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San Miguel de Tucuman, 3 gennaio 2017. Tre paesi, Paraguay per la prima volta, Bolivia e Argentina,e tre capitali, Asunción, La Paz e Buenos Aires, sono una bella conquista per la Dakar sudamericana. Il trittico vale da solo il costo del… biglietto, ma ha le sue controindicazioni. Per esempio, le due speciali da WRC che non sono la Dakar, e non possono esserlo neanche se fossero state di 500 chilometri ciascuna. Nessuna difficoltà, molti rischi, spettacolo non certo da delirio. Sono due tappe di collegamento, e arrivano da dove sono state “piantate”.
Invece, con la San Miguel de Tucuman-San Salvador de Jujui del 4 gennaio si inizierà a fare sul serio, in quel caso con un menù completo. Una lunga speciale, sdopppiata per i motocicisti, la salita in quota, molta navigazione e terreni decisamente tecnici. È lo scenario già visto che era diventato inferno.
I giorni 5, 6 e 7 Gennaio la Dakar cambia faccia, entrando in Bolivia e arrivando fino al Titicaca. Esperienza ambientale stupenda e indimenticabile, ma fatica e difficoltà che cadranno come macigni sulle spalle dei concorrenti. Tupiza, Oruro, La Paz, è la prima trilogia dell’Inferno in quota. Le speciali sono lunghe, 416, 447, 527 chilometri, sufficientemente navigate e le difficoltà “trovate” da Coma e Siviero sull’Altopiano.
Dopo la giornata di riposo del 9, (e come ci si riposa se l’altitudine ti martella il cervello?) la permanenza sull’altopiano boliviano per lungo tempo sarà la prima difficoltà da superare nel viaggio di “ritorno” in Argentina, vincolato in questo caso agli inesorabili effetti dalla Tappa Marathon La Paz-Uyuni-Salta. Due gorni non-stop, 10 e 11 Gennaio, due speciali medio-lunghe, 322 e 622 chilometri, il bivacco del Salar senza assistenze, la lunghissima giornata che chiude l’esperienza boliviana, 900 chilometri.
Rientrati in Argentina, i concorrenti affrontano l’”Inferno Torrido”. Se Salta è un posto dove ancora si respira - lo si vedrà anche all’andata, scendendo a Chilecito, 11 Gennaio, e San Juan, 12 - la gara rischia, se le temperature si mantengono elevate come sono nella prima parte della Dakar 2017, di andare in crisi. C’è il tempo, comunque, per correggere il tiro e “mantenere” il tono e le difficoltà sui livelli limite “progettati”. La Salta-Chilecito, speciale di 406 chilometri, molto fuori pista e navigazione, e la Chilecito-San Juan, 449 km, molta tecnica di guida, terreni duri, sommano oltre 1.700 chilometri, certamente non una passeggiata dopo aver affrontato metà Dakar in condizioni pressoché limite in Bolivia.
La San Juan-Rio Cuarto, 750 chilometri e quasi 300 di Speciale, “punta” sul caldo e sulla noia della Pampa per appuntire la navigazione, e la Cuarto-Buenos Aires, 64 chilometri cronometrati soltanto, ma settecento di trasferimento che, alla fine del Rally sono una tortura, fisica e psicologica, delegano alla Pampa Argentina il compito di “minare” le residue risorse di tenuta fisica e psicologica dei partecipanti. Epilogo all’Automobil Club Argentino.
Promesse e… minacce a parte, questa sarà la Dakar più difficile tra quelle disputate in Sud America. Le ragioni sono il clima boliviano e l’altitudine, che limiteranno la capacità di recupero dei concorrenti in misura variabile ma certa.
Il gran caldo è presente, porta temperature e livelli di umidità record, e potrebbe essere ancora più insopportabile nella parte finale della Dakar 2017.
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