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Un giorno di tre anni fa appare la 2008DKR. La sua ambizione, dichiarata quasi arrogantemente è quella di vincere la Dakar. Miiiii! La Macchina è rivoluzionaria, sfrutta i regolamenti come se fosse stata disegnata da un… avvocato, e porta in dote a Peugeot Sport un Team di tecnici che viene dalle 24 ore di Le Mans e cavalcate del genere. Per chiarire il concetto, vengono presentati anche i Piloti che la guideranno. Peterhansel, Sainz, e il giovane Despres. Miiii!
Al termine della prima Dakar gliele suonano. La macchina è giovane, ha affidabilità sufficiente e prestazioni dignitose, ma non fa la differenza, soprattutto per come sta in… strada. Sainz lo dice subito, a mezza bocca, ma lo dice. Dopo la Dakar, l’Equipe di Bruno Famin, direttore del progetto e del team, cambia alcune carte chiave dell’assetto tecnico, e riparte da quanto di buono la 2008DKR “Original” aveva espresso. La 2008DKR 16, già parzialmentesperimentata in una versione estiva impegnata in Cina, è un’altra cosa. Basta guardarla di fronte per capirlo, è un’altra Macchina. E intanto, giusto per ribadire gli obiettivi, all’organico che guiderà la Macchina viene aggiunto l’Equipaggio Loeb-Elena. Miiii! Questi fanno sul serio, oppure ci credono al punto tale da voler bruciare le tappe. Ma avere fretta, alla Dakar, è forse il modo migliore, lo insegna la storia, per sbattere ripetutamente il naso. Una Marca tedesca, che ha puntato a vincere la Dakar anni prima, ha avuto bisogno di un lustro prima di vedere la luce fuori dal tunnel.
Ma la 2008DKR 16 è un’altra cosa davvero. Se ne accorgono tutti, e con maggiore fastidio i “concorrenti”. Vince subito, rivince, si ripropone con doppiette e triplette, va in testa e ci rimane. Loeb e Sainz ne disintegrano un paio, sapete, ci mettono entrambi una certa “verve” nel guidare, Despres fa la sua parte preoccupandosi di imparare, e Stephane Peterhansel usa la 2008DKR per vincere la sua personale 12ma Dakar, che nello stesso istante diventa la prima del Team Peugeot Total del Signor Famin. Tuto questo è accaduto in soli due anni. I tedeschi allibiscono e si chiedono dove hanno sbagliato per così tanti anni, e contestualmente la situazione per le altre Marche, che hanno dominato o animato la scena della Dakar, diciamo fatta da padroni, arriva il momento drammatico in cui si mettono a nudo plafond tecnici e ritardi di sviluppo. È frustrante. C’est le Dakar? no, c’est la vie! Si gira pagina e si arriva alla vigilia della Dakar 2017 Paraguay-Bolivia- Argentina.
A Loeb piacciono solo due cose, correre e vincere, e non ama disunire i piaceri della sua vita.
Per Peugeot giusto il tempo, e l’occasione per un po’ di chiasso, di presentare la nuova “arma” per il Rally. È, questa volta, la 3008DKR, la cui nuova versione “civile” è stata appena presentata al Salone di Parigi. La storia-cronaca fa una certa impressione. 9 vittorie su dieci tappe disputate, 5 “doppiette”, tre “triplette, tutti gli Equipaggi che vincono, anche Despres la sua prima in Auto, in ogni caso una Peugeot 3008DKR in testa dal secondo giorno e fino alla fine del Rally. Anche questo fa impressione. Prima di tutto perché mette in mostra un modo di lavorare che fa della certezza il migliore frutto dell’esperienza, e poi perché ridicolizza i dubbi e le critiche annientando dubbiosi e critici. Per la “concorrenza”, che questa volta non è stata presa di sorpresa, non cambia nulla, solo che a plafonare è la frustrazione.
Ed eccoli là, sul podio. Stephane Peterhansel e Jean-Paul Cottret, Sébastien Loeb e Daniel Elena, Cyril Despres e David Castera. Primi, secondi e terzi, attualizzazione, remake di una delle Leggende più eclatanti del Motorismo degli anni ’90, lo sapete, 205-405 T16 Grand Raid, e il Team in festa attorno a Macchine e Equipaggi, un’ottantina di persone felici per aver compiuto la missione centrando l’obiettivo come la mela di Gugliemo Tell, con una precisione e un effetto di completezza che offende la ricerca di una descrizione.
