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Stephane Peterhansel e la Peugeot 2008 DKR hanno vinto la 38ma Edizione della Dakar Argentina-Bolivia. Sembra ormai una notizia “vecchia”, ma se il clamore dell’evento ha bruciato le sensazioni, la sostanza di un'opera che ha il sapore dell’impresa leggendaria è ancora tutto da gustare. Ha vinto “Peter” a 25 anni dal primo successo personale con la Moto, ha vinto Peugeot 25 anni più uno dalla fine della leggenda Peugeot Grand Raid degli anni dal 1987 al 1990. Non so se è giusto dire “soprattutto”, ma l’impresa nell’impresa è… soprattutto il fatto che Peugeot abbia fatto centro al secondo colpo, un anno dopo il debutto con la 2008 DKR “prima versione”
«La buona notizia, in effetti – dice Bruno Famin, ingegnere capo del progetto Peugeot 2008 DKR e Manager del Team Peugeot Total, ovvero il vertice della piramide che ha vinto la Dakar delle Auto con Stephane Peterhansel – è che tutti adesso sanno che la 2008 DKR è una Macchina competitiva!»
In questa Dakar abbiamo dovuto verificare molte cose del nuovo progetto che ancora non avevano avuto la benedizione dell’esperienza, alcune del tutto inaspettate
Come dire, il Progetto è buono, io so fare il mio mestiere. Ma vincere una Dakar è un affare talmente complesso, che non si finisce mai di aggiungere pezzi di programma, piccoli e grandi, al telaio originale della missione, e bisogna saper tenere tutto, e tutti, insieme. Non è un concetto strano o di secondaria importanza. Infatti…
«In questa Dakar – continua Famin – abbiamo dovuto verificare molte cose del nuovo progetto che ancora non avevano avuto la benedizione dell’esperienza, alcune del tutto inaspettate. L’altitudine, per esempio era prevista, ma la pioggia, i fiumi in piena no, erano cose che non avevamo onestamente programmato di “testare”. Poi ci sono gli imprevisti, e le cose sconosciute. Imprevisto, per esempio, è il guaio alla Macchina di Despres. Un piccolo “intervento” di un piccolo sasso, ma con conseguenze disastrose. In queste condizioni bisogna essere prima di tutto molto realisti, vuol dire prendere le cose per quello che sono, apprezzare la bontà e lavorare sui difetti, tutti i giorni. Alla fine della prima parte della Dakar avevamo già vinto più volte ed eravamo in testa. Una rivelazione per tutti, una conferma per noi del buon lavoro fatto. Ma essere realisti, in quel momento, voleva dire che il vantaggio di 17 minuti su Nasser poteva essere molto, ma anche un bel nulla, e che la parte più difficile della Dakar, quella nella quale un problema tecnico, un insabbiamento o un errore di navigazione vuol dire perdere delle mezze ore, doveva ancora venire!»
Per questo avete per caso “liberato” le potenze delle Macchine e dei Piloti nella Tappa Uyuni-Uyuni, giocata al massimo? Un super test finale?
«In effetti è stata una tappa veloce, ma non c’erano particolari disposizioni date agli Equipaggi in quel senso, così come non ci sono stati ordini di scuderia nel senso inverso, ovvero del contenimento. L’unico “ordine” che avevo dato a tutti era di “riportare le macchine al bivacco”, ma non c’era bisogno di darlo, perché parliamo di Piloti che sono tutti sufficientemente esperti per sapere che per vincere una corsa bisogna prima di tutto finirla. Nessun bisogno di dire loro cose di questo genere. In effetti dunque, sulla Uyuni-Uyuni e con la Macchina che sapevamo in grado di andare forte, i Piloti erano liberi di andare a fondo, ma del resto lo erano su tutte le tappe. Sono loro che fanno la loro strategia.»
Vuol dire che la 2008 DKR è anche facile da condurre?
«Diciamo la verità. Credo che aver iniziato con la 2008 DKR versione 2015 sia stata per tutti un’esperienza fortemente “formativa”. Quello che non ti ferisce ti rende più forte. Con i miglioramenti sostanziali della 2008 DKR 16, la vita è diventata più facile per tutti. Indubbiamente, tuttavia, la 2008 DKR ha fatto passi da gigante su tutta la linea di evoluzione. Dalla potenza alla coppia, dalla tenuta alla reattività, e anche, quindi, alla facilità di guida.»
Prendi per esempio Fiambala, una tappa difficile. “storicamente” inquietante. Mi ci sono ritrovato due anni dopo aver disputato la mia ultima Dakar in Moto, e che posso dire? Bene, che a guidare la mia Peugeot ho provato un piacere maggiore di quanto mi ricordassi di aver provato in Moto.
È stato difficile fare il “domatore” di Fuoriclasse?
«Al contrario, è stato facilissimo. Facile e molto bello, perché tutti i nostri Campioni hanno fatto quadrato attorno al Progetto 2008 DKR, e si sono dimostrati eccezionalmente collaborativi. Oltre alle qualità dei singoli hanno saputo tirar fuori il miglior spirito di gruppo, che ha portato rapidamente in alto il morale del Team e l’intero progetto. Ciascuno ha contribuito con la sua parte, e tutti hanno lavorato duramente, impegnandosi nella difficile fase di sviluppo e di messa a punto della Vettura come una sola unità solidissima.»
Pensi che sarà sempre così?
