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Milano, 4 Maggio. Deus Ex Machina, un brand e un gioco di parole per un luogo piacevole, e un quartiere che si ispira alla Moto, in tutte le sue sfumature possibili ma soprattutto urban, in una Milano che non ce la fa ad essere normale, che vuole qualcosa di più e lo manifesta sorvolando sulle righe alla ricerca dell’intonazione giusta.
L’ambiente è eccellente, non c’entra molto con le Moto da deserto, ma lì proprio quelle Moto e i Dakariani convenuti per la presentazione all’Italia della Dakar 2017, si sentono assolutamente a loro agio. Si vede che è l’anima, ancora prima dello stile.
C’è stata grande attesa per il percorso della Dakar prossima ventura. Ne abbiamo già parlato e abbiamo visto dove, almeno al momento attuale, si è andati a parare. In questi casi l’attesa rende gli stati d’animo più “liquidi”, bisognosi di rassicurazioni, di certezze. E per venire ad offrircele, Marc Coma, il nuovo Condottiero della Dakar che ancora ci lascia sorpresi per il così deciso di cambio di rotta che ha dato alla vita e alla carriera, ha attraversato le Alpi.
Ci parla a lungo, serenamente, e questo ci fa pensare che, catapultato nella situazione più critica che la Dakar ha conosciuto da quando è sbarcata in Sud America, il Penta Campeon va trovando la sua misura e il suo posto nel labirinto di creazione dell’ultima avventura del Motor Sport.
In breve, sarà una Dakar più corta del solito, sei più sei giorni, attraverso tre Paesi con caratteristiche geografiche, morfologiche e climatiche molto diverse. Il Paraguay, new entry, 29° Paese che si iscrive al club della Dakar, ovvero il tocco di tropicale che vuol dire molto di più che una caipirinha all’ombra del patio. La Bolivia, l’altopiano affascinante già conosciuto a Uyuni, e prossimamente anche di Oruro, La Paz e il Lago Titicaca. Argentina, la compagna della Dakar da quando esiste nel Cono Sud, con la sua pampa noiosa e le sue insidie andine e nel bollitore di Fiambala.
Penso che la Bolivia del Nord sia un luogo interessante, c’è la sabbia, il fuori pista, ed è il posto ideale per far tornare la Dakar a uno spirito un po’ più africano, più avventuroso
Che altro? Il dettaglio è ancora di là da venire, ma nessuno meglio di Marc può farcelo gustare in anteprima. Una cosa sì, l’accesso alla Dakar, che è a invito o accettazione, non basta iscriversi, quest’anno passa anche dal Merzouga, il nuovo acquisto di ASO che va in onda questo mese, e che diventa ad un tempo scuola, propedeutica e esame.
Parliamo dunque di questa Dakar appena confezionata, almeno nelle linee generali. Sarebbe interessante capire come si è sviluppata la situazione geografica e politica che ha prodotto la configurazione attuale. Tentativo di negoziazione all’”ultimo sangue” con il Cile? Con il Peru? E poi?
Marc Coma: «No, non “all’ultimo sangue”, e con il Perù non abbiamo neanche iniziato a parlare perché la situazione si presentava già impossibile. A luglio ci sono le elezioni, non c’è un governo, e quando ci sarà è un momento in cui saremmo già fuori tempo massimo per la prossima edizione. Parleremo per il prossimo anno. Questa la verità del Perù. Con il Cile abbiamo parlato praticamente fino al giorno prima della presentazione della Dakar a Parigi. Per andare in un Paese la Dakar ha bisogno del supporto del suo Governo e di un contesto positivo di collaborazione, che non si è realizzato quest’anno in Cile. Per questo è facile capire perché il Cile non è nel novero dei Paesi attraversati dalla Dakar 2017. Ma il discorso, che dipende da molti fattori, non è certamente chiuso per il futuro».
Beh, il Paraguay. Era da un po’ che bussava alla porta della Dakar. Finalmente ce l’ha fatta. Lo consideri ancora facente parte di un piano “B” o il Paraguay è da considerare come la Bolivia, un esperimento da sviluppare in un programma sempre più importante?
«Il Paraguay è già un ingresso importante. I paraguayani hanno fatto due volte una Dakar Series, Asuncion è la Capitale di una Nazione e un bel posto per dare la partenza alla Dakar, e si aggiunge alla lunga lista di grandi Città, quali Parigi, Lisbona, Barcellona, Lima, Buenos Aires, e le altre dei 29 Paesi che hanno fatto parte del “club”. La Città è bella, logisticamente può offrire molto, la gente laggiù è iper motivata, e sono sicuro che ritroveremo quell’enorme passione che abbiamo trovato in Bolivia e Cile, per esempio, o quando siamo venuti per la prima volta, nel 2009, a Buenos Aires».
E dal punto di vista logistico, allora, dove sbarcheranno i mezzi? A Buenos Aires, o in Uruguay o Brasile?
«La Nave arriverà a Buenos Aires. Ma per i Piloti non sarà un problema, perché i Motociclisti potranno prendere l’aereo direttamente per Asuncion, e lì troveranno la loro Moto. Solo gli autisti dei mezzi di assistenza, e delle auto, ma di solito non sono i Piloti, dovranno guidare i mezzi fino alla Capitale del Paraguay, ma è un bel viaggio alla scoperta del litorale Est dell’Argentina. Mille chilometri».
Il Paraguay entra, è a battesimo. Hai già un’idea del carattere che darà alla prima parte della Dakar 2017?
