Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
È Martin Prokop il “quarto uomo” che viene dal WRC e che affronterà la Dakar 2016. Dopo Carlos Sainz e Sébastien Loeb, entrambi in forze al team Peugeot Total, e Mikko Hirvonen, introdotto alla disciplina dal Team X Raid di Sven Quandt, e senza mai dimenticare Nasser Al-Attiyah, il Campione in carica della Dakar nato agonisticamente nel deserto del Qatar ma che corre abitualmente nel WRC ed è in lizza per il Titolo della WRC2, ecco dunque arrivare Martin Prokop “presented by” Jean-Marc Fortin direttore di Overdrive.
Martin Prokop, 33enne cecoslovacco di Jihlava, ha debuttato nel Rally di Montecarlo del 2005, è stato Campione del Mondo WRC Junior nel 2009 e nelle ultime tre stagioni è sempre stato tra i dieci migliori Piloti del circuito WRC. Prokop ha effettuato un solo breve test in Marocco con la Hilux 2015, ma la prova è bastata a Jean-Marc Fortin per insistere e riuscire ad avere Prokop nella sua Squadra.
Un altro test è stato programmato a Chateau Lastours e, sempre dopo aver disputato il RallyRACC di Spagna, il Pilota ceco si trasferirà a Dubai per una nuova serie di “incontri ravvicinati” con gli scenari più tipici della specialità. Per la Dakar Prokop disporrà della Toyota Hilux “by” Overdrive, V8 benzina di 5 litri di cilindrata, nella stessa versione evoluzione già assegnata, tra gli altri, all’ex vincitore della Dakar Giniel De Villiers.
Jean-Marc Fortin, deus ex machina di Overdrive. Belga, di Huy, vicino Liegi, “solo” 46 anni. Sì, perché se si guarda al suo curriculum c’è da chiedersi come abbia fatto a infilarci così tante esperienze e avventure. Ex Meccanico, Tecnico, Pilota, Navigatore, dal WRC ai Rally Raid, e quindi Navigatore, Manager, Team Manager, Costruttore. Una doppia frequenza di onde di iper attività, tutte accordate sull’ottava più alta della passione. Ecco spiegata la ricchezza ed eccezionalità del curriculum. Oggi, quando si parla di Toyota dei Rally Raid, ci si riferisce a Overdrive, la Struttura di cui “J-M” Fortin è ideatore, fondatore e, naturalmente, Direttore, e che si appresta ad allestire ben 24 Macchine, la versione Hilux di Overdrive, per l’imminente edizione della Dakar Argentina-Bolivia. La struttura ha la sua base a Villers-Le-Bouillet, a una manciata di chilometri dalla città natale di “J-M”, e nei 1000 metri quadrati al coperto, più una vastissima area esterna, necessaria per “parcheggiare” i mezzi di assistenza del Team, accoglie tutte le attività di Overdrive, che sono concentrate sulla Dakar e sulla Coppa del Mondo Cross-Country Rally e Baja. Tutto questo inizia in tempi relativamente molto recenti. Correva, infatti, l’anno 2006…
Iniziamo da Prokop. Cosa ti ha spinto a volerlo nella tua Squadra?
«Bisogna vedere dove sta andando la Dakar, soprattutto quest’anno. Con il “ritiro” del Perù dalla scena dell’edizione 2016, il percorso che gli organizzatori si sono visti costretti a ricostruire prevede un tracciato atipico per la tradizione della Dakar. Non più le dune del Perù e gran parte della corsa che si svolge in Argentina, il passo verso un percorso più “WRC Style” è brevissimo. Altri Piloti “ex” WRC sono già presenti o sono appena arrivati, e non nascondo che ci ho pensato subito. Volevo un Pilota WRC con noi. Abbiamo parlato anche con altri Piloti, ma Martin mi è sembrato il più adatto di questi e molto motivato. I pochi Test he abbiamo effettuato, piccoli assaggi per la verità, ce lo hanno rivelato come particolarmente talentuoso e adatto al tipo di percorso e alla tipologia di gara che lo aspetta.»
Per la Dakar Prokop disporrà della Toyota Hilux “by” Overdrive, V8 benzina di 5 litri di cilindrata, nella stessa versione evoluzione già assegnata, tra gli altri, all’ex vincitore della Dakar Giniel De Villiers
Da dove vengono Jean-Marc Fortin e Overdrive?
