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Al Wajh, 5 Gennaio 2020. Edi Orioli ha vinto quattro volte la Dakar. Lo sanno tutti, ma quanto se ne ricordano? Sono stati gli anni eroici dei Piloti italiani, delle marche italiane, delle Squadre italiane, degli Sponsor… di tutto il Mondo che venivano in Italia spinti dall’idea di spendere bene i loro (a volte tanti, spesso tantissimi) soldi.
Orioli è stato la punta di un iceberg gigantesco del periodo eroico, bellissimo. Il friulano è stato il Pilota perfetto, uno dei migliori in assoluto dell’intera storia. L’unico che ha battuto tutti, anche i mostri sacri. Le sue doti erano, e molte restano intatte perché sono patrimonio dell’Uomo, un enorme talento, la grande, assoluta onestà intellettuale, un modo di essere preciso all’inverosimile senza sfociare nel “fissato” o paranoico, e un grande, disincantato senso della vita che sfociava in una forma di creatività tattica inarrivabile per i suoi avversari. Così Orioli ne ha demoliti a diecine, sempre con quel sorrisetto da guastatore incallito.
Fabrizio Meoni è nel cuore di tutti. Non fosse scomparso quel dannato 11 gennaio 2005 a Kiffa, durante la sua ultima Dakar, non avrebbe vinto quanto Orioli ma sarebbe ancora oggi un riferimento attivo del Rally, ne sono sicuro.
Meoni era la forza cosmica di una determinazione inavvicinabile, della volontà, della caparbietà. Aveva lavorato, poi corso, infine era arrivato ai Rally e alla Dakar in una carriera singolarmente rovesciata. Dalla sua prima vittoria alla Lima-Rio di Mr. Franco era diventato anche la figura di un Campione atipico, votato alla missione.
Meoni era un “privato” anche quando divenne pilota ufficiale di KTM, anche quando vinse la sua prima Dakar nel 2001 regalando alla Casa austriaca il suo primo, storico successo, e anche l’anno successivo quando concesse il bis con una improbabile bicilindrica che lui stesso, insieme al meccanico-mito Bruno “Ferro” Ferrari, trasformò da prototipo a KTM Rally. Caratteriale e potentissimo, Meoni lascia un vuoto che a tutt’oggi si ritiene incolmabile.
Ma gli Italiani forti sono stati molti. Una bracciata di memoria ne porta qui alcuni. Non tutti, e ognuno ha i suoi preferiti vivi nella testa. Bruno Birbes, il primo che ho conosciuto una notte a Tamanrasset, poi divenuto inseparabile di Davide Pollini, sua la prima Honda che volevo comprare per correre la Dakar.
Franco Picco, l’eterno secondo, i velocissimi Alessandro “Ciro” De Petri, un missile terra-terra a volte pericoloso, soprattutto per se stesso, e Davide Trolli, Andrea Balestrieri, il primo italiano a Dakar e uno dei primi sul podio, insieme a Ciro, Massimo Montebelli, l’eroe insieme a Massimo Marmiroli della Dakar 1993, gli ineffabili Angelo Fumagalli o Guido Maletti, o Antonio Cabini, o Luigi Algeri, il mitico Beppe Gualini, il potente Luigino Medardo e l’”allievo” Roberto Mandelli, i “torinesi”, Winkler, Quaglino, Cotto e il “provinciale” Roberto Boano, l’universale Gio’ Sala.
Nello stesso grande, veloce abbraccio i nostri grandi team manager e preparatori, Massimo Ormeni, Daniele Papi, Roberto Azzalin, Gianni Perini con il primo Silvano Galbusera, e tra i bicipiti anche le grandi, enormi sfide tutte italiana delle Gilera e delle Cagiva, da quelle di Auriol e quella di Orioli. Tra gli italiani in macchina uno per tutti: Giacomo Vismara, il primo italiano vincitore della Dakar, nel 1986, con… il camion Unimog di assistenza Honda Italia.
Oggi la situazione è “leggermente” diversa. Spariti molti, quasi tutti, è aria di crisi, o di attesa che si rinnovi il ciclo. È sempre così, bisogna aspettare che si riaccenda la scintilla. È un’aria di rimessa, ma non triste. Gli irriducibili non mancano. Oggi siamo rappresentati dignitosamente tra le moto, con nove partenti, tra gli SSV e le auto, tra i Camion.
In moto abbiamo Jacopo Cerutti, Maurizio Gerini, Francesco Catanese, Alessandro Barbero, Mirko Pavan, Alberto Bertoldi, Cesare Zacchetti, Fabio Fasola, Matteo Olivetto. In auto gli Equipaggi Schiumarini-Gaspari e Carraro-Dominella, entrambi con una Mitsubishi WRC.
Sempre più popolata e popolare, la categoria dei piccoli e agguerriti SSV comprende anche Camelia Liparoti, che corre con la tedesca Fischer con uno Yamaha YXR, Fabio del Punta e Giacomo Tognarini con un Can-Am, Michele Cinotto e Marco Arnoletti con il Proto X3, e Elvis Borsoi insieme a Stefano Pelloni su un altro Can-Am.
Tra i Camion, infine, siamo rappresentati “storicamente”. Claudio Bellina, “Topo” Minelli e Bruno Gotti sono risaliti sul loro Ginaf #518, Calabria-Calubini-Fortuna formano l’equipaggio del Man numero 526, Cabini padre e figlio sono insieme a Giulio Verzeletti, altro “universale” Dakariano, sull’Unimog 400 #536, e il giovane figlio d’arte Ricky Rickler conduce l’Iveco numero 540.
© Immagini Piero Batini