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Pisco-Pisco, 7 Gennaio. Nel 2017, con lo shuttle 3008 protagonista di un Viaggio esagerato, abbiamo percorso 14.000 chilometri al seguito e intorno alla Dakar (vedi l’Avventura Dakar 2017) in meno di tre settimane. Stessa musica per Meccanici e Assistenti. Lavori forzati, interminabili ore al volante, pochissime di sonno, fatica, rischio, micidiale assuefazione al limite di 80 KM/h in Bolivia, spazio extra zero. Pioggia e bestemmie a catinelle. È stata la grande fregatura, rimasta lì, sul gozzo, impossibile da mandar giù! Così, nel pianificare l’edizione 2018, gli organizzatori, ribaltati dalle critiche, da qualche convincente vaffanculo e, soprattutto o soltanto, dal calo del numero degli iscritti, si sono mossi a pietà. Vecchia storia, per aiutare a mettere la testa a posto non c’è ammonimento più efficace di un rallentamento del flusso di cassa. Insomma, per il 2018 gli “O” hanno ottimizzato il tracciato e rispolverato la formula della tappa ad “anello”. Partenza e arrivo nello stesso posto.
È stata la grande fregatura, rimasta lì, sul gozzo, impossibile da mandar giù!
Per le Assistenze, per il bivacco, per ogni tipo di attività connessa con la Dakar, per i visitatori e per gli appassionati, la tappa ad “anello” è una occasione di doppio spettacolo e tutto riposo. Si sta fermi o ci si muove verso o sulle piste della Dakar per brevi tratti, e si può seguire l’arrivo di una Speciale e la partenza della Tappa successiva. Meglio anche per i Concorrenti. Niente bagagli da preparare per un giorno, e potete immaginare cosa voglia dire riorganizzare ogni giorno una montagna di cose da far tornare nella cassa “standard”, in un angolo del furgone, nel bagagliaio di un’auto al seguito. In fondo, è un po’ come partire per andare al lavoro, o a farsi un giro, sapendo che la sera si tornerà a casa, alla stessa tavola. È l’effetto rassicurante, confortevole, del ritorno al nido.
La seconda Tappa del Rally si decide, dunque, su un largo, magnifico anello tracciato nel deserto a Sud di Pisco e di Ica. È l’area della Pampa Salinas, del Gran Tablazo de Ica. Un inizio di Rally maestoso, poco più di 250 chilometri di sabbia, dune, rocce erose dalle onde e dal vento a picco sull’Oceano. Orizzonti da capogiro, scenari poco conosciuti eppure imperdibili, da gustare! È il Perù che inizia a schiudere le sue meraviglie, lo sfondo dell’Oceano Pacifico, di nome e insospettabilmente anche di fatto, montagne di sabbia a perdita d’occhio che degradano fino alla spiaggia e si tuffano in mare.
È il regno degli uccelli, dello spazio incontaminato, di un gran senso di bellezza e libertà
.Penserete che siamo andati subito, Mr. Franco e io, a esplorare il deserto affacciato sul Pacifico. E invece no. La prima Tappa ad anello coincide con il nostro primo “bivio” del Viaggio. L’abbiamo preparato accuratamente, come una cospirazione o una rapina, successione degli eventi e tabella di marcia rigorosi. Abbiamo rimandato la visita al Deserto di Ica al giorno successivo, una semplice “differita”, e ci si siamo spinti oltre Pisco, una dozzina di chilometri tattici verso Sud per raggiungere Paracas e alloggiare all’Hotel Aranwa. Ecco, si sono imborghesiti e fanno i difficili – penserete adesso – ma state sbagliando di nuovo. Il “Tablazo” sarà il target di un’escursione, certamente, ma in occasione della successiva Pisco-San Juan de Marcona.
La Pisco-Pisco è dedicata alla visita delle Isole Ballestas. L’Aranwa, bellissimo, un colpo d’occhio eccezionale sulla baia di Paracas, imbattibile nel rapporto prezzo-comfort – insomma feedback massimo – è strategico, perché da qui si può partire per le migliori escursioni verso il Parco e le Isole. Finito il lavoro, salutati i “dakariani”, ecco un’altra scoperta essenziale del vivere in Perù: il Ceviche. Tutto viene da sé, senza alcun segno premonitore. Arriva a cena, al ristorante dell’Hotel. Mr. Franco è categorico: “Se non l’hai mai fatto, poverello te, devi assaggiare il Ceviche!”. E ora che so cos’è, lo dico a voi: “Se non l’avete mai fatto, correte ad assaggiare il Ceviche!”
