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3- Lima, 5 Gennaio. La Dakar 2018 torna in Perù. È uno dei Paesi, insieme al Cile, più acclamati e richiesti dal plebiscito degli appassionati. Per contro, la permanenza in Bolivia, con le sue stressanti condizioni meteo, termiche e di altitudine, è ridotta al minimo, tre giorni e poco più per attraversare il Paese da Nord a Sud, ingresso dal Titicaca e uscita da Tupiza. Il programma si chiude con il gran finale argentino, antologico, a Ovest lungo le valli della Cordillera con epicentro dell’azione al supposto inferno di Fiambala, in realtà un paradiso.
la permanenza in Bolivia, con le sue stressanti condizioni meteo, termiche e di altitudine, è ridotta al minimo
L’unica seccatura potrebbe essere la giornata di riposo a La Paz, in altura, con un meteo sempre troppo instabile per averne simpatia e con il “bivacco” nascosto e compresso, quasi fatto prigioniero, nell’area del Colegio Militar Villaroel. D’altra parte c’è più di un buon motivo per andare sereni incontro alla “seccatura”, anzi con impazienza. Basta pensare al calore dei boliviani, agli amici incredibili che abbiamo a La Paz, alle escursioni possibili e affascinanti attorno alla Città, all’esperienza sempre interessante che il Gigante metropolitano delle Ande boliviane può offrire al visitatore, al viaggiatore, “dakariano” o no.
Sei giorni in Perù, oltre ai “preliminari” di cui prima o poi vi parleremo, tre in Bolivia, e i restanti del programma in Argentina, più quelli in appendice prima del rientro. Partenza da Lima, e arrivo questa volta a Cordoba, con finale logistico a Buenos Aires. Già sulla carta il viaggio è vario e intrigante, così come la Dakar 2018 è morfologicamente varia e interessante, e ancora non si sono messe in conto le inevitabili, anzi attese sorprese dello sviluppo sportivo del Rally e del viaggio “parallelo” alla Corsa. Bastano comunque questi pochi, sommari elementi per supporre che il nostro viaggio sarà sensazionale, e lo scopriremo strada facendo sin dai primi giorni, mettendo in fila luoghi e storie ciascuna delle quali, come si dice, già da sole varranno la “pena” del viaggio.
In Perù si scenderà dapprima lungo la costa del Pacifico, verso Pisco, Nasca, San Juan de Marcona, poi ancora verso Arequipa prima di piegare a Est e affrontare onde di catene montuose e valli di singolare bellezza, vie obbligate per raggiungere le alture andine e, poi, le rive del Lago Titicaca a Puno. Lungo il Lago navigabile più alto del Pianeta entreremo in Bolivia, dove faremo tappa a La Paz, Uyuni e Tupiza. ll gran finale argentino inizierà da Salta, subito dopo aver attraversato la frontiera di Villazon-La Quiaca, e quindi toccheremo, parallelamente alla Corsa, le Città di Belen, Fiambala, Chilecito e San Juan prima di arrivare a Cordoba.
Nessuna fretta, il più è fatto. Tutto pronto per l’inizio. Della Dakar e del Viaggio. Vediamo. Ritirata la Macchina al porto. Ha attraversato l’Atlantico, doppiato Capo Horn e risalito il Pacifico fino a Lima, un mese a bordo del cargo Cosco Shengshi
Lungo il Lago navigabile più alto del Pianeta entreremo in Bolivia, dove faremo tappa a La Paz, Uyuni e Tupiza
che l’ha presa in carico a Le Havre un giorno di fine novembre. Verifiche al Villaggio Dakar, fatte. Quando si viaggia da una parte all’altra del Mondo, bisogna fare i conti con la differenza di fuso orario, con il jet lag. In Perù, sei ore in meno rispetto all’Italia, abbiamo fatto fatica, addirittura per qualche giorno. Mr. Franco e io, “viaggiatori abituali” come ci considera Booking.com, facevamo finta di niente, ma anche le dodici ore della trasvolata da Madrid a Lima, passate in buona parte a dormire, non ci erano venute in aiuto.
Non riusciamo ad accordare la biosveglia e così, quando va bene, alle tre-quattro di notte siamo già di turno. In largo anticipo al timbro del cartellino. Per fare cosa? Boh, non lo sappiamo neanche noi, ma siamo pronti. Ci deve essere un po’ di eccitazione, qualcosa che ha a che fare con la nostra Avventura. Progetto sempre aperto, è una caratteristica del nostro Viaggiare. Studiamo a lungo, sulle carte, le rotte possibili, elaboriamo varie e anche complesse tabelle di marcia, verifichiamo compatibilità e sincronizzazione dei nostri “tagli” di percorso con il ferreo programma della Dakar.