«Sinceramente non ne sono sicuro. Sin qui tutto era in rapidissima evoluzione ed era necessario prima di tutto ottenere la competitività della Macchina. Ora che la Peugeot 2008 DKR ha vinto la Dakar, è possibile che gli Equipaggi comincino a curare meglio anche gli affari personali. È nella logica dello Sport e delle cose. Intanto tuttavia, non dobbiamo fare il processo alle intenzioni ma, come dicevamo all’inizio, è molto più positivo fermarci alla bellezza della constatazione dei fatti, essere cioè realisti.»
E come si è “comportato” Cyril Despres, che in mezzo a tanti super Campioni del volante era un po’ un novellino?
«Tutti mi hanno chiesto se ero stupito delle performance di Sébastien Loeb. Bene, io vi dico che la vera, buona sorpresa è stata la performance di Cyril Despres. Pur tenuto conto del talento del vincitore di cinque Dakar in Moto, la progressione di Despres è stata estremamente rapida e consistente. Forse Cyril non è ancora al livello dei “top-top”, ma si vede chiaramente che intanto è ormai almeno nei top 5/7, e che il fatto di aver progredito così rapidamente è davvero e positivamente impressionante.»
Prediamo al volo anche il Pilota chiamato in causa, Cyril Despres, e indaghiamo nella “relazione affettiva” con la Peugeot 2008 DKR.
«Prendi per esempio Fiambala, una tappa difficile. “storicamente” inquietante. Mi ci sono ritrovato due anni dopo aver disputato la mia ultima Dakar in Moto, e che posso dire? Bene, che a guidare la mia Peugeot ho provato un piacere maggiore di quanto mi ricordassi di aver provato in Moto. È vero, siamo partiti, David e io, anche in quella circostanza senza la minima pressione, non certo per fare il tempo, ma per restare concentrati a avanzare. Ma se poi guardiamo al risultato, il finale di giornata non è stato affatto male!»
E cosa si prova, allora, a uscire dalla Macchina un giorno e vedere che il tempo è di quelli buoni? Ci si crede, o si “sospetta” di aver avuto fortuna? E quando questo accade ancora?
«Ci si guarda, al risultato, ma non ci si pensa troppo. Non si può cambiare radicalmente strategia durante una Dakar. Questa era impostata così e così l’abbiamo finita. Quel giorno eravamo contenti più che sorpresi, ma in fondo più ancora dispiaciuti perché avevamo incontrato Sainz con la sua 2008 DKR ferma tra i sassi. Ci stavamo per fermare, ma Carlos ci ha fatto segno che era “fottuto”, di continuare. Siamo arrivati alla fine della tappa, contenti ma anche un po’ tristi.»
Ho imparato a guidare con questa Macchina, e devo dire che sì, non ho faticato ad adattarmi perché è con questa che ho imparato. Penso che ho adattato il mio modo di guidare a questa Macchina, ne ho assorbito l’imprinting e che mi piace enormemente. Che dire, io l’adoro!
E come l’hai presa, insomma, la Dakar della rivelazione tecnica Peugeot?
«In fondo sempre come avevo immaginato all’inizio, l’abbiamo presa giorno per giorno, con tranquillità e consapevolezza crescenti. Un buon ritmo, ma non esagerato, e molta attenzione a non rompere, a non forare, a rispettare le “consegne” di portare la 2008 DKR al traguardo. E voilà. Ci aspettavamo degli alti e dei bassi, e finalmente abbiamo avuto molti “alti” e, direi, un solo “basso”, quando nella tappa verso Uyuni abbiamo preso un sasso grosso come… un’oliva che ha bloccato il comando del turbo in posizione “aperta”, fino a che è esploso. Abbiam finito senza turbo e perso un’ora e passa.»
Sorpresa Vettura, diremmo, ma anche grande sorpresa Despres. Ora “vali” almeno la quinta posizione. Lo diciamo?
«Ma sì. Ma sì. Anch’io non mi aspettavo un così buon risultato. Prima della Dakar avevamo fatto qualche migliaio di chilometri con la nuova macchina, ma giusto in prova, e non avevamo alcun riferimento. Fin dall’inizio, però, ho iniziato a divertirmi, a tal punto che, pur non avendo uno stile di guida aggressivo, “vedevamo” dei passaggi crono sempre più buoni. Segno che le sensazioni e la realtà erano entrambe buone.»
Quindi potremmo dire che “sei arrivato” anche con la Macchina, che hai colmato l’obbligatorio fossato di incertezza del passaggio dalla Moto alla 4 Ruote?
«È certo che bisognerà vederlo meglio più avanti, ma se possiamo dire che tecnicamente ho già imparato a mettere la machina con le ruote dove devono stare sul “duro”, e ancora di più in una Dakar con più sabbia e dune, più fuori pista, con un terreno che cioè conosco meglio, penso proprio che cominciamo ad esserci.»
Ma questa 2008 DKR vincente, è realmente così divertente e facile da guidare?
«Difficile dirlo, per me. In effetti io non ho altri riferimenti essendo “nato” automobilisticamente con la Peugeot 208 DKR. Mai guidato una macchine “avversaria”, mai una 4x4 competitiva da Rally Raid. Ho imparato a guidare con questa Macchina, e devo dire che sì, non ho faticato ad adattarmi perché è con questa che ho imparato. Penso che ho adattato il mio modo di guidare a questa Macchina, ne ho assorbito l’imprinting e che mi piace enormemente. Che dire, io l’adoro!»