Cyril sta vivendo un periodo felice. Credo che gli vadano tutte bene. E con la Macchina è ormai arrivato. È uno dei grandi e presto inizierà a dire la sua.
Ma come è successo per le moto, stiamo lì a guardare a lungo, a osservare quella statica alla ricerca del pelo nell’uovo, della dinamica dell’umore che “sveli” una ruga, uno stato contraddittorio, della ragione per cui qualcuno potrebbe non essere contento. Stanchezza, stress e fatica della Dakar sicuramente giocano qualche tiro mancino, ma qualche sfumatura ci pare di notarla.
Non nella faccia perfettamente tonda e solare di Stephane Peterhansel, inondata da un sorriso che illumina anche il viso di Jean-Paul Cottret, solitamente misuratissimo nelle manifestazioni emotive. “Peter” oggi è una variante inedita delle emozioni che ha provato e fatto provare nella più stellare delle carriere. Ha riunito due mondi, Moto e Auto, ha ingigantito l’Avventura e la Corsa del Deserto, ha tenuto banco e in sospeso intere generazioni in avvicendamento, incollato oceani di appassionati alla linea di una rotta incredibile, la traiettoria quasi perfetta che, nell’umano, è rappresentata da un fuso. Dicono, e lo dice anche lui, che non ci si doveva aspettare tassativamente che vincesse anche questa Dakar, ma poi ci ha preso gusto un’altra volta e questo è pericoloso, parlo per gli avversari. Ha commesso degli errori, strano, e meno strano ha approfittato di quelli altrui mantenendosi inevitabilmente in ballo.
È andato in testa, ha difeso la leadership lasciando correre e attaccando, ha vinto. E fanno tredici. Ormai pensavamo che detto dodici avessimo chiuso un capitolo. La dieta è durata appena un anno. Ora non c’è più limite alla fantasia. Per questo e quei motivi, una felicità nuova ha elettrizzato il Peterhansel sul podio di Buenos Aires. E la cosa più bella è che quella felicità semplice e completa è debordante e, quindi, contagiosa. Grazie Stephane per farci partecipi della tua soddisfazione.
Sébastien Loeb. Eh, eh. È più dura. Il fuoriclasse e mito del WRC non si lascia andare a manifestazioni di gioia evidente, non solitamente. Loeb è una specie di timidone che, oltre tutto, soffre la routine delle cerimonie. Per questo motivo finisce per dire spesso delle ovvietà, e quella relativa al suo secondo posto è il condensato detto a bassa voce di quello che ci si potrebbe aspettare, ed è meglio citare Daniel Elena, che ci mette due bollicine di spirito e sintetizza: bella gara, bel risultato, molto ancora da imparare, margine di miglioramento. In altre parole contenti. E io ci credo. Contenti, ma proprio felici no. A Loeb piacciono solo due cose, correre e vincere, e non ama disunire i piaceri della sua vita.
Quindi contento per aver corso una bellissima Dakar, anche accorta e “responsabile”, ma non dello stesso avviso per quanto riguarda il risultato. Meno male che a batterlo è stato quel marziano che mescola le carte del giudizio rendendolo non confrontabile. Per fortuna la traiettoria di peterhansel ha lasciato aperto qualche varco, nel quale si è infilato qualcun altro che, quindi, è riuscito a vincere anche durante l’era Peter, quindi tranquillo Seb, ce la puoi fare. Cyril Despres. Cyril sta vivendo un periodo felice. Credo che gli vadano tutte bene. E con la Macchina è ormai arrivato. È uno dei grandi e presto inizierà a dire la sua. È felice, istintivamente e razionalmente, e la sua espressione non tradisce contraddizioni di sorta. L’elemento più rilevante della sua storia attuale è che il Despres fuoriclasse in Moto può avere una replica nel Despres Fuoriclasse in Auto. Faccia da uomo felice, dunque? Sì, senza dubbio. Anche se, a conoscerlo un po’ meglio, e lo abbiamo visto dal suo primo via in Moto in un Rally tanti anni fa, sappiamo che, a un certo punto, inizia a roderlo la fretta. Andiamo, quando si fa la prossima Dakar?
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