Tutto bene, anzi benissimo, non fosse che ci sono due effetti collaterali di non secondaria importanza
Non è un modo per organizzare rigidamente il nostro viaggio, bensì, al contrario, per capire bene dove siamo e dove potremmo andare, ed essere così pronti alla variazione, all’improvvisata, alla scoperta dell’ultimo minuto, consapevoli che non ci perderemo mai il meglio dei luoghi lungo il nostro percorso. Ecco come succede che, mentre la Città dorme profondamente, noi siamo come bambini in attesa di Babbo Natale in piena eccitazione e attività. Tutto bene, anzi benissimo, non fosse che ci sono due effetti collaterali di non secondaria importanza. Il primo è che alle tre di notte non si riesce a fare colazione. Troppo tardi per i locali dei nottambuli, e ancora troppo presto per bar e panetterie. È la rovina della panificazione industriale, che lievita nei camion o è già pronta a meno venti, e arriva come la sveglia dai panettieri. Questi non devono fare altro che dare forma, tocco d’artista e nome evocativo di sicuro effetto, Tradition, Origine, Casereccio, e mettere in forno.
In men che non si dica il “prodotto” è sui banchi e emana fragranze di riferimento alla fedeltà regionale, michetta, ciabatta, rosetta, puccia, anche se è nato e venuto da molto lontano. . Il primo “problema” lo risolviamo approvvigionando la cambusa della camera d’hotel, il secondo con una doccia un momento prima di… andare a cena. Si noterà, a questo punto, che sin dall’inizio i nostri ritmi sono scanditi dagli appuntamenti con il cibo e che, a parte in Bolivia dove tutto costa una fatica colossale e dove le poche, buone cose sono introvabili sull’80% del territorio, questo ritmo sarà sempre, anche per esigenze di soddisfazione di un sano appetito culturale, piuttosto “allegro”!
La seconda controindicazione è che, grintosi al mattino, alle sei di pomeriggio siamo bolliti
Veniamo alle cose importanti, per dare subito un senso di utilità informativa e, appunto, culturale, alla nostra divagazione. Ecco le regole lapidariamente istruttive di “sopravvivenza” nei Paesi che attraverseremo. Cosa mangiare? In estrema sintesi. Perù: vastissima, infinita gamma di tipicità, contaminazioni e scelta tra i poli opposti del vegetariano e del… pollo. Però non mangiate vegano… i vegani sono indigesti, cotti, crudi o vivi. La carne di manzo è ottima, quella di pollo straordinaria, un’esperienza ormai a noi sconosciuta. La ragione? In tutto il Perù i polli vengono allevati a granturco. Verdura, cereali, legumi, frutta? Altra esperienza di localizzazione straordinariamente gustosa. Centinaia di tipi di mais, migliaia di patate.
Le più buone del Mondo. Pollo e patate? Non sentitevi sprecati, andate sicuri e vi chiederete come mai non vi hanno cresciuti così. E una volta nella vita provate l’ebrezza di un menù interamente a base di quei tuberi magici, dall’antipasto al dolce. Bolivia: altra aria, rarefatta in tutti i sensi. In confronto a Perù e Argentina c’è da tirare la cinghia. Zuppe dignitose, il Fricase, carne di maiale e mais, ma in generale regna una certa sobrietà. Certamente si mangia per vivere, non il contrario. Poi, Quinoa. Attorno al Salar di Uyuni si coltiva la specie Real, ed è detto tutto. Argentina: è il regno dei carnivori ma… facciamo chiarezza e allarghiamo il nostro orizzonte. La carne non è buona soltanto in Argentina. Lo è un po’ dappertutto in Sud America. Ottima in Perù e Paraguay, anche in Cile sebbene nei Paesi limitrofi cercheranno di convincervi del contrario, ma in Brasile e Argentina hanno creato, e poi alimentato fantasiosamente con grande cura, un vere o proprio mito. Dite la parola magica, “parrilla”, e vi proietteranno in un vortice voluttuoso e irresistibile di bife, lomo e lomito, cuadril, asado, tagli e modi di cucinare, servire e apprezzare. Il risultato è sublime, contagiosamente apprezzabile. Al punto di consigliarvi di non perdere, o di creare espressamente, l’occasione. Anzi, fatelo quanto prima, e quando ci siete, prima ancora della prima colazione.
Immagini: Piero Batini – Nikon