Dakar 2017. 2a Tappa. I leoni escono allo scoperto. A Loeb (Peugeot) vittoria e leadership

Dakar 2017. 2a Tappa. I leoni escono allo scoperto. A Loeb (Peugeot) vittoria e leadership
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Tappa “rude”, veloce e spigolosa. Ancora un “test “WRC” dal profumo poco “Dakariano”. Caldo infernale e velocità altissime, e qualche pericolo. Spettacolo KTM e Peugeot, con le vittorie di Price e Loeb
4 gennaio 2017

Punti chiave

San Miguel de Tucuman, 3 gennaio 2017. Ancora una tappa che non c’entra nulla con i “piani” e con lo spirito tradizionali della Dakar. Ma ormai nessuno se ne cura, non troppo almeno. La Dakar del terzo millennio sta abituando i suoi “clienti” ad un atteggiamento un po’ capriccioso, da viziatella incontentabile, ma tant’è, è proprio la più bella, l’ultima bellissima avventura e, si sa, quando perdi la testa non c’è ragione che tenga.

Quella delle tappe da WRC, come si scusa Marc Coma, il Direttore, è un po’ la svolta degli ultimi anni, da quando, soprattutto, il Perù è sparito dalla geografia possibile del Rally e, da un giorno all’altro, Tiziano Siviero si trovò costretto a ridisegnare la Dakar in meno di una mese. Arrivarono la lunghe cavalcate velocissime. Oggi non è esattamente la stessa cosa. Si parte dal Paraguay, dalla Capitale, e non si può pretendere che 500 concorrenti scendano le acque dell’omonimo fiume per raggiungere le parti “calde” del percorso. Per andare al freddo in Bolivia, infatti, si rischia di rimanere invischiati nelle trappole paraguaiane (verosimilmente riservate al futuro del gemellaggio Paraguay-Dakar), e per raggiungere le torride fornaci dell’Ovest argentino bisogna sciropparsi un po’ di pianure (e altre verrranno nel fonale, solitamente celebrativo della Pampa).

Quindi non c’è da lamentarsi, anzi, è il contrario, se nel giro di due giorni e con due crono corte, la Dakar liquida la rievocazione WRC. Tra l’altro dando modo agli appassionati di farsi un’idea dei “contenuti” che questa Dakar può fornire.

Se un anno fa la prima leadership dell’accoppiata Peugeot-Loeb aveva stupito, o per lo meno sorpreso, non per incredulità ma per la perentorietà dell’affermazione praticamente al debutto, quest’anno l’analoga dinamica non ha più niente di clamoroso ed emoziona ancor di più. Sébastien Loeb ha “messo giù” sin dal primo rettifilo della seconda Speciale, ed è passato in testa a tutti i waypoint della prova incrementando, con l’azione spettacolare e tremendamente efficace del fuoriclasse francese, il proprio vantaggio. La Speciale non era facile, non tecnicamente e nel senso della guida, ma in quello della sicurezza. Lunghi rettilinei, poche e “semplici” curve, polvere, buche, avvallamenti e sassi sulle piste in mezzo alla vegetazione sono gli elementi sparsi di una considerazione scarsa, soprattutto se si pensa che il rischio di mettere a repentaglio la corsa è spesso collegato a situazioni del genere, troppo rapide e poco tecniche.

In entrambe le categorie principali della corsa, la Dakar del secondo giorno ha spinto i suoi maggiori favoriti ad uscire allo scoperto. In modo anche un po’ esagerato rispetto alle reali necessità, forse, ma del resto la prima tappa non era stata un capolavoro di esecuzione proprio per gran parte di quei concorrenti attesi al varco del confronto. Con il secondo giorno di gara le caratteristiche della Gara si raccordano meglio allo spessore dell’impegno.

Nasser Al-Attiyah
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Il fatto che Loeb abbia battuto Al Attiyah è già un segno di evidente portata. Il “Principe!” del Qatar non le prendeva da tempo, quest’anno praticamente imbattibile in Coppa del Mondo, e non basta certo dire Loeb e dire Peugeot per “giustificare” il secondo posto della Toyota. Basta, invece, per confermare l’indole velocistica dell’umano e della macchina, esempio di rara efficacia sulle escursioni ad alta velocità. Dai un volante in mano a Loeb e farà faville, d’accordo, ma nessuna macchina da Rally, oggi a parte la 308 DKR, è capace di sfondare il muro dei duecento all’ora. Ecco spiegata con una certa facilità la prima vittoria della 3008 DKR. Certe macchine poi vanno sapute tenere, ma non saranno solo lunghi rettilinei, e non sarà finita lì, perché Al Attiyah non ha avuto un inizio di Dakar sereno e non tarderà a manifestarsi nella sua forma migliore. Non dimentichiamo che il Principe ha dovuto aprire la pista, seppure non di grande impegno di navigazione, per tutto il giorno. Possiamo prendere per buoni gli elementi emersi con la seconda tappa? Sì ma non liquidare la pratica. Non c’è da credere al ritardo delle Mini, la prima è sesta alle spalle di due Peugeot e tre “Toy”, così come non si può dare per sconfitto Al Attiyah. Il caldo delle prime due tappe è nulla in confronto al gelido inverno boliviano e alla torrida estate del deserto argentino, e la storia delle flange che favoriscono questo o quello è di lana caprina, perché se anche è possibile non è tassativo su tutto il fronte delle soluzioni tecniche e delle caratteristiche variabili della gara. Farà più danni il gran caldo, se continua così e se riscalda così gli animi!

Toby Price
Toby Price

Per lo stesso motivo, aprire la pista e navigare anche per gli inseguitori, il vincitore della prima delle moto, Joan Pedrero, non aveva molte chance di conservare la leadership. E infatti il pilota ufficiale Sherco è scivolato indietro e riparte da una più comoda posizione di partenza. Sono usciti allo scoperto, invece, tutti i piloti KTM, e soprattutto Toby Price, il vincitore dello scorso anno per una svista troppo indietro alla fine della prima frazione. L’australiano ha vinto e staccato gli avversari, nell’ordine al traguardo De Soultrait, Yamaha, e Paulo Gonçalves, Honda, ma il francese si è fatto nuovamente “beccare” dai radar e, pagando cinque minuti, cede la seconda piazza. La pioggia di autovelox colpisce tra gli altri anche Botturi e Michael Metge, non cambia drammaticamente la situazione in testa, e non la definisce. Al momento Price, Gonçalves e Sunderland guidano le danze, ma aspettiamoci il rientro di Walkner, dei piloti Husqvarna Quintanilla e Renet, e soprattutto di Joan Barreda, che oggi ha rischiato grosso sfiorando una mucca.

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