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6- Pisco-San Juan de Marcona-San Juan de Marcona-Arequipa, 8-9-10 Gennaio. Nei tre giorni che seguono la Dakar resta in zona. Scorrazza per il Deserto di Ica e poi scende verso Sud, destinazione Arequipa, e non è un avvio indolore: ne succedono di tutti i colori. La vicenda agonistica segna i primi punti di stabilità ma, immancabilmente, subisce anche i primi contraccolpi. Le Peugeot iniziano a consolidare “fatturato” in testa al Rally, vanno avanti a suon di doppiette e triplette, e a una vittoria isolata di Al Attiyah rispondono subito, quasi fosse un’onta o una questione personale, con i successi di Loeb e Peterhansel. “Monsieur Dakar” va in testa alla Corsa e al secondo posto sale l’altra 3008 DKR Maxi di Carlos Sainz. Sempre con il segno “più”, Gara delle Moto, vincono Sunderland, il Campione in carica, poi Van Beveren, e quest’ultimo passa al comando con la Yamaha ufficiale. Con il segno “meno”, veri e propri “atti osceni”. Per cominciare la bravata, non inedita, di Barreda che, imprendibile fino a venti chilometri da San Juan de Marcona, sbaglia strada, si perde e cancella una vittoria certa e un’impronta sul Rally che si riteneva indelebile. Fuoriclasse, autentico artista del colpo di scena, Joan “Bang Bang” farà un mezzo miracolo a Arequipa, dieci minuti all’inseguitore più vicino, Walkner, e tornerà di nuovo in corsa. Si ritira Sam Sunderland, lasciando vacante il Trono.
La vicenda agonistica segna i primi punti di stabilità ma, immancabilmente, subisce anche i primi contraccolpi
Si passa alla disfatta delle Mini e alla solitudine della Toyota di Al Attiyah. Colpa di nessuno, colpa della Dakar. Menzies ha distrutto la Macchina a Pisco, a San Juan Roma sbatte la testa, perde conoscenza e va in tonneau, il navigatore Alex Haro tira il freno a mano e stacca il contatto. Per fortuna. Despres scende nelle retrovie per un incidente e diventa, di fatto, “Assistente Veloce” del Team Peugeot, Al Attiyah si pianta tra le dune e perde tempo, tempo, tempo e un’altra Dakar. Il terzo giorno, Arequipa, esce di scena Sébastien Loeb, un’”insaccata” e il Navigatore Daniel Elena non può continuare. Viene meno uno degli obiettivi prefigurati. La Dakar di Loeb prima del ritiro di Peugeot. Non sarà così. Altri nomi “famosi”, misto Auto-Moto, vengono cancellati dalla scena, ancora ben lontani dall’atto finale. Andre Villas-Boas, l’allenatore del Porto dei miracoli che non c’entra molto con la Dakar e che è considerato il “dopo-Mourinho”, Ronan Chabot, Christian Lavieille, Ales Loprais e Yoshimasa Sugawara, Adrien Metge, i tre Camion italiani di Orobica Raid presi in una trappola, il nostro Stefano Marrini. Per dare un’idea della “febbre”, le prime cinque tappe, contando anche il “buongiorno” iniziale, hanno fatto fuori un’ottantina dei 330 Concorrenti partiti da Lima! I “giovani” si lamentano della punizione, i “vecchi” fanno eco in malafede, fingendo di non ricordare che la Dakar “vera” è sempre stata questa. Giammai una vacanza premio, bensì un Inferno garantito.
In questa tempesta di alti e bassi, un autentico raggio di sole è Eugenio Amos che con un Buggy, a benzina, aspirato e di seconda mano, è lì con i primi. Con un colpo da maestro, una strategia perfetta e nessun timore reverenziale, è quinto assoluto nell’anello di San Juan de Marcona, spettacolare partenza in linea in riva al Pacifico e micidiale guida tra le dune. Per la verità non so molto del Pilota, neanche se viene prima Eugenio o prima Amos, e ancor meno degli antefatti del trentaduenne varesino nato in Canada. Solo più tardi avrò a portata di mano altri particolari, e probabilmente è un bene perché ho la tendenza ad essere prevenuto verso una certa tipologia di informazioni. So che Eugenio ha fatto un po’ di pista ma non ancora che la sua vita del tutto privata, matrimonio con la principessa Missoni, vacanze eccentriche ed esotiche in luoghi da sogno, ha occupato le pagine sottili della cronaca mondana. Ad ogni modo, Eugenio Amos è persona intelligente, sensibile e davvero piacevole, è bravissimo e alla Dakar ha trovato una sorta di attendibile consacrazione come Pilota. È questo il fatto nuovo e straordinario, visto che per ritrovare un italiano bravo alla Dakar, anzi due, bisogna risalire fino alle partecipazioni di Miki Biasion e Tiziano Siviero.
