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A un certo momento, forse anche a causa poche notizie “concrete” sulla Dakar che verrà, per di più fornite con il contagocce, altri argomenti hanno preso il sopravvento. Uno di questi è la “visione a medio termine” che caratterizza il nuovo accordo tra Peugeot e Sebastien Loeb. Per il fuoriclasse alsaziano è la fine del matrimonio idilliaco con Citroen, l’abbandono del WTCC dopo due stagioni in crescendo, e un posto “fisso” nel Team Peugeot Total impegnato nel programma Dakar e Coppa del Mondo FIA Cross-Country Rally. Niente di più logico, a pensarci bene.
Citroen e Peugeot, infatti, fanno parte dello stesso Gruppo PSA, la pista finisce sempre per stare un po’ “stretta” a chi ha sete di sfide e di avventura, e la Dakar e i Rally Raid appartengono a una disciplina piuttosto atipica ed esigente, difficile da conciliare con un programma a mezzo servizio e sprecata se si intende affrontarla episodicamente. Ma i tasselli sono andati tutti al loro posto, e in fretta, solo pochi giorni fa, e proprio in concomitanza con la presentazione della 38ma edizione della Grande Sfida del Deserto che si correrà dal 2 Gennaio in Argentina e Bolivia, che da ora è solo la prima parte del programma di Sébastien Loeb.
Molti cambiamenti in pochissimo tempo. La Macchina, la nuova Peugeot 2008 DKR16, la decisione di correre con Peugeot alla Dakar e nella Coppa del Mondo 2016, un programma completo.
Di base, pochissima esperienza. Come descriveresti gli effetti di tutti questi cambiamenti, quasi improvvisi?
«Sì, in effetti sono successe molte cose in poco tempo. Si possono però sintetizzare dicendo che sono cose che arricchiscono, e che mi consentiranno di imparare molto. Siamo partiti da zero nei Rally Raid, con una Macchina nuova. Urgente la necessità di adattarsi alla macchina e alla sua guida, alle dune. Le dune, non lo avevo mai fatto prima in vita mia. Dunque era necessario adattarsi alla nuova condizione. È vero anche che, dal punto di vista della guida pura, ha funzionato piuttosto bene da subito, soprattutto con la nuova 2008 DKR16 che da molta fiducia».
«È molto performante, e mi sento molto bene nel suo abitacolo. Se poi il ritmo è giusto questo ancora non lo so ed è difficile da giudicare perché non ho riferimenti. Ma non li cerco, veramente, cerco di guidare come mi sento. Vedremo alla Dakar come funziona. Quello che si deve dire oggi è che la cosa più complicata lì dentro è la navigazione. Soprattutto per Daniel che non ha nessuna esperienza. Si parte da zero, niente a che vedere con il WRC, e questo finisce per esigere molto lavoro, molte cose da capire, e anche con tutta la più buona volontà del Mondo non è facile arrivarci, in ogni caso arrivare all’esperienza che hanno i “pro”».
È comunque molto interessante e bello che tra un navigatore di esperienza e un amico tu abbia scelto l’Amico senza alcun dubbio…
«No, invece, qualche dubbio l’ho avuto. Addirittura, all’inizio, non pensavo che sarei partito con Daniel Elena. Pensavo che avrei iniziato con un navigatore d’esperienza, un “pro”. Ma i “veri” professionisti erano tutti sistemati, e gli altri a quel punto non mi davano la sicurezza di essere così migliori di Daniel. Il vantaggio di partire con lui è che possiamo costruire insieme e… beh, prima ancora è che con lui la storia è certamente più simpatica, più che farlo con qualcun altro, questo è sicuro. Ci conosciamo da così tanto tempo, se devo lanciargli un urlo so che lo posso fare, abbiamo l’abitudine a lavorare insieme. Dal punto di vista del lavoro vero e proprio, so che posso chiedergli quello di cui sento di avere bisogno. Forse con un copilota professionista, per quanto bravo, questo potrebbe non essere possibile. Potrei chiedere il conto alla rovescia dei metri che precedono la nota, quattrocento, trecento… e sentirmi dire che non ne ha voglia o che non ha il tempo. Non conoscendolo dovrei acconsentire, ok, mentre con Daniel è sicuro che, se anche non avesse il tempo, troveremmo l’alternativa per funzionare bene insieme. Sicuro che ci manca l’esperienza, ma so che abbiamo la stessa voglia di trovare la maniera per far funzionare il sistema».
