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Buenos Aires, Argentina, 27 Dicembre 2016. Appena sceso dall’aereo non perdo tempo. Formalità inesistenti o rapide. Passaporto valido, form doganale, un po’ di coda ed è tutto. Il pensiero unico è andare a recuperare la Macchina. Ma la 3008 riposa sicura in un capannone di una delle banchine del Porto infinito di Buenos Aires. Solo i sigilli sono stati rotti (vorrei vedere, altrimenti, come avrebbe fatto l’autista a salire a bordo). Campana, le anonime e gigantesche strutture del Complesso Portuario Euroamerica, cento chilometri a Nord della Capitale lungo il fiume. Le operazioni sono relativamente svelte, ma siamo in tanti, tutti lì con lo stesso scopo. La Grande Francia ha attraversato l’Atlantico per la Dakar con il ventre pieno dei suoi mezzi da corsa. È l’occasione per salutare un sacco di amici, molti dei quali non vediamo da un anno. La Dakar è così, famiglia atipica che lega per la vita ma tiene distanti nella “vita reale”, ciascuno in ostaggio delle proprie cose. Poi, ogni anno puntuale da quarant’anni, riunisce in una forma quasi affettiva e comunque esclusiva.
La Dakar è così, famiglia atipica che lega per la vita ma tiene distanti nella “vita reale”, ciascuno in ostaggio delle proprie cose. Poi, ogni anno puntuale da quarant’anni, riunisce in una forma quasi affettiva e comunque esclusiva.
Nuvole e pioggia. Acqua. Si inizia così nell’estate sudamericana. Campana non merita nulla più che la visita obbligata dal suo attraversamento e non rivela niente di meno deludente di quello che ci si può aspettare da una cittadina portuale senza gloria e senza infamia. Non invita a restare se non il tempo di fare il pieno e ripartire. Distributori come in tutto il mondo, ma… il bocchettone della 3008 e la canna della pistola del carburante non “fittano”. Norme diverse da quelle europee, e la saracinesca che immette nel serbatoio non si apre. Niente da fare. È plastica, quindi basterebbe una martellata, ma non è così che si deve inaugurare, a martellate, un viaggio di nozze. Non c’è da preoccuparsi, come in ogni angolo del Sud America. La gente è troppo brava e scatta in un divertito slancio di solidarietà all’europeo in difficoltà. Tutti quelli che attorno alla Macchina si sono resi conto del “problema” si centrifugano, all’europea, ma ritornano, alla sudamericana, ciascuno con una soluzione. Raccordi, pezzi di innaffiatoio, tubi di altri apparecchi. Almeno un paio funzionano, uno alla perfezione come un imbuto dai diametri di ingresso e uscita calibrati, la saracinesca si apre e facciamo il pieno. L’indispensabile ”accessorio” ci sarà regalato e oggi, dopo aver fatto parte della dotazione tecnica della 3008 Speciale Dakar, è nella cassetta degli “essentials” per il viaggio intorno al mondo.
Si parte, il “target” è Asuncion. La Capitale è poco oltre il confine tra Argentina e Paraguay. 1.250 chilometri via Rosario, Santa Fé, Reconquista, Formosa. 24 ore di tempo a disposizione. Nessun controllo tirato. Avevo già deciso di prendermela comoda, di fermarmi a dormire e mangiare dove e quando capita. È la prima e ultima occasione per viaggiare zen, e deve essere sfruttata per acclimatarsi, ambientarsi e ricaricare le batterie in vista delle grandi ondate di stress che ci attendono.
Non devo passare da Buenos Aires, Juan de Altel è venuto all’aeroporto Pistarini e mi ha consegnato le SIM per i telefoni. 200 chilometri risparmiati, ma la partenza è talmente zen che ho dimenticato di cambiare denaro. Ho con me carte, euro e dollari, la moneta americana è sempre la più gradita. È mezzogiorno e le banche, poche dentro e attorno a Campana, sono chiuse. Un euro circa 18 pesos argentini, un dollaro circa 16. La svalutazione non è debellata, tutt’altro nonostante i buoni propositi del neo-presidente Mauricio Macri. In compenso è sparito il cambio “nero”, o “blu” come è chiamato in Argentina. Agli argentini ogni giorno un po’ più prigionieri del loro Paese dispiace, perché i loro risparmi in valuta locale sublimano alla velocità della luce e i costi lievitano a quella del suono, ma non per questo vengono meno ai doveri morali del buon cittadino. Morale… quando chiedo ad un distributore di benzina come posso fare per cambiare un po’ di dollari, è panico. No, non voglio cambiare al nero o al blu, solo cambiare, trasparentemente. Certo, ma se non mi cambia alla valutazione corretta, il gestore ha l’impressione di fregarmi se sottovaluta i miei dollari, o di andare contro la legge se li sopravvaluta. Non se la sente, in un senso e nell’altro. Allora decidiamo di cambiare “live”, al centesimo del momento. Cassa e sito ufficiale aperti e cronometro alla mano fissiamo il rate e finalmente ho i miei Pesos Argentini. Anche il gestore è contento, mi offre il caffè e mi regala il calendario 2017 della stazione di servizio. Già, questione di ore ormai e siamo nel nuovo anno. Se ho bisogno d’altro ecco il suo numero di telefono. Succederà molte volte, un numero di telefono, come fra amici.
Fino alla frontiera con il Paraguay è andamento lento, tranquillo, contemplativo. Campagna e fiumi in piena, sempre a velocità abbondantemente “codice” e in un “rullo” cinematografico di colori, paesaggi e atmosfere dal tramonto e dell’alba.
Fino alla frontiera con il Paraguay è andamento lento, tranquillo, contemplativo. Come “da programma”, mi fermo solo per qualche caffè, per una cena al volo e per un paio di ore di sonno nella suite della 3008 (tale è la Peugeot a schienali reclinati), mi godo la strada, il caldo, le città e i paesi che attraverso. Campagna e fiumi in piena, sempre a velocità abbondantemente “codice” e in un “rullo” cinematografico di colori, paesaggi e atmosfere dal tramonto e dell’alba. Alla frontiera di Clorinda è di nuovo riunione di Famiglia. Sono in anticipo sulla tabella, ma molti altri lo sono come me. Bolli, moduli, adesivi, pass, packing-list. Un coca ghiacciata? Prego! Tutto a posto. Dopo il Ponte di Loyola sono in Paraguay, e ben presto a Asuncion in cerca dell’hotel prenotato in anticipo. È il 28 pomeriggio, tuttapposto, ora mi occupo della Città.
Foto: Piero Batini – Nikon