«Partenza del Rally e prima tappa, comprendente la parte agonistica, in territorio paraguaiano. È la prima tappa della Dakar, non è un Prologo e non è una Tappa chiave, è chiaro. Ci proponiamo che sia una tappa molto bella, uno show magnifico, non lunga. Uno scorcio caratteristico del Paese, per una tappa comunque non facile!».
In Bolivia la Dakar trascorrerà più giorni rispetto al passato. Intanto, perché “solo” dodici tappe? E che si scoprirà di nuovo nel “Paese più vicino al cielo”?
«I dodici giorni dipendono dal calendario. Ogni anno si avanza. Non possiamo partire il primo gennaio, domenica, o addirittura il 31 dicembre, ti immagini come sarebbe difficile organizzare la partenza quando tutti sono ancora in festa? Come pretendere che i volontari lavorino in piena festa e di domenica? Poi, vogliamo finire il sabato. Il gioco è forzato. Non è un voler ridurre li numero dei giorni. Questa volta andrà così, l’anno prossimo vedremo. Vorrei comunque rassicurare il “popolo” dei “Dakariani”. Più corta non vuol dire più facile. Questo no, assolutamente no. Anzi. In Bolivia staremo più giorni, e ancora non diciamo come abbiamo distribuito le tappe Marathon. Già l’insieme Paraguay-Bolivia sarà qualcosa di nuovo e comunque impegnativo. Poi ti dico come!».
In Bolivia, d’accordo, una domanda precisa. Si vedrà il Lago Titicaca che doveva caratterizzare la Corsa dello scorso anno?
«Tranquilli, è sicuro, si vedrà il Titicaca. È un’immagine emblematica, affascinante, importante per la Dakar. Una chiave. La Dakar non è solo un Rally, una Corsa difficile, è un contesto. È i Paesi che attraversa, il contesto geografico, estetico, emozionale che i Piloti scoprono, affrontano e riportano a casa come esperienza. I Paesi che hanno capito questo hanno fatto della Dakar la vetrina della loro Terra, una festa, un momento sociale, e per questo lavorano insieme a noi, non per noi o per loro. Insieme. Guarda Uyuni, è una festa gigantesca, una fiera. La Dakar non è una cosa che arriva da lontano, passa e va via. La Dakar resta nel Paese, nella gente. Il Titicaca, ecco, è un modo per dimostrare questo, per far vedere quanto la Bolivia tenga alla Dakar».
Tappa Maraton, da definire nel dettaglio, ma si è parlato di tappe lunghe, e lunghissime, e di arrivi di notte. Roba d’altri tempi. È plausibile?
«Come ti dicevo, non sarà una Dakar facile, e penso di sì, che sia plausibile. Penso che sarà una Dakar diversa da quella che abbiamo conosciuto in tutti questi anni in Sud America. Sarà una Dakar con più Avventura, con più prove speciali lunghe. Tre, quattro speciali di oltre 450 chilometri circa, una che potrebbe andare oltre i 700 chilometri. Meno chilometri di trasferimenti, più avventura, pensiamo che si possa fare, ci crediamo e lavoriamo forte per dare questo ai nostri Concorrenti».
Si è parlato anche di dare un’occhiata ai regolamenti, soprattutto per quanto concerne le Macchine. È vero?
«La gara dei Camion avrà un nuovo regolamento tecnico, questo sì, ma per quanto riguarda le Macchine è appena finito lo studio preparato dalla FIA, è una cosa che si fa ogni anno, e non ci saranno rivoluzioni. C’è qualche proposta, un millimetro in più o in meno sulla misura della flangia, o l’idea di ridimensionare l’utilizzo dei sistemi sollevatori delle auto in caso di insabbiamento, ma poche cose, e piccoli cambiamenti, se ci saranno. È importante, con i regolamenti, non sbagliare, e per questo i cambiamenti, quando presenti, devono essere progressivi».
L’immaginario della Dakar è associato fortemente alle dune, alla sabbia. No Cile, no Perù, no dune. È un problema? È proprio così? A Fiambala, lo scorso anno, c’era in programma una diversa interpretazione del “catino” arroventato di Fiambala, ma poi è intervenuto il maltempo…
«Non siamo in Cile e non in Perù, non ci saranno le sabbie di quei Paesi. È normale che sia così, ma penso che la Bolivia del Nord sia un luogo interessante, c’è la sabbia, il fuori pista, ed è il posto ideale per far tornare la Dakar a uno spirito un po’ più africano, più avventuroso. Poi c’è l’Argentina, che conosciamo, e Fiambala è un luogo “interessantissimo” da questo punto di vista. Alla fine penso che avremo i nostri giorni di sabbia!».
Maggiore equilibrio di gara dal punto di vista dei terreni?
«Sì, penso che ci sarà un maggiore equilibrio nei giorni di gara. Non ci sarà la foto della grande duna, ma ci sarà tutto quello che serve. Ho già visto delle cose… vedrete, sarà una Dakar bella, interessante, come non avete mai visto in Sud America».
02/01: Asunción (PAR)-Resistencia (ARG)
03/01: Resistencia-San Miguel de Tucuman (ARG)
04/01: San Miguel de Tucumán-San Salvador de Jujuy (ARG)
05/01: San Salvador de Jujuy-Tupiza (BOL)
06/01: Tupiza-Oruro (BOL)
07/01: Oruro-La Paz (BOL)
08/01: Rest day at La Paz (BOL)
09/01: La Paz-Uyuni (BOL)
10/01: Uyuni-Salta (ARG)
11/01: Salta-Chilecito (ARG)
12/01: Chilecito-San Juan (ARG)
13/01: San Juan-Río Cuarto (ARG)
14/01: Río Cuarto-Buenos Aires (ARG)