla terra, è quarto al traguardo intermedio di Sakaka, suo “miglior” risultato in queta edizione come nella prima tappa, e sale sul podio virtuale della Dakar 2021.
Giovanni Stigliano. Un altro Pilota italiano costretto al ritiro. Pare abbia rotto un carter della sua moto contro un sasso, ha perso l’olio e si è trovato improvvisamente senza più opzioni.
La gara delle Auto. Era il giorno “comandato” di Stephane Peterhansel. Dopo aver sistemato la faccenda della posizione di partenza nel finale della sesta tappa, era ed è venuto il momento dell’affondo. Per poco invece non salta tutto in aria, ma per fortuna non saltano i nervi dell’Equipaggio e la tappa risulta “solo” moderatamente… perfetta. Sulla pista aperta da Carlos Sainz, “Peter” e Boulanger riprendono subito Al Rajhi, si mettono alla caccia anche di Al Attiyah e vanno ben presto in testa alla Speciale sui tempi compensati.
L’exploit porta in dote quasi otto minuti di vantaggio poi, poche diecine di chilometri dalla fine, Peterhansel fora e rompe un cerchio. Gran botta! L’equipaggio fa fatica a rimuovere la ruota danneggiata, che si è incastrata nella pinza del freno, e lascia lì qualche minuto. Più avanti un rumore dal posteriore, è il mozzo che sta cedendo. Rallentare, amministrare, finire la tappa, non c’è nient’altro da fare, piede di piuma. “Peter” e “Dudd” ci riescono. Il momento di vincere una Speciale in questa Dakar, come era in programma, è rimandato, ma restano ancora due di quei dieci minuti di vantaggio accumulati. E con quelli anche la classifica generale migliora un poco.
La Speciale è vinta da Al Rajhi, che si era incollato alle tracce di Peterhansel. “Peter” è secondo, Sainz, che pure ha bucato una gomma, terzo. La classifica è la stessa, cambiano i parametri. Peterhansel e Boulanger in testa, Al Attityah e Baumel, quarti a Sakaka sono un poco più lontani, 8 minuti, Sainz e Cruz, un po’ più vicini, a quarantuno.
Ottava tappa. Route da Sakaka a Neom, fine della Tappa Marathon. Altri 700 chilometri, 375 dei quali di prova speciale.
© Immagini: “Nani” Roma Media, BRX, Red Bull Content Pool, X-raid, Toyota Gazoo Racing, ASO Médiathèque - DPPI, DPPI-Soldano, KTM, Honda, Rally Zone, Francesca Gasperi