Finito il lavoro, salutati i “dakariani”, ecco un’altra scoperta essenziale del vivere in Perù
Patrimonio della cultura peruviana, il Ceviche è una squisitezza contagiosa e caratteristica di tutti i Paesi sudamericani affacciati sul Pacifico. È un modo di mangiare il pesce crudo più “popolare” e sobrio, ma per certi versi più elaborato e convincente, del religioso Sashimi giapponese. Va da sé che deve essere pesce freschissimo, e per questo non c’è una regola precisa sul tipo, se non una preferenza per quelli a carne bianca. Tagliati a bocconi, Cernia, Corvina, Pejerrey, Lenguado ma anche crostacei, gamberetti, polpo e altri campioni del Pacifico diventano Ceviche “cuocendo” in una salsa di limone, o lime, cipolla, sale, peperoncino e coriandolo. Un’ora e mezza in frigo per trenta secondi davanti agli occhi. Finito! Un altro, per favore. Come sempre, pochi elementi qualificano scelta ed equilibrio degli ingredienti e la bravura del cuoco, per cui il Ceviche tende sempre ad essere “il migliore”, più o meno ovunque lo si chieda. Pesce freschissimo, ricordate, come noi a Paracas quella sera… e molte altre.
Il piacere del divagare viaggiando. Le Isole Ballestas sono un piccolo gruppo di scogli emersi a una dozzina di miglia dalla costa. La gita in barca è piacevole, la guida partecipa emotivamente il giusto a quello che per noi è un evento e per lui routine, ma questo non toglie che, superato il Candelabro, misterioso disegno sulla parete di arenaria oltre capo Gral, per secoli punto cospicuo per i naviganti, piombiamo all’improvviso in una specie di santuario brulicante di fauna oceanica. Pescosissimo, il mini-arcipelago è il “ristorante” con vista sul mare di migliaia, probabilmente milioni di forme di vita, sopra e sotto il livello delle acque e… del guano che dipinge di bianco cenere la roccia. Pellicani, Cormorani, le Sule “Pata Azul” ma anche “Roja”, un “gabbianino” Inca detto Zarcillo, misterioso e esclusivo, qualche isolato Condor e gli immancabili avvoltoi dalla Testa Rossa di guardia o in attesa del pranzo, languide Otarie e sedentari Leoni Marini, impettiti Pinguini di Humboldt, foche.
A pelo d’acqua una moltitudine di crostacei e sotto, un po’ do fortuna e vi capitano delfini, tartarughe marine di specie rare. È incredibile come tutto questo “ben di dio” si raccolga in questo piccolo paradiso di tre sculture di roccia che emergono dal mare al largo del Perù, per un’estensione globale di qualche campo da calcio appena. Il fatto veramente incredibile è che in un colpo solo si possono convertire diecine e diecine di immagini, foto e video, “figurine” deformate dall’immaginazione e conservate da una vita, finalmente nel loro corrispettivo reale e per di più in un singolarissimo ambiente naturale. Un altro punto per il Perù!
È incredibile come tutto questo “ben di dio” si raccolga in questo piccolo paradiso di tre sculture di roccia
Rientriamo al volo, abbiamo ancora il tempo di completare la colazione, all’alba “controllata” per paura del mal di mare, di salire sulla 3008 e volare verso il Waypoint immesso nel GPS per andare a vedere cosa succede nella seconda Tappa della Dakar. Scopriremo che Joan Barreda ha battuto Adrien Van Beveren e Mathias Walkner, e che tre delle quattro Peugeot sono arrivate per prime al traguardo di Pisco, rispettivamente quelle di Cyril Despres, Stephane Peterhansel e Sébastien Loeb. Poco più di 500 chilometri, degli oltre ottomila previsti per raggiungere Cordoba molti giorni, eventi e colpi di scena più avanti.
Immagini: Piero Batini – Nikon