Dakar 2016, si fa sul serio: comandano Price e Al Attiyah

Dakar 2016, si fa sul serio: comandano Price e Al Attiyah
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Dopo la giornata di riposo la Dakar cambia marcia. Arrivano sabbia, dune, navigazione a go go. A Belen un nuovo vincitore di tappa, Nasser Al Attiyah, un nuovo leader, Peterhansel, acuti, jolly e colpi di scena
12 gennaio 2016

Belen - Quando arrivano 390 chilometri di Prova Speciale a 50 gradi all’ombra, la sabbia e il fuoripista, e la navigazione con note serrate e cap stretti in successione, vuol dire che si è nel pieno della Dakar. Non si scherza più, ammesso che qualcuno abbia pensato di farlo, e tutto quello di terribile che è già passato finirà per essere quasi un piacevole ricordo. Salta è stato lo spartiacque di questo cambiamento, e da ora in poi non è più lecito pensare che potrebbe anche andar bene. Per farla andare bene, la Dakar, questo è il momento in cui si deve dimostrare di saper soffrire. Oppure che quest’inferno capace di spezzare le ossa al più coriaceo degli avventurieri, in fondo non ci tocca. Strano dirlo, ma c’è anche gente così. Prendiamo Diocleziano Toia. Non è un Campione riconvertito, e neanche un Campione. È uno che si è appassionato e piano, piano, imparando, allenandosi e andando a correre in funzione del grande obiettivo, alla fine è riuscito a schierarsi alla partenza dell’edizione dello scorso anno e, soprattutto, a sfilare sul podio d’arrivo di Buenos Aires.

Diocleziano Toia, pilota Vero

L’anno scorso Diocleziano aveva dovuto sottoporsi a uno stressante tour di force meccanico per far sì che la sua moto, un usato glorioso ma abbastanza “masticato” lo portasse fino all’arrivo. La sera a Rosario disse che gli sarebbe piaciuto tornare, ma che lo avrebbe fatto solo con una moto nuova, a posto. Così è stato, Toia è ripartito con una Husqvarna 450 Rally nuova fiammante, e la sua vita, pur sempre la dura vita del partecipante Malles Dakar, ovvero assistenza in proprio e un’unica cassa metallica con tutti i pezzi e le cose necessarie, è cambiata. A Belen Toia ha affrontato la prima tappa delle Trilogia dell’Inferno, tre giorni in successione micidiale con il compasso puntato a Fiambala, la fornace. Tutto bene. Oddio. La moto presa nella schiena dopo una rovinosa caduta non è tutto bene. Ma Toia effettivamente riesce a vederla così. Se si fosse rotto le costole quel dolore sarebbe aumentato fino a diventare insopportabile. Invece è solo una botta. Bene. La tappa è stata micidiale, in mezzo al deserto vero e senza un alito di vento? No, non proprio così, siamo stati accompagnati da una nuvola che ci ha protetti dalla violenza dei dardi proprio durante il passaggio più brutto. “Quando succede così, ti salva la vita!”. E a mezzanotte è ancora seduto sulla sua cassa che finisce di evidenziare il road book, e chiacchiera in varie lingue con i colleghi dell’Avventura, ride e ha una parola buona per tutti, anche per il rompicoglioni che passa a distruibuire sapienza. Questo è un tipo di Pilota Dakar, il Pilota-Gli-Fa-Un-Baffo, uno che appartiene ad una delle categorie dei “Veri”.

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Sempre a Belen, e sempre parlando di gara delle Moto, ci è venuto in mente il “Pilota-Jolly”. A Belen ha vinto Toby Price, l’australiano che ha debuttato lo scorso anno con un terzo posto assoluto, e che quest’anno ha vinto già quattro tappe conquistando, proprio oggi e anche con il “supporto” degli errori degli avversari, la leadership della Corsa. Il Pilota-Jolly è Paulo Gonçalves, il portoghese che a Salta era in testa alla Dakar e che due anni fa vide andare a fuoco la sua nuova moto, accesa dalle sterpaglie secche della Pampa argentina. Un disastro, pagato carissimo e che ha lasciato una ferita nel morale, per fortuna rimarginata in fretta. Il primo giorno Paulo Gonçalves è rimasto in panne. La sua Honda ferma, pare, per un problema elettrico. Una di quelle stupidaggini che possono costare una Dakar. Per fortuna arrivò Paolino Ceci, angelo custode e “gran lavoratore”, che trainò lo sfortunato compagno di Squadra fino all’arrivo, 300 chilometri. La tappa, come sapete, fu poi annullata a causa della tormenta di vento e pioggia, e così Paulo poté ripartire il terzo giorno come se non fosse successo nulla. Oggi, tappa da Salta a Belen, Gonçalves conservava un vantaggio esiguo sull’arrembante australiano, ma pur sempre un vantaggio.

