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Peugeot riunisce un piccolo “briefing” al termine della presentazione della Dakar 2016 Argentina Bolivia. Il movente, naturalmente, è la definitiva configurazione dell’accordo tra il fuoriclasse e Peugeot, con un programma che copre tutta la stagione 2016 del campionato del Mondo Rally Raid e la Dakar 2017. È un accordo molto importante, e abbiamo già detto perché. Ma l’ondata di notizie magnifiche e per certi versi clamorose con cui Peugeot ha travolto la scena della Dakar lascia in disparte non solo la 2008 DKR16, che intanto conclude la stagione dei test e si appresta vestire i panni definitivi per la Maratona motoristica per definizione che inizia il 2 gennaio prossimo, ma porta nell’ombra anche il Pilota che è non solo la storia della Dakar ma il suo irraggiungibile recordman. Cominciamo noi a fare giustizia!
Qui è pieno di Campioni del Mondo, si parla della Dakar, delle nuove macchine, dei Campioni che arrivano da altri mondi. Dal WRC, per esempio. Qualcuno sembra dimenticare che c’è ancora “Monsieur Dakar”, qua in giro.
Che pensi di tutto ciò?
«Beh, penso piuttosto bene. Che è un bene per la disciplina che ci sia un rinnovamento di Piloti. E quando si pensa a Sébastien che ci raggiunge, lui che è una superstar del motorsport nel mondo intero, è un bene per la disciplina e per la Dakar, per i media interessati. Dunque un bene per tutti. Poi, come sai, per quanto mi concerne, non faccio le corse per essere riconosciuto, per passare alla televisione, quindi se Loeb catalizza la parte media, la cosa non mi disturba affatto. Quello che è importante è che in generale si parli di più della Dakar, e che arrivino dei Piloti dai Rally tradizionali. È molto importante per la disciplina.»
Nella tua vita agonistica sei stato tranquillo almeno nel 90% dei casi. Oggi questa è l’attitudine si nota anche in un altro Campione come Nasser Al Attiya, che si dice niente affatto preoccupato e pronto a difendere il suo primato. E tu, sei ancora altrettanto tranquillo? Come va, insomma?
«Intanto va meglio dello scorso anno. Abbiamo fatto dei progressi. Non siamo ancora perfetti, siamo caduti nella piccola trappola degli organizzatori che ci hanno preparato un percorso, alla fine non troppo adatto a noi, ma bene, è così. Certi anni va bene a un certo tipo di veicolo, certi altri anni è buona per altri mezzi. Ma certo quest’anno sarà un po’ particolare. Non troppo deserto, poche dune, e soffriremo, ma in ogni caso quest’anno avremo una Macchina che è molto più piacevole da guidare, più performante, e dunque sarà per prima cosa un piacere. Certamente sarà complicato battersi con le Mini, ma bisogna procedere step by step. Se non dovesse andare bene già quest’anno abbiamo ancora una chance per l’anno successivo. No, direi che non sono preoccupato, e ancor meno dopo i test della settimana scorsa, che sono andati bene.»
Nel Motorsport non ci sono miracoli. Non sono miracoli, è lavoro. Il lavoro paga, e allora vengono i risutati. Non puoi dire “si fa così”, e vincere. No, devi lavorare, perché non avvengono di questi miracoli
Non pensi che avreste dovuto avere più tempo per definire la macchina. Voglio dire, la nuova 2008 DKR16 arriva praticamente a un mese dalla Dakar…
«Questo è sicuro. Sin dall’inizio del programma Peugeot, ci è sempre mancato del tempo. Si corre dietro al tempo, si finisce al limite. Ma sarebbe stato difficile fare meglio. Dopo la Dakar 2015 abbiamo deciso cosa andava bene e cosa no, e si è ripartiti nella nuova direzione. Disegna la macchina, costruisci i pezzi, assembla il prototipo, ed eccoti al mese di agosto per la prima uscita, giusto una settimana dopo il mio compleanno. Restano tre mesi, meno di quattro per metterla a punto. È correre, correre, correre dietro al tempo. Ed eccoci, arriviamo al limite. Non è stato come costruire una macchina ripartendo da zero, ma quasi. Penso che, finalmente, il terzo anno sarà quello più “relax”, perché avremo questa 2008 DKR16, che svilupperemo ancora un poco, certamente, e saremo davvero pronti per la Dakar del 2017.»
Oggi, quando arrivi in cima a una duna, trovi un tavolo da camping con delle birre sopra. Non è come in Africa, ma nonostante questo restano delle cose in comune. I paesaggi, per esempio, magnifici, la difficoltà, che è sempre presente e l’adrenalina della competizione
Quindi il programma assume una dimensione reale, e rientra nella logica della Dakar?
«Sì, diciamo che la logica è rispettata. Non ci fanno i miracoli alla Dakar! Quello che ho sempre detto. Nel Motorsport non ci sono miracoli. Non sono miracoli, è lavoro. Il lavoro paga, e allora vengono i risutati. Non puoi dire “si fa così”, e vincere. No, devi lavorare, perché non avvengono di questi miracoli.»
E tra voi, in questo “casting” di campioni del Mondo, funziona bene?
«Sinceramente, sì. È un Team veramente saldato, tutti lavorano per migliorare la macchina, per realizzare la macchina migliore. Con Sébastien c’è una bella atmosfera. Ha una grande volontà, e credo che abbia anche lo spirito giusto per i Rally Raid. Non ha paura di infilarsi nelle difficoltà, nella sofferenza. Non ha paura di passare la notte nel deserto. Direi che non ha veramente lo spirito da circuito, da superstar, da umbrella girls. Direi che ha più uno spirito da avventuriero, e che sa adattarsi molto bene. Carlos lo conosciamo, è un po’ un re, ma la relazione è molto buona. Ci parliamo molto, si lavora sulla macchina, e l’atmosfera è molto buona. E con Cyril, infine, non possono esistere problemi. Sì, direi proprio che l’atmosfera all’interno del nostro Team è molto bella! Inoltre abbiamo ben altro da fare che “battagliare” tra di noi, prima di tutto il problema comune di fare bene.»
Avventura, avventura, avventura. Ma in verità, cosa resta dell’avventura della Dakar oggi?
«Quando vedi le immagini della presentazione, vedi delle bellissime immagini che danno l’idea dello spirito dell’avventura, delle difficoltà. Ma resta in effetti la grande difficoltà, la Dakar non è mai facile, è sempre complicata. Forse un po’ meno oggi rispetto alla Dakar in Africa, ma resta in ogni caso una corsa che se vuoi portarla alla fine devi dare molto di te, dare della tua persona, affaticarti, prendere dei rischi. Resta comunque una corsa dura, questo è sicuro. Poi, l’avventura. Io dico che oggi, quando arrivi in cima a una duna, trovi un tavolo da camping con delle birre sopra. Non è come in Africa, ma nonostante questo restano delle cose in comune. I paesaggi, per esempio, magnifici, la difficoltà, che è sempre presente e, ecco, c’è l’adrenalina della competizione, della velocità, che è sempre alta. E poi, diciamocelo, noi abbiamo una bella fortuna! Abbiamo dei veicoli fantastici, siamo Piloti. Ci danno dei “giocattoli”, che non sono dei giocattoli perché ci lavorano sodo per realizzarli, che sono fantascientifici. La fortuna che abbiamo noi di poter guidare dei veicoli così nel deserto, sulle piste, è favolosa! È molto, molto piacere, e continua a dare la voglia di farlo.»
È ancora una bella cosa, insomma?
«Sì, io trovo di sì.»