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La domanda sorge spontanea. Ma come si fa a lavorare in pace con tutta quella gente addosso, con tutte quelle urgenze che piovono da tutte le parti, con gli imperativi da rispettare e gli obiettivi da centrare? Come si fa ad andare al lavoro sereni, con un Progetto da dirigere che non lascia scampo e che non contempla finalità alternative al “dovere” del successo? Intanto ci vogliono nervi saldi, certamente, ma a monte ci vogliono persone in gamba, capaci di gestire oltre agli aspetti pratici della missione anche i suoi pressanti risvolti psicologici.
Bruno Famin è stato scelto per dirigere Peugeot Sport e il Progetto Dakar di Peugeot, evidentemente non solo per la laurea. Catapultato al centro dell’arena meno di un anno fa, con la Peugeot 2008 DKR appena scesa dalla “linea” di montaggio di Velizy, il Direttore ha rivoltato completamente il progetto della Macchina e, procedendo su due binari paralleli, da una parte lo sviluppo del nuovo prototipo, dall’altra il miglioramento della “vecchia” Macchina che aveva debuttato alla Dakar sino a portarla alla vittoria nel Silk Road Rally cinese, ha completato a fil di tempo la realizzazione della versione definitiva della 2008 DKR16. La macchina, “provata” in gara durante l’OiLibya Rally del Marocco, va forte. Tanto da consentire a Carlos Sainz, Pilota e Fuoriclasse piuttosto “schizzinoso”, di ritrovare il sorriso, e a Sebastien Loeb, Pilota e Fuoriclasse piuttosto “esigente”, di sciogliere le ultime riserve sull’accordo che lo lega a Peugeot e al Progetto Dakar a tempo indeterminato. Se l’entusiasmo si allinea di slancio alle aspettative dei fuoriclasse, rispetto e ammirazione vanno più riflessivamente al Direttore. E a lui anche la domanda cruciale…
Mi piacerebbe fare il punto sulla situazione generale. Ma da un'altra angolazione. Dunque. Un progetto difficile, evoluto partendo da scelte che la Dakar dell’ultimo minuto ha “tradito”, una grande Fabbrica alle spalle, un autentico Dream Team, con un catalogo completo di Campioni del Mondo e della Dakar. Un contesto che inevitabilmente porta alle stelle il carico di pressione. Come vive tutto questo il Direttore del Progetto Peugeot Dakar?
«In effetti, la pressione non manca. Ma vivo tranquillo. Fa parte del mestiere, della vita dell’appassionato. È la passione che anima questo Progetto, e il fatto di portarlo avanti è già uno stimolo enorme. Quando si vince, ecco, vuol dire che si è lavorato bene, e tutto a quello punto diventa “normale”. Ma quello che è davvero interessante è lavorare prima per ottenere dopo. Mettere le persone giuste al posto giusto, fare in modo che lo sviluppo del Progetto vada avanti nel migliore dei modi. Globalmente, il Progetto Dakar sta andando avanti bene, anche se il risultato strettamente sportivo della Dakar 2015 non è stato buono. D’altra parte, vista la difficoltà del Progetto, penso che anche un esito sportivamente non soddisfacente all’inizio possa essere considerato un buon risultato. Perché è quello che ci ha permesso di andare avanti e di concretizzare, oggi, con la realizzazione della 2008 DKR16.»
Se posso permettermi, dici che è un grande lavoro mettere le persone giuste al posto giusto. Avete fatto dei cambiamenti, a livello tecnico, scelto altre persone?
«Si, anche a livello delle scelte dell’équipe tecnica si cercano sempre delle soluzioni nuove. Adesso ci ha raggiunti un ingegnere operativo, che si chiama Christian Deletombe e che aveva già lavorato con noi ai tempi della 908, che a partire dal 1° di gennaio, dunque non per la Dakar imminente, porterà altro potenziale tecnico alla Squadra.»
Tutti vogliamo tutto il più rapidamente possibile, ed ecco la “pressione”, ma è normale. Il Motorsport è un investimento tecnico, tecnologico e sportivo, ma anche di marketing
Sempre in tema di “pressione”. Ma in Peugeot, hanno capito o no che per vincere una Dakar ci vuole esperienza, dunque tempo, e che, come abbiamo sempre visto, non si può pretendere di arrivare e vincere?
«Sì, l’hanno capito. Ma il problema non è comprendere, tutti sanno come stanno le cose. Il fatto è che bisogna capire anche, e io lo capisco, il “Patron”, al quale sta a cuore che gli investimenti producano un ritorno il più presto possibile. Dunque tutti vogliamo tutto il più rapidamente possibile, ed ecco la “pressione”, ma è normale. Il Motorsport è un investimento tecnico, tecnologico e sportivo, ma anche di marketing. All’interno dell’azienda si è in competizione con altre operazioni di sponsoring, per esempio il tennis, con la pubblicità tradizionale o con altri generi di eventi, come il Peugeot Night. Dunque priorità di tutti quanti diventa quella di dimostrare che l’investimento che li riguarda è il migliore. Inoltre, non si può aspettare dieci anni per vincere, perché altrimenti il successo sarà molto costoso, e con un ritorno relativamente ridotto. Ecco spiegato cos’è la “pressione”, nient’altro o di più di un’espressione del mondo moderno. I nostri Patron sono degli ingegneri come Carlos Tavares o Maxime Picat, specialisti che conoscono molto bene l’argomento, ma questo non impedisce loro di chiedere, di spingere, di… mettere pressione. È tutto perfettamente logico.»
Dunque non ci si deve mai arrabbiare?