Barreda lascia da solo Gonçalves

Poche strategie a disposizione, deve confrontarsi con un Pilota una Squadra che hanno 15 anni consecutivi di successi alla Dakar. Poco tempo dopo la partenza, Paulo Gonçalves completa il quadro della sua “solitudine”. Barreda, che avrebbe potuto diventare un supporto basilare della battaglia di Gonçalves, ha preferito andare a casa, al contrario di Paulo, dopo 500 chilometri al traino del “solito” Ceci. Difficile giudicare la scelta di Barreda. Venire per vincere e rimanere a piedi è un boccone che va masticato a lungo perché possa andar giù. Rimanere e far da tappo agli assalitori del compagno di Squadra sarebbe un bel gesto, ma ci vuole lo spirito giusto, che sicuramente Barreda non ha in questo momento. Resta Metge, il nuovo arruolato dalla Squadra per proteggere le spalle dei Piloti di punta. E resta quel filo elettrico (diciamo per dire, ma magari è proprio un filo), che ferma anche la sua Moto. Gonçalves è solo, non gli resta che spingere più che può, resistere agli attacchi degli avversari e spingere per fare una differenza. ma quando si spinge forte si aumentano anche i rischi, e così Paulo è caduto in una pista veloce di pietre smosse. L’insaccata della moto decollata un attimo prima su un ostacolo, il rimbalzo e la compressione, la moto si scompone e catapulta via il PIlpota, che cade rovinosamente. È il tipo di incidente che può avere conseguenze serie. Ma non è successo nulla.

Messi a confronto due Piloti come Price e Gonçalves, stazze e caratteristiche di guida diverse, ma identica “statura” agonistica, il risultato è che per Svitko e Quintanilla, gli immediati inseguitori, restano ben poche chance

Ecco l’ultimo jolly giocato da Gonçalves. Adesso deve farcela, e proprio perché ha giocato i suoi Jolly, adesso può contare su una motivazione in più per mettercela tutta. Certo, la battaglia è ancora lunga e sarà certamente aspra, ma Gonçalves non si è mai tirato indietro. Messi a confronto due Piloti come Price e Gonçalves, stazze e caratteristiche di guida diverse, ma identica “statura” agonistica, il risultato è che per Svitko e Quintanilla, gli immediati inseguitori, restano ben poche chance. È molto più correto, dunque, che la Dakar si incanalerà su due diversi confronti, quello per il successo, limitato a Price e Gonçalves, e quello per il rimanente gradino del Podio di Buenos Aires, che vede coinvolti Svitko e Quintanilla, appunto, ma che potrebbe strascinare anche Benavides, Meo e Rodrigues.

Auto, il risveglio del Re

Auto. Si rivede Al Attiyah, che vince la prima tappa “desertica” con la Mini. E chi se lo scorda? Chi può non tenere nella massima considerazione il Principe del Qatar e Campione in carica con la Mini e in compagnia di Mathieu Baumel? Ma bisogna iniziare obbligatoriamente da Sébastien Loeb, che oggi ha fatto la sua prima passeggiata all’inferno, completa. Il Fuoriclasse alsaziano, che era in testa alla generale dopo gli exploit della prima settimana di Gara, aveva più di un’incombenza. Affrontare il suo secondo turno da apripista, ma questa volta con una navigazione ben più importante, mettersi in gioco nel passaggio delle dune e, naturalmente, resistere agli attacchi inevitabili di almeno un paio di Piloti, Nasser Al Attiyah e Carlos Sainz. Non è andata benissimo, e il conto è salato. Per prima cosa Loeb si è insabbiato, e ha scoperto, insieme a Daniel Elena cosa vuol dire tirar fuori una Macchina da quelle condizioni. Quindi, nel tentativo di recuperare terreno, Loeb ha spinto a fondo la 2008 DKR, fino però ad esagerare e buttare tutto via a pochi chilometri dal traguardo, quando la sua Peugeot è andata in tonneau.

Loeb avrebbe forse dovuto sapere, che quando parte un attacco della portata di quello di oggi, è meglio starsene calmi e rimandare al giorno dopo qualsiasi “progetto”

Loeb scende all'Inferno

Loeb avrebbe forse dovuto sapere, che quando parte un attacco della portata di quello di oggi, è meglio starsene calmi e rimandare al giorno dopo qualsiasi “progetto”. Recuperare ad Al Attiyah, ma anche al super motivato compagno di Squadra Carlos Sainz, il ritardo concesso per un errore è un’operazione semplicemente impossibile. E allora viene il momento di imparare che la Dakar è una corsa che non si vince in un giorno, e tanto meno il giorno che si vuole. Bisogna stare lì, certamente, ma saper anche aspettare quel momento particolare in cui spingere e attaccare può avere un esito davvero favorevole. Ne sa qualcosa Stephane Peterhansel che, nonostante la tappa difficilissima e minata da una foratura, è riuscito a riprendere in mano la situazione e, addirittura, a riconquistare la leadership della Dakar 2016. Certo si parla bene, e a Sainz allora cosa avremmo dovuto consigliare, di andare piano? Se l’avessimo fatto e se il Campionissimo ci avesse dato retta, cosa per fortuna del tutto improbabile, oggi ci saremmo persi una delle sue più belle tappe al volante della 2008 DKR e non potremmo vederlo di nuovo completamente in corsa per il successo finale, a poco più di due minuti soltanto da “Peter”.

Quindi lasciamo stare, e godiamoci la più grande battaglia dei motori. Altre cose? Sì. La bellissima tappa di Cyril Despres, molto apprezzato da Bruno Famin, direttore del Progetto Peugeot Dakar e del Team Peugeot Total, quarto assoluto al traguardo di Belen. Quindi vorremmo ricordare che siamo in piena trilogia del deserto. Dopo Salta-Belen, è la volta dell’anello di Belen, e quindi della Belen-La Rioja. Tutto nella fornace di Fiambala, che quest’anno sarà “sfruttata” fino alla sua ultima, remota duna incandescente.

Foto: ASO/ @World/ A LAVADINHO/A VIALATTE

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