Dakar 2017, Il Viaggio. Il Miraggio dell’Acqua - decima puntata

Dakar 2017, Il Viaggio. Il Miraggio dell’Acqua - decima puntata
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La decima puntata del racconto della nostra Dakar 2017, un viaggio entusiasmante, unico, con un grande “veliero” e il contagioso timone di fantasia di Mr. Franco
7 settembre 2017

La Paz, Bolivia, 7 Gennaio 2017. La Dakar volge al peggio. Il Rally delle misteriose, temute dune boliviane annunciate da Marc Coma è praticamente cancellato, una tappa e un’altra mezza sono sparite dalla geografia della Corsa ma non da quella del nostro Viaje Tropical. Ormai piove incessantemente. A Potosì, ex città dell’argento boliviano, ma finito in gran parte in Spagna, le strade sono fiumane di materiale delle miniere che torna in Città lavato una seconda volta, e lo spettacolo in grigio e nero è tutt’altro che invitante. E Oruro, città mèta della tappa per metà cancellata, oltre 500 chilometri più a Nord, sarà ricordata per il bivacco più devastato della Storia della Dakar, trasformato in una palude inospitale e inaccessibile. Quelli che sono entrati resteranno lì tutta la notte prima di essere tirati fuori all’alba, e gli altri, prevenuti in tempo, resteranno per tutta la stessa notte ai bordi dell’autostrada diventata un enorme parcheggio di fortuna per i mezzi della Corsa. Prima o poi capiranno che l’estate sudamericana, man mano che si sale verso Nord e di quota, è una truffa, ma intanto ancora una volta l’umanità maliziosa chiama in causa la sfortuna. Se così è dobbiamo ammettere che di iella metereologica se n’è vista tanta, noi principescamente al riparo della 3008, ma quei poveri motociclisti…

La Dakar volge al peggio. Il Rally delle misteriose, temute dune boliviane annunciate da Marc Coma è praticamente cancellato, una tappa e un’altra mezza sono sparite dalla geografia della Corsa ma non da quella del nostro Viaje Tropical. Ormai piove incessantemente

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Inutile tentare di visitare la città, è un caos di acqua che scende dal cielo e dalle montagne attorno. Dalla terrazza dell’Hotel Virgen del Socavon, che domina sulla città e sulla sua storia mineraria, pare di essere sulla coffa di una nave in mezzo all’oceano in tempesta. Il 7 gennaio la Dakar fa il suo ingresso trionfale a La Paz. Per due giorni la Corsa sarà dimenticata, e con essa saranno sepolte le avversità nella doppia, del tutto inattesa giornata di riposo.

L’attitudine dei boliviani nel rapporto con la Dakar è straordinaria. È una festa, ormai nazionale, le attività si fermano e l’intera popolazione si sposta ai lati delle strade su cui passano gli Eroi dell’ultima Avventura del Motorismo. A La Paz, che per la prima volta apre le sue porte al Rally, il fenomeno è commovente. Per diecine di chilometri, ma praticamente dalla periferia di Oruro fino alla caserma del Colegio Militar Villaroel che ospiterà la giornata e mezzo di riposo, passiamo davvero tra due ali di folla in delirio, e dopo di noi tutti i Concorrenti e gli Assistenti.

Attraversiamo la “Capitale più alta del Mondo” come in stato di ebrezza fino al centro, dove è stato allestito il podio di mezza Dakar. Riservato ai Concorrenti e sorvegliato a vista, è presidiato da Etienne Lavigne in persona, il Direttore della Dakar. Vietato a noi, passi, ma alla nostra 3008 che ha fatto più strada della Gara, è inammissibile. Passiamo accanto, lentamente. “Stai pronto con la Macchina fotografica” - mi fa Mr. Franco, e non appena passiamo oltre la linea del traguardo virtuale si ferma e mi ordina di scendere. Poi come un felino torna sui suoi passi e sale sul podio a marcia indietro in un grande stridore di gomme che neanche Robby Gordon. Un blitz perfetto, la Peugeot 3008 di Automoto.it e Moto.it è immortalata sul podio della Dakar, autentica, unica vincitrice della tappa centrale del Rally, e il signore che sembra congratularsi con Mr. Franco è un monumentale Lavigne autenticamente, stupendamente fuori di sé. Pazienza, gli passerà.

