Dakar 2020. L’Araba Fenice, e Altre Affascinanti, Leggendarie Teorie

Dakar 2020. L’Araba Fenice, e Altre Affascinanti, Leggendarie Teorie
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Si chiacchiera e si dice che la Dakar sia pronta al secondo trapianto di continente, pronta a sbarcare in Arabia Saudita. Si parla di cifre di “canone”, 15 milioni all’anno per cinque anni. Non è la sola ipotesi, come ad ogni Febbraio che si rispetti. Stiamo al gioco…
21 febbraio 2019

The Dark Side Of The Moon, 21 Febbraio 2019. Dicono che la NASA voglia tornare sulla Luna e, questa volta, restarci. A fare cosa non saprei, a parte il lato comunicativo e di immagine, ma la notizia è questa. In fondo sulla Luna è tutto deserto, e disagio, e non si può dire che vi si respiri una bella aria. Strano che a quei deserti e a quel disagio non abbia pensato ASO per trapiantarvi la Dakar. O magari tra la news di NASA e le voci sul lavoro di ASO c’è un nesso. Insomma, come tutti gli anni non si è ancora parlato del Paese che ha ospitato la Dakar di quest’anno, grande Perù, che già sciamano voci, indiscrezioni e notizie “ormai ufficiali” sulla nuova destinazione, la stessa da oltre dieci anni o dall’parte del Pianeta, della Dakar che verrà. Di solito, di questi tempi, è proprio l’ipotesi di un trasferimento di baracca e burattini che va per la maggiore in una verve di prurito da pettegolezzo. In un contesto affidato per lo più al tam tam, il social dilaga e diventa un’orchestra di percussioni, il timpano di risonanza dell’incertezza fatta certezza.

L’ultima in ordine di tempo è la certezza di un certo Mohammed Altwaijri, Rally Driver: la Dakar traghetta in Arabia Saudita. È ufficiale, “Grazie a Dio è Ufficiale!”, e ben presto arriverà la comunicazione di ASO.

Il social va a nozze, fioriscono dettagli e particolari piccanti. Uno di questi è conseguentemente plausibile, Dakar in Arabia Saudita per cinque anni, un altro semplicemente sconvolgente, il canone fissato in 15 milioni di dollari. Ma come, sarebbe circa la metà dal canone sudamericano! No, sbagliato, avete frainteso: 15 milioni per ogni anno. In totale 75 milioni di dollari nelle casse di ASO. Decisamente un affare. Chissà se poi arrotonderebbero, come sempre, con le tasse d’iscrizione, i pass, i coupon benzina, oppure se i Concorrenti potrebbero avere minuti, sms e internet illimitati. Altra domanda: perché non coinvolgere anche i Paesi di “contorno”, Yemen, Oman, gli Emirati, Qatar e Barhein, andare a pescare anche nei pozzi del Kuwait o fare un lavorone storico e includere Giordania, Israele e Egitto?

Per correttezza d’”informazione”, la destinazione Arabia Saudita non sarebbe l’unica possibile nell’ipotesi di un abbandono dell’America del Sud. Ce n’è una che affida il terzo corso della Dakar agli sviluppi di un Rally in Cina, che segue a ruota la presentazione dell’evoluto Silk Way Rally Russia-Mongolia-Cina 2019, Auto, Camion e, questa volta, anche Moto, e che rischierebbe di scontrarsi con il Rally asiatico sviluppato anche da una costola di ASO.

Dakar 2020 in Arabia Saudita? Così vogliono le indiscrezioni
Dakar 2020 in Arabia Saudita? Così vogliono le indiscrezioni
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Prima ancora ce n’era stata un’altra, “certificata” proprio nei giorni e negli ambienti della Dakar da poco conclusa. Dakar 2020 in Algeria. Tutto fatto, il Governo garantisce protezione, servizi e logistica, sponsorizzazione. Algeria al centro, beninteso, di un grande arco di Dakar che, ripartendo dall’Europa, e perché no da Parigi, riprenderebbe la strada di Dakar, con l’unico “rischio” di fermarsi allo Stop del Senegal per far passare l’Africa Eco Race di Schlesser e Metge partita prima e che viene da destra essendo scesa da Ovest.