«Non è difficile, in breve. Per quindici anni ho avuto una carriera dedicata ai Rally e al WRC, con 68 Rally disputati e con diversi Piloti come Gregoire De Mevius e Francoise Duval e Case anche ufficiali come Renault e Peugeot. Ho fatto la prima Dakar nel 2005. Ho iniziato con Krzysztof Holowczyc, con il quale avevo fatto due stagioni di WRC. Eravamo due novellini e abbiamo finito la nostra prima Dakar con una macchina che dovevamo riparare tutti i giorni, al bivacco e in pista. Poi siamo passati a una Nissan l’anno successivo. Peggio, noni in partenza in Portogallo e ritirati, finita la corsa in Marocco. A quelle condizioni, mi sono detto, allora vale la pena di pensare di iniziare a farlo da soli, pensando a tutto. A partire dalla costruzione della macchina. Con De Mevius avevamo un passato affiatato, e gli ho chiesto se gli andava di “rilevare” la sfida assieme a me. Così è nata Overdrive, con un progetto Dakar 2007. Applicando il rigore che avevamo distillato dal mondo dei Rally, abbiamo fatto crescere Overdrive, piano piano, a volte più speditamente e, 2006-2015, eccoci qua. Dai Rally abbiamo imparato a prevenire i guasti, piuttosto che ripararli una volta che capitano. Oggi, con l’esperienza acquisita e con quel rigore, sappiamo con una grande precisione quanto deve durare ogni singolo pezzo delle nostre macchine, e quando arriviamo al limite, voilà, si cambia. Ecco come si costruisce l’affidabilità delle nostre Hilux, ed ecco in sintesi la nostra storia. Se ci guardiamo allo specchio, vediamo una storia di successo, di grande impegno e di molto lavoro.»
In Marocco in funzione della Dakar, sette vetture. Quante pensate di portarne in Sud America?
«Almeno una in più. Quella di Martin Prokop, che sarà la nuova evoluzione della Toyota Hilux Overdrive, per intenderci la stessa che porterà in gara anche Giniel De Villiers. Alla Dakar avremo le sette vetture con i Piloti che hanno corso al OiLibya del Marocco, dunque, più l’ottava Macchina ufficiale di Prokop. E oltre, naturalmente, al nostro impegno con altre 16 Hilux Clienti.»
Si è “chiacchierato” molto di Petter solberg, l’attuale Campione del Mondo Rallycross ed Ex Campione del Mondo WRC. Che c’è di vero?
«Per fare chiarezza, ecco la situazione. Abbiamo parlato a lungo con Solberg, sì, e posso dire che siamo stati vicinissimi a un accordo. Ma non è per quest’anno, non per la prossima Dakar. Solberg ha i suoi impegni con il Rallycross e credo che abbia bisogno di più tempo per avvicinarsi alla disciplina dei Rally Raid. Avremo comunque il nostro Pilota ex WRX alla Dakar 2016. Arriverà con poca esperienza, certo, ma se guardiamo al percorso della Dakar, e soprattutto a quello della prima settimana, credo che anche un Pilota con poca esperienza specifica come Martin, ma con il “fisico del ruolo” possa interpretare alla grande la sua parte. Non gli mancherà certo la velocità, e semmai il problema più importante è quello di affiancarlo ad un navigatore con un’esperienza specifica. Non è tanto la navigazione o la meccanica, è il ruolo di “istruttore” del Pilota la parte più delicata del lavoro di un navigatore affiancato ad un Pilota WRC debuttante. E sì, è il quarto Pilota che viene dal WRC, dopo Sainz, Loeb e Hirvonen. Ma naturalmente non bisogna dimenticare al-Attiyah, il Campione in carica, che ha un’esperienza vastissima, che comprende anche il WRC.»
I motori BMW o Peugeot, che possono avere uno, due, anche tre turbo se volessero, sono avvantaggiati da grandi valori di coppia che noi non abbiamo, e lo dimostrano le tappe di dune, anche quelle del Marocco
Si “chiacchiera” del Team Overdrive. Se ne dice un gran bene, soprattutto per quanto riguarda le macchine, ma non altrettanto bene dei Piloti, ovvero si dice che per vincere Overdrive avrebbe bisogno di aria nuova. È vero?