La Paz, immenso “catino” urbano circondato dalle montagne, è una metropoli vertiginosa, distribuita su un’altitudine che varia dal 3.200 ai 4.100 metri sul livello del mare. Alterna ambientazioni curate e urbanisticamente ineccepibili a guizzi di orrore creativo che derivano dall’eterna precarietà dei luoghi cresciuti troppo in fretta, senza regole preventive o la possibilità di farle rispettare. Tutto il mondo è paese, ma a La Paz il fenomeno è macroscopico, evidente nell’espressione dei contrasti. Evidente nel fatto che non è la capitale ufficiale della Bolivia, diritto di Sucre, 700 chilometri a Sud-Est, pur essendola di fatto poiché è la sede del governo. Evidente se guardiamo a come si evolve la sua urbanizzazione, con la disordinata e anarchica crescita di El Alto, la più clamorosa delle sue espansioni urbane sul crinale dell’”imbuto” 500 metri più in alto, condannata da una crescita disordinata a rimanere una città eternamente provvisoria e “minimalista” a livello di infrastrutture, e che tuttavia conta ormai più abitanti dell’agglomerato urbano “ufficiale” per un totale di oltre 2 milioni e mezzo di abitanti. Evidente perché è la Citta dell’acqua con il fiume Choequeyapo che la attraversa e che raccoglie i flussi di oltre trecento corsi d’acqua minori, eppure non riesce a lavarsi da varie forme di inquinamento. Certo, quando un raggio di sole si infila tra le uvole e illumina la magica conca andina, è più facile riconoscere la La Paz nuova meraviglia del Mondo.

A La Paz, ancora, amici di amici, amici di Mr. Franco. Sono Kenny e Yannick Wende, padre e figlio. Kenny, 64 anni, nato e cresciuto a La Paz, è conosciuto come "Monsieur Downhill" perché è una delle figure storiche delle competizioni di Mountain Bike e, più in generale, un pioniere dello Sport in Bolivia. Yannick, il figlio di 30 anni, è anch’egli nato e cresciuto a La Paz. 10 volte Campione Nazionale di Downhill del suo Paese, è il promotore di importanti progetti di conservazione ambientale legati alle Ande Boliviane.

Non perdiamo tempo. È arrivato il momento del vero giro di boa del nostro viaggio. Mentre la Dakar riposa e si lecca le ferite, noi siamo già in viaggio verso il Titicaca. Kenny e Yannick sono le nostre guide “ufficiali” e una fortuna insperata, cruciale. Da soli non saremmo mai arrivati sulle rive del lago navigabile più alto del Mondo in tempo per ritrovare la Dakar da qualche parte! Per prima cosa ci portano nel luogo dove, si dice, il Che Guevara clandestino si incontrava con l’amante boliviana, poi si continua verso El Alto.

Mentre la Dakar riposa e si lecca le ferite, noi siamo già in viaggio verso il Titicaca. Kenny e Yannick sono le nostre guide “ufficiali” e una fortuna insperata, cruciale. Da soli non saremmo mai arrivati sulle rive del lago navigabile più alto del Mondo in tempo per ritrovare la Dakar da qualche parte!