Non c’è strada, solo una miriade di piste, spesso parallele, talvolta divergenti solo per evitare un ostacolo e ricongiungersi più avanti, altre volte frutto di “tagli” storici, di affinamento negli anni della direttrice
Ma stiamo tergiversando, scusate. Siamo della partita, ma non solo della partita. Dunque abbozziamo le traiettorie della Dakar e ben presto togliamo i lucchetti ai nostri orizzonti. La nostra rotta diventa libera. Mr. Franco, mappa alla mano, guida l’avanzata. Non si capisce come faccia a orientarsi con tanta disinvoltura su un’illustrazione così sommaria, e a portarci sulle direttrici superlative del Deserto di Ica con così assoluta precisione. Non c’è strada, solo una miriade di piste, spesso parallele, talvolta divergenti solo per evitare un ostacolo e ricongiungersi più avanti, altre volte frutto di “tagli” storici, di affinamento negli anni della direttrice. Così è nel Deserto. Credi che basti andare dritti davanti al naso, e invece le direzioni si moltiplicano all’infinito, magari per una sola, stessa destinazione. La nostra Macchina ondeggia sui tratti sabbiosi, a volte fa cenno di essere al limite della trazione, ed è giusto, poi con un guizzo esce dal “molle”, decolla e procede spedita.
È un autentico piacere, tutto merito di una diavoleria elettronica che, controllando la “presa” delle uniche due ruote motrici, la fa sentire a suo agio, e noi altrettanto pur con un filo di ansia, in situazioni del tutto improbabili. Si vola sulle piste veloci, e lo spettacolo è semplice e notevole: sabbia, cielo e mare. Una tavolozza di toni giallo, marrone e grigio argento al suolo, sfumature dall’azzurro chiarissimo al verde smeraldo tra il cielo e l’Oceano. È il paradiso degli uccelli, come le Isole Ballestas ma qui l’affresco è più vasto, migliaia di voli che si alzano davanti alla macchina e che si spengono più avanti, sulla sabbia e sull’acqua, passaggi radenti, guizzi e picchiate di pellicani, albatros, gabbiani, cormorani. Pochi “umani”, solo qualche pescatore.
È un momento di rara concordia con gli elementi, che cerchiamo di portare più a lungo possibile davanti agli occhi e nel cuore. Pisco, Ica, Nasca, ci torneremo con la Machina del Tempo, usciamo dal Deserto, Ocona, e a Matarani finisce il nostro breve, intenso excursus sulla Panamericana Sur. Lasciamo un po’ a malincuore le rive dell’Oceano e pieghiamo a Est, verso la Cordillera. Usciamo dal Deserto, cominciamo a salire e raggiungiamo Arequipa. La giornata è stata lunghissima, anche perché abbiamo aspettato il passaggio del Rally all’inizio della Tappa, e ci resta appena il tempo per un giro in Città, la Plaza de Armas e le sue architetture coloniali, un pasto al volo e in branda. Non sto troppo bene, stanchezza forse, e ci aspetta l’inizio del difficile, l’”arrampicata” verso le Ande, destinazione Puno dopo aver superato più “correnti” montagnose, cambiato clima varie volte, iniziato a patire altitudine, freddo e quella forma di vertigine che, complice la stanchezza, ti picchia sulla testa come i guantoni di Mohammed Alì. Mr. Franco è una roccia, solo un po’ stanco, ma inossidabile.
L'”arrampicata” verso le Ande, destinazione Puno dopo aver superato più “correnti” montagnose, cambiato clima varie volte, iniziato a patire altitudine, freddo e quella forma di vertigine che, complice la stanchezza, ti picchia sulla testa come i guantoni di Mohammed Alì
Per fortuna la strada è sempre varia, pittoresca e a tratti affascinante. In Perù non si ha quasi mai la sensazione dello spostamento, dell’urgenza o dello scadere di un ultimatum, dell’appuntamento. Ci si muove ritmando le bellezze del paesaggio, scoprendo viste nuove e soffermandoci a conoscere gente e luoghi. È sempre molto interessante. Ma il tempo passa inesorabile, e alla fine c’è… l’urgenza di arrivare, di riagguantare la Dakar da qualche parte.
A questo punto un po’ di presentazioni. Cominciamo. Conoscete Mr. Franco… ma sarà meglio parlarne più avanti, la prossima volta, intanto crollo, mi addormento ubriaco di Perù…
Immagini: Piero Batini – Nikon