«Direi che è come nascondere un albero nella foresta. Questo genere di analisi pare confezionato a bella posta dai nostri “concorrenti”. Se mettiamo De Villiers e lo stesso al Rajhi su una speciale dura e veloce, abbiamo dimostrato di avere la velocità. È una piccola “chiacchiera” per nascondere il fatto che abbiamo uno chassis assolutamente competitivo, ma che i regolamenti FIA penalizzano i nostri motori a benzina, sacrificandoli sull’altare delle emissioni in un contesto non realista. I motori BMW o Peugeot, che possono avere uno, due, anche tre turbo se volessero, sono avvantaggiati da grandi valori di coppia che noi non abbiamo, e lo dimostrano le tappe di dune, anche quelle del Marocco. Lì sappiamo che dobbiamo “subire”. Ora, o la FIA si decide a riequilibrare i regolamenti, oppure vuol dire che rinunceremo ai Rally caratterizzati dalle grandi dune come Abu Dhabi, Qatar, Egitto. Non siamo disposti a fare le marionette in queste condizioni, non scherzo. La vita è breve e possiamo stare anche un po’ di più a casa, e fare la Dakar, il Silk Way, la Cina, e tutti quei Rally dove i nostri Piloti, e soprattutto i nostri Clienti, sono iper soddisfatti della nostra Macchina.»
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell’Hilux Overdrive?
«Come dicevamo, fondamentalmente noi abbiamo un ottimo telaio, una “ciclistica” superiore a quella per esempio delle Mini. Il nostro svantaggio è il motore a benzina, che non ha la coppia necessaria per vincere nelle tappe di dune. Nel rapporto con le Peugeot, il confronto è difficile. È impossibile confrontare genericamente un 4x4 e un buggy. In certe situazioni sono migliori i primi, in altre i secondi.»
Ma la Dakar Argentina-Bolivia “only” può restituirvi un certo vantaggio?
«È chiaro che il nuovo tracciato della Dakar 2016 è un buon percorso per le nostre Toyota. Bisognerà vedere come si andrà in altitudine, ora che abbiamo un millimetro di diametro della flangia. Sicuro che la seconda settimana di Corsa sarà difficile, certamente più difficile della prima, ma bisognerà vedere come saranno le tappe di Fiambala, e come le tappe su terreni più duri, se con più o meno pietre, terreni sui quali Peugeot sembrano comportarsi molto bene.»
Pensi dunque che ora le Peugeot siano “arrivate”?
«Si vede chiaramente che le Peugeot sono migliorate enormemente rispetto alla 2008 DKR del debutto. Telaio e velocità, ora resta ancora da verificare l’affidabilità. Sembra che vada bene anche quella, ma non direi che possono avere il nostro livello di affidabilità. Noi corriamo tutto l’anno, facciamo il Campionato del Mondo, abbiamo vinto al Sertoes in Brasile. Il nostro livello di affidabilità consente di avere una grande fiducia sulla Macchina. Ho visto “passare” le Peugeot. In velocità, sulle pietre, sulle dune. Sono impressionanti e hanno evoluto molto, ma bisogna vederle sulla distanza della Dakar, e di una Dakar come quella che ci aspetta, apparentemente più 4x4 “oriented”.»
Le Peugeot sono migliorate enormemente rispetto alla 2008 DKR del debutto. Telaio e velocità, ora resta ancora da verificare l’affidabilità
Pensi, con un Pilota “ideale” per questo tipo di percorso, di poter vincere la Dakar?
«Voglio rispondere alla tua domanda in maniera trasversale. Se mettiamo Nasser Al-Attiyah, per esempio, sulla nostra Macchina dell’anno scorso, penso che la Dakar la vinciamo noi. Nasser è un Pilota bravissimo, considero Nasser, Carlos Sainz e Stephane Peterhansel i più bravi nell’ordine. Sono i tre più bravi. In seconda linea ci sono De Villiers, Al Rajhi, e forse Nani Roma e un altro. Certo, sarebbe meglio avere uno dei top tre nella propria Squadra.»
Dunque il problema è avere un buon motore diesel, o è molto difficile svilupparlo?
«Il problema è questo. Volkswagen ha detto che non torneranno alla Dakar, perché dovrebbero confrontarsi con il migliore motore diesel al mondo, il biturbo BMW. Per regolamento dobbiamo utilizzare un motore proprietario, e Toyota non ha mai avuto una tradizione di motori diesel in questo senso performanti. Altri concetti commerciali e altri mercati. Toyota ha buonissimi motori a benzina, e noi utilizziamo quelli. Ma il problema resta quello di chiedersi perché favorire il motore diesel, che non ha nessun primato in senso ambientalista e di inquinamento. Il Mondo intero l’ha capito, ma non la FIA. C’è poi da ricordare che la tecnologia dei Benzina è più semplice deli diesel, e per noi, che non abbiamo il supporto diretto della Fabbrica, è una situazione decisamente più facile da gestire.»