Il fatto è, infatti, che per raggiungere il Lago bisogna attraversare La Paz e il suo sobborgo più strano e popolato. Ma El Alto, come abbiamo detto, è una Città nata e cresciuta senza alcuna regola se non quella della necessità della gente di trovare un luogo dove vivere. Le geometrie per lo più regolari della sua urbanizzazione sono definite da strade ancora sterrate, disastrate, interrotte. Non ci sono semafori o stop, né marciapiedi, segnali o luci. Ogni tanto, su un muro di recinzione in mattoni di terra, un’enorme scritta a pennello con un’indicazione sommaria di direzione. È tutto e quanto basta per orientarsi alla gente che vi vive e un rebus, già complicato per chi viene dal basso della Capitale, impossibile da risolvere per chi venga da fuori. Attraversata la particolarissima lezione di vita, operazione che dura diverso tempo e che richiede anche ai più esperti qualche ripensamento, finalmente si scende verso le sponde del Titicaca, oltre 8.000 chilometri quadrati quasi equamente divisi tra Bolivia e Perù. L’immagine dall’alto è sensazionale, e quando si arriva al livello del Lago, 3.800 metri sul livello del mare, si è inevitabilmente emozionati. Arrivarci, soprattutto dopo aver superato complicazioni che non avevamo neanche immaginato, e toccare le sue acque, queste sì purissime e trasparenti, è come aver raggiunto una mèta. Davvero, si immagina che è questo il senso del viaggio della Dakar in Bolivia, e che lo sarà anche l’anno prossimo raggiungendolo dalla parte peruviana della sua magica estensione al centro delle Ande tra i due Paesi. La chiave illusoria del nostro viaggio è diventata concretezza, ma non basta a placare l’ansia di simbolismi. Per questo imbarchiamo la nostra 3008 su uno dei barconi che fanno la spola tra una riva e l’altra delle due metà del Lago, e attraversiamo lo stretto di Tiquina, virtuale linea di separazione tra il Titicaca Maggiore e Titicaca Minore.

Non abbiamo tempo per vedere le isole artificiali e le imbarcazioni degli Uro, e del resto la foschia ci nega alla vista anche gran parte delle oltre trenta naturali, né le spiagge dai nomi evocativi come Copacabana. Lo consigliamo a voi per il vostro Viaggio, con meno Dakar e più tempo, e magari con accesso anche dalla Baia peruviana di Puno.

Torniamo a La Paz gonfi di emozioni, distrutti dalla fatica e dall’allentamento della tensione dopo aver raggiunto l’obiettivo

Torniamo a La Paz gonfi di emozioni, distrutti dalla fatica e dall’allentamento della tensione dopo aver raggiunto l’obiettivo, per scoprire che… non è l’unico. Kenny e Yannick, grazie all’infinito, ci mettono a letto con la promessa di un’altra visione per la memoria forte del nostro viaggio. Non ricordo cosa abbiamo mangiato per cena in un locale del centro, ma devo aver dimenticato il menù per trattenere solo il meglio, il massimo della compagnia straordinaria e di una giornata memorabile.

Il giorno dopo è dedicato quasi interamente alla Dakar che bivacca durante la giornata di riposo. C’è il sole, le angherie del meteo sembrano dimenticate, ma non c’è bisogno di ricordarle, ci verranno riproposte, e più tardi nel pomeriggio Yannick e Kenny tornano a prenderci. Ancora una volta Yannick prende liturgicamente i comandi della 3008, il miglior Tom Cruise di Mission: Impossible, e decolliamo verso un’altra grande sorpresa del viaggio. La direzione è, questa volta, Sud, Sud-Est di La Paz, e esattamente dove finisce la Città c’è la nostra mèta. È la Valle de Las Animas, un canale sedimentario di erosione glaciale tra i più grandi e il più alto del Pianeta, 2.538 ettari di formazioni uniche al mondo. I fattori che hanno determinato la nascita de Las Animas sono unici come le formazioni stesse, bruschi movimenti dei ghiacciai in antiche ere glaciali caratterizzate da forti tempeste, e la composizione del terreno, del tutto atipica e fragilissima. L’unicità della visione si mescola con l’ansia per le minacce che incombono su Las Animas. Da una parte la delicatezza fragile del terreno che compone le straordinarie canne d’organo della Valle, dall’altra il grave pericolo rappresentato dall'avanzata della città di La Paz e dalla mancanza di interesse per la salvaguardia del sito da parte delle autorità. Yannick ha messo in moto la macchina dell’attenzione e picchia sulla cassa di risonanza richiamando la comunità scientifica boliviana e organizzando una gara di mountain bike nel letto sicuro della Valle, Las Animas Challenge.

Foto: Piero Batini - Nikon

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