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Abu Dhabi, 21 Dicembre. La marcia di avvicinamento alla Dakar passa da mezzo Mondo. Mentre siamo a Abu Dhabi per assistere al lancio della C3 WRC e della Squadra del grande ritorno ufficiale di Citroen, ci arriva la conferma formale, definitiva, emozionante e quasi commovente, del ritorno di Luca Manca alla Dakar. Non è l’iscrizione o la presentazione del Team e del Pilota, ma un video che sintetizza l’amore di Luca per il Rally e per la sua Terra. Vittima di un incidente maledetto, e per due interminabili mesi in coma in Cile, Luca Manca ha pian piano ricostruito, con grande spirito di sacrificio e determinazione, i presupposti per realizzare il suo sogno della Dakar. Pronti!
Luca Manca. “2010, la seconda Dakar in Sud America. Son riuscito ad esserci, e ho anche qualche velleità di classifica, di risultato. Sono in gran forma, ma sono anche quello di sempre, un grande appassionato prima di tutto. Ho dato la mia ruota a Marc Coma, che era rimasto a piedi. È normale, alla Dakar ci si bilancia tra ambizioni e umanità, tra l’essere Piloti ed essere Uomini. Quel giorno non avevo avuto dubbi, era l’istinto di aiutare un amico, indipendentemente dalle conseguenze. Quindi adesso sono all’inseguimento. La mia classifica è sprofondata, ma spero di rifarmi sotto e di tornare con il plotone dei primi…”
“Sentivo di potercela fare, i primi giorni della mia Gara lo avevano dimostrato. Ma la mia strategia era saltata, adesso avevo fretta di riprendere la posizione, quale non sapevo, non era dato sapere…”
“Quando parti indietro una delle condanne è la polvere di quelli che ti precedono. Tanti, quasi tutti in quel caso. Molti sono più lenti, ma ugualmente bravi ad alzare la polvere del Deserto. Vedo poco, a tratti niente, continuo ad avanzare, un sorpasso dietro l’altro. Anche questo è anomalo, contrario ai presupposti. I primi giorni, insieme ai più veloci, si era in pochi. Ora sono nel mucchio…”
“La polvere è spessa, impenetrabile. Mi avvicino a un Concorrente. Non so chi sia. Non lo saprò neanche dopo. Questi sono i ricordi. L’ambiente, l’atmosfera di chi insegue nella polvere, e un Concorrente davanti a me, con una Moto da Enduro e un grande serbatoio. Poi più nulla. Non ho più ricordi…”
“Ho passato due mesi in coma all’ospedale. Prima a Calama, poi a Santiago del Cile. Non ho sofferto. Non ho avuto la sensazione né il ricordo della mia sofferenza. So che hanno sofferto i miei cari, i miei amici, molti appassionati. Poi mi sono risvegliato. Non conservo traumi, ma ho portato addosso le conseguenze per molto tempo…”
“All’inizio il problema era il senso dell’equilibrio. Chissà se potrò risalire in Moto. Mi piacerebbe infinitamente. Anche indossare il casco sulla testa ferita, mi fa male, mi da fastidio e dolore. Ma pian piano riprendo. Il “test” con una moto leggera è andato bene, riprendo ad allenarmi, a ricostruirmi fisicamente. Problemi alla memoria, quella vicina, ma con il tempo recupero. Inizio a pensarci più seriamente…”
“Ripartire per la Dakar. Non è cosa facile. C’è sempre la possibilità che i medici me lo impediscano, che mi ritengano non all’altezza. Se vado da loro troppo presto rischio di più, magari quelli non tornano più indietro. Aspetto, pazientemente, ma ritrovo il piacere di andare in moto. Non dovessi farcela posso sempre coltivare la mia antica passione. Uscire con gli amici, rinunciare alle gare ma non alla passione...”
Porto la Sardegna nel cuore, la Bandiera con i quattro mori sulla mia tuta. Ho ricevuto aiuti dalla federazione, da KTM Italia. Sono stati vicini. La Sardegna, quella istituzionale non mi ha aiutato, ma i sardi, i miei conterranei sì. Duemila di loro l’hanno fatto concretamente
“Ritrovo anche il ritmo e le atmosfere della gara, qui nella mia Terra, la Sardegna, e rilancio il progetto Originale. Test, allenamenti, prove, i lasciapassare degli specialisti. Ce n’è un ultimo. Partecipare a un Rally africano. Passato anche quel test. Finalmente ci sono, mi daranno il numero 99 alla Dakar 2017 Paraguay-Bolivia-Cile. Porto la Sardegna nel cuore, la Bandiera con i quattro mori sulla mia tuta. Ho ricevuto aiuti dalla federazione, da KTM Italia. Sono stati vicini. La Sardegna, quella istituzionale non mi ha aiutato, ma i sardi, i miei conterranei sì. Duemila di loro l’hanno fatto concretamente. Amici, conoscenti, sconosciuti e anonimi. Sono tanti, ed è un’espressione di solidarietà che lascia il segno dentro di me. Li porto con me tutti quanti, faccio la Dakar anche per loro, per tutti quelli che l’hanno sognata…”
“Rassicuratevi, non state in pensiero per me. Sono cambiate molte cose. Sto bene ma il mio momento, il momento del pilota è passato quel giorno. Non vado per vincere, non vado neanche per un risultato. E non parto per “vendetta”, non ho nessun conto in sospeso. Desidero solo finire la mia Dakar… sette anni dopo!”