In circuito lavori molto sui dati, sui millimetri, alla Dakar bisogna utilizzare molto l’intelligenza
Mi pare che il contesto non semplifichi le cose. Rispetto al WRC, il Rally Raid è molto più complicato e, in un certo senso, approssimativo, improvviso…
«Sì, è questo. Si parte in un contesto nel quale si sa che possono succedere moltissime cose, con l’imperativo di fare in modo che ne succedano il meno possibile. Bisogna sapere adattare il ritmo, fare in modo di commettere meno errori, parlo anche del copilota, o comunque di farne di non gravi, sapere quando è il momento di fermarsi. E ancora, bisogna che la Macchina sia affidabile, ma che noi si sia in grado di gestirla in certe situazioni, evitando che si possa rompere di conseguenza o subito dopo. Tutte queste sono cose che dovremo fare adesso, bisognerà capire tutto questo. Sarà forse lungo, non necessariamente già tutto lì il primo anno».
Nonostante tu sia un Super Campione, tu abbia vinto e stravinto tutto, infranto dei record “enormi”, si è portati ad avere l’impressione che più della grande, nuova sfida, tu sia ancora spinto da un’enorme passione per il volante, per la guida. È così?
«Sì, è proprio così. Mi piace guidare. È andata così. Dopo tanti anni avevo voglia di smettere con i Rally, ma non di fermarmi. Mi erano piaciute le corse in pista, e così ho deciso di andare un po’ più lontano con il WTCC e Citroen, per due anni. È così. Il WTCC sta qui, i Rally Raid e la Dakar stanno là. Sono due cose molto diverse, distanti tra loro, ma giustamente mi piace l’idea di andare scoprire nuovi modi di guidare. In più, la Dakar offre un lato “riflessione” molto interessante. In circuito lavori molto sui dati, sui millimetri, alla Dakar bisogna utilizzare molto l’intelligenza. E poi la varietà delle componenti: la navigazione, la distrazione dei paesaggi, la diversità dei terreni, direi un lato avventura che è molto attraente. Il piacere di guidare, dunque, ma anche la corsa, l’adrenalina, la motivazione. Dunque è anche una sfida, di sicuro. In questo è un po’ come quando mi sono avvicinato al WTCC. Sapevo che sarebbe stato complicato, e lo è stato. Con il nome che ho tutti si aspettano che io vinca sempre tutto, ma quando arrivi in un Campionato del Mondo, come è il WTCC, e trovi gente che lo fa da anni, è complicato. E per me, essere secondo nel Campionato del Mondo, dietro a Lopez che va fortissimo ed è difficile da battere, ma davanti a Mueller che è stato Campione del Mondo, direi che non è così male dopo due anni soltanto. La Dakar è così. Ci vado per il piacere della scoperta, del piacere, del divertimento, ma se non ci fosse la performance non mi piacerebbe. Oggi io e Daniel ci confrontiamo ad handicap, so che se partissi, per esempio, con un navigatore come Cottret, potrei concentrarmi solo sulla guida, e forse sarebbe meno complicato che con Daniel, con gli inevitabili dubbi e la necessità di partecipare alle sue decisioni senza potergli delegare tutto il 100%, ma se vogliamo costruire qualcosa insieme, questo è il modo e il momento di farlo».
C’è voglia di progredire nei Rally Raid, di formarci e di capire, di fare progressi
Il piacere di guidare, il piacere di correre e di vincere. E adesso, credo, anche il piacere di essere al centro di un progetto Peugeot Sport bellissimo, immenso, a tempo pieno. Si va fino alla Dakar 2017. Vuol dire che, nonostante le difficoltà e le incertezze sicure, il progetto ti piace così tanto?
«Beh, intanto, se si fa un programma oggi, indipendentemente dalla firma di un contratto e con le cose che si evolvono in modo così rapido, vuol dire che c’è un obiettivo più avanti. La Dakar di quest’anno, la Coppa del Mondo 2016, e quindi la Dakar 2017, evidentemente. C’è voglia di progredire nei Rally Raid, di formarci e di capire, di fare progressi, di essere più vicini quando arriverà la Dakar 2017».
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https://www.peugeot.it/
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