L’ambiente va in ebollizione, e contestualmente all’ipotesi Arabia Saudita, anzi qualche giorno prima, ne rimbomba un’altra, non meno affasciante. Dakar di nuovo in Africa, ma non quella che pensate voi. Invece, un largo, stupendo anello attraverso Sud Africa, Namibia, Angola, Botswana e Lesotho con partenza e arrivo a Città del Capo. Niente di meno! La VFADM Federação Angolana de Desportos Motorizados, niente di meno, proietta sul social il post con la Mappa di un “buon percorso per la Dakar” che scatena, e aggroviglia, la fantasia degli appassionati. Non è la prima volta che si parla di Africa del Sud, corrisponde al vero l’informazione che ASO sia scesa al Sud per parlare, e dunque ci deve essere per forza del vero! E poi quest’anno ha vinto Nasser Al Attiyah, con la formidabile Toyota Hilux nata agonisticamente proprio in Sud Africa. Perché, dunque, non traslare la consuetudine dell’America’s Cup della vela che vuole il vincitore decidere dove si corre l’edizione successiva? E se poi non è l’armatore… la Fabbrica, ma il pilota a decidere, andiamo in Qatar? Affascinante.

Qualcuno si scusa e chiede perché non si dovrebbe restare in Sud America. Gli rispondono immediatamente che l’Argentina non ne può più, che di Bolivia non se ne può più, che il Cile è sempre pronto al braccio di ferro per una riduzione del canone (o per un aumento di minuiti, sms e internet più video e social gratis), e che il Perù è il solo a voler continuare alle condizioni attuali. Che significa, ancora Perù solo Paese-Dakar e lo stesso canone?

In verità, dunque, mi par che ci sia ben poco di… vero. Sebbene, infatti, ognuna di queste ipotesi sia seducente e affondi comunque le sue radici in possibili o reali pour parler, c’è da ricordare la prima delle consuetudini di... marketing di ASO: lasciar parlare, lasciare che gli appassionati si ispirino alle ipotesi più esotiche, lasciare magari anche che i Paesi coinvolti nelle trattative si sentano sfuggire la preda e si ammorbidiscano.

In Sud America la situazione non è certamente facile. In Argentina si investe in altri settori del Motorport e il dialogo per la Dakar è limitato alle province dell’Ovest interessate nei dieci anni in cui il Rally ha attraversato il Paese, Jujui, Salta, Catamarca. In Cile si parla molto e si lavora sul ritorno della Dakar, certo, ma effettivamente la base economica della trattativa è scesa di molto rispetto agli anni… d’oro. La Bolivia è a un punto morto. I Concorrenti non ne sono particolarmente entusiasti, è un Paese geograficamente difficile, e magari c’è ancora l’affaire Salvatierra che crea imbarazzo. Non ci risulta, infine, che il Perù sia allineato alle ipotesi di cui sopra, men che meno che abbia già fornito garanzie di un allungamento dell’accordo.

Tutto sommato, quindi, il Febbraio della Dakar rispetta la sua tradizione, e si può esser certi di una cosa sola, ovvero che con una così grande estensione di ipotesi e di possibilità, logistiche e geografiche, sorvegliare le mosse dei funzionari ASO diventa impossibile, e magari da tutt’altra parte si mangia e si beve in santa pace, e si discute del futuro della Dakar.

Noi ci auguriamo solo che la notizia della soluzione definitiva arrivi presto, e che non si debba quindi chiamare Tiziano Siviero, l’impareggiabile tracciatore della Dakar, al miracolo annuale!

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