Performance e affidabilità. Voi parlate di Hilux 2015 perché partite dalle macchine più collaudate e avete fermato lo sviluppo anzitempo per garantire la massima affidabilità?
«Per la verità l’evoluzione non si ferma mai. La Macchina utilizzata da Di Villiers in Marocco, per esempio, è la versione 2016, con lo stesso motore ma con una piccola evoluzione di tecnologia in più, un nuovo cambio, e questa sarà la versione 2016 che sarà utilizzata anche da altri Equipaggi alla Dakar. Il telaio, per contro, resta perfettamente lo stesso.»
Fin dove arriva il contributo di Toyota?
«Prima avevamo lavorato con Nissan poi, poiché la persona che collaborava con noi era passata a Toyota, nel 2011 abbiamo effettuato anche noi lo switch verso Toyota. Alla prima Dakar abbiamo ottenuto subito un quarto e un quinto posto, che non è affatto male per un inizio. Siamo arrivati a Toyota perché lavoriamo molto con il Sud Africa, e là esiste un Campionato nazionale e c’era già una vettura sviluppata per fare le Baja. Così noi prendiamo la base di quella macchina e l’adattiamo all’impiego nei Rally Raid. Dal 2007 abbiamo una partnership con il Sud Africa, e continuiamo a lavorare a stretto contatto di gomito con i tecnici sudafricani.»
E il Giappone?
«Toyota Giappone interviene molto limitatamente. E infatti, se si guarda al panorama tecnico dei Rally Raid, bisogna riconoscere che riusciamo a fare molti miracoli. Gli altri Team, infatti, lavorano con dei “Factory” budget che consentono loro di arruolare i Piloti migliori, noi lavoriamo soprattutto in funzione dei Piloti Clienti. Se pensi a un Al Rajhi, un Pilota bravo e in crescita, per esempio, anche lui deve arrivare con la “valigia”, la problematica è più chiara. Gli altri Costruttori, invece, possono servirsi dal vassoio delle coppe di champagne. Anche per questo sentiamo il dovere di fornire sempre il materiale migliore ai nostri Piloti. È un po’ frustrante, ma è così. Sappiamo che il Giappone non ha una grande storia nel Motorsport, e che per riuscire ci vuole uno spirito latino. È una cultura e una filosofia differenti. Spero comunque di poter avere un vero aiuto, un giorno. Per una Fabbrica, decidere di entrare in questo Mondo è difficile, e il rischio è quello di lavorare un anno o due su delle cose che non funzioneranno mai. Obiettivamente è molto meglio partire da una struttura che ha già una buona esperienza basata su metodi e risultati collaudati.»
Sappiamo che il Giappone non ha una grande storia nel Motorsport, e che per riuscire ci vuole uno spirito latino. È una cultura e una filosofia differenti. Spero comunque di poter avere un vero aiuto, un giorno
Per sommi capi il lavoro della struttura di OverDrive.
«È una struttura complessa, che sui campi di gara si articola sul Team Ufficiale, da una parte, e un Servizio Competizioni Clienti, solo logisticamente separato dal Main Team. Questo significa poter offrire lo stesso livello di qualità del servizio globale, sintonizzato sulle diverse lunghezze d’onda degli Equipaggi. In Marocco, per esempio, avevamo sette vetture Overdrive e una diecina di Macchine Open e Clienti, e un totale di 40 persone tra tecnici, manager e assistenti. C’è moltissimo lavoro, come si può immaginare, e una grande necessità di flessibilità. Io, per esempio, oltre alle mansioni ”istituzionali” mi occupo, essendo stato navigatore, anche di svolgere la funzione di Map Man e quindi dello studio della cartografia in funzione del road book. Vuol dire dormire al massimo quattro o cinque ore per notte, e svegliarsi ogni ora e mezza per ricevere le mail con i dati he ci servono per il lavoro e reindirizzarle ai responsabili di settore. Ma va bene così.»
C’è molto stress?
«È il lavoro quotidiano. Più che stress è una routine infernale. Partenze a arrivi di ogni Prova Speciale, e durante la Tappa gli occhi e la testa puntati su un ipad per seguire l’evoluzione della corsa sulla base dei parziali forniti dall’Organizzazione e i dati di terreno che abbiamo dedotto. Di “stressante” c’è questa macchinetta nera, il telefono satellitare, che ho sempre con me. Le chiamate vengono solo dagli Equipaggi delle vetture in corsa, e quando suona vuol dire che la vettura è ferma e almeno il navigatore si è già tolto il casco. Quando suona il telefono satellitare vuol dire che c’è un problema.»