«No, perché è una pressione “buona”. Quella dei Boss, come del resto quella della line up di Piloti che abbiamo. Buona pressione perché sappiamo che siamo supportati dalla Direzione e, aspetto molto importante, che il Progetto Dakar è nel cuore delle strategie Peugeot. Faremo molte cose per sfruttarlo al massimo. Un esempio è la 308 GTI, sviluppata da Peugeot Sport, che è un perfetto trait d’union tra attività sportiva e gamma commerciale. Peugeot ha veramente a cuore il Progetto Dakar, e questo valorizza moltissimo il nostro lavoro.»
Secondo un’intervista uscita in Sud America, la 2008 Dakar “original” aveva più cose che non funzionavano di quante andassero bene. L’hanno titolata “la confessione”, come stanno veramente le cose?
«Io penso che, tenuto conto delle scelte tecniche e del tempo che abbiamo avuto per realizzare la prima versione della 2008 DKR, la macchina era già molto buona. Poi abbiamo visto anche che era possibile migliorarla, e che migliorarla poteva voler dire mettere le mani praticamente su tutto. Se si mettono a confronto, oggi, la 2008 DKR16 e la 2008 DKIR 2015, quest’ultima appare piena di difetti, quasi vecchia, ma è normale anche questo. Bisogna anche ricordare che, a causa del tempo, sulla versione 2015 non abbiamo potuto lavorare che sull’affidabilità. Sulle prestazioni, infatti, abbiamo iniziato a lavorare solo dopo la fine della Dakar, ed è così che è nata la versione “plus” con la quale abbiamo vinto in Cina. Bene, la concorrenza non è era quella che ci aspettiamo alla Dakar, ma vincere fa sempre bene, non abbiamo avuto un solo problema e, infine, Christian Lavieille e la Haval possono comunque essere considerati un binomio da settimo-ottavo posto alla Dakar, forse anche meglio. Dunque averli lasciati a oltre un’ora è pur sempre un dato rilevante. Anche i nostri Piloti sono d’accordo: se la 2008 DKR 2015 avesse avuto quel livello di sviluppo già alla Dakar, non avremmo vinto, forse, ma avremmo ottenuto un risultato molto, molto migliore. Ci sono mancati tre o quattro mesi, ma è inutile, non ce li avevamo a disposizione!»
Con Sebastien abbiamo un accordo a medio termine, senza una data di fine accordo. Sarà con noi e con la 2008 DKR per un po’. Bisogna sapere che Sebastien è un Pilota e una Persona che si impegna solo quando è sicuro di avere tutte le condizioni per fare bene
E allora, quale è la situazione tecnica oggi? Che evoluzione ha la 2008 DKR16, quando va in “cantiere”?
«Abbiamo finito con i test. L’ultimo lo abbiamo fatto in Cile in altitudine, per verificare le mappature del motore. Gli ultimi test sono stati fatti, tuttavia, con il prototipo, cosicché le quattro Macchine definitive sono già da un po’ in officina, nei nostri atelier, in costruzione.»
Piloti e Co-Piloti che sono super Campioni, e che pretendono sicuramente di sapere come si vince la Dakar, come deve essere la macchina, come si deve fare tutto quanto. È “gente” difficile da gestire?
«Al contrario, per il momento è molto facile, perché tutti quanti, parlo dei nostri quattro Equipaggi, hanno un solo obiettivo: fare in modo che si arrivi ad avere una Macchina, una Squadra e un’Organizzazione vincenti. Oggi nel team Peugeot Total non ci sono rivalità, tutti mettono a disposizione di tutti le proprie informazioni, e tutti tendono a fare in modo che tutto funzioni alla perfezione.»
Proviamo con una cartina al tornasole: Carlos Sainz è contento della Peugeot 2008 DKR16?
«Eh sì, Carlos adesso è contento! Hai ragione, al termine della Dakar 2015 non lo era, credo che avesse addirittura pensato di abbandonare il programma. Invece ha spinto molto forte, lavorato moltissimo, e credo proprio che oggi sia contento. Il giorno che vinceremo sarà davvero un risultato del magnifico lavoro di tutti.»
Anche il fatto che Loeb sia “definitivamente” dei vostri è un segnale di questa generale soddisfazione? Perché ci è voluto così tanto tempo per arrivare all’”accordo del secolo”?
«Direi di sì. Con Sebastien abbiamo un accordo a medio termine, senza una data di fine accordo. Sarà con noi e con la 2008 DKR per un po’. Ed ecco la risposta alla seconda domanda, ma anche alla prima. Bisogna sapere che Sebastien è un Pilota e una Persona che si impegna solo quando è sicuro di avere tutte le condizioni per fare bene. Ha bisogno di un programma ben fatto per la sua vita professionale, e anche per la sua vita personale, ha bisogno di una buona squadra, di un buon navigatore. Ecco, sul navigatore si è posto un sacco di domande, e il fatto che abbia scelto di correre ancora con Daniel Elena, che magari non è la scelta migliore per quest’anno, è la prova che hanno voluto fare un investimento per il futuro, che credono nel Progetto.»
Non è la Dakar che vi aspettavate, che ci aspettavamo tutti, all’inizio. Questo fatto accresce le problematiche? Vuol dire altro tempo per adattarsi a situazioni nuove e inaspettate?
«Senz’altro sì, ma la verità è che comunque della Dakar si sa sempre molto poco, e che molto lo si scopre strada facendo. Durante la corsa, e una corsa dopo l’altra. Addirittura, la Dakar non la si conosce mai veramente. Non si sa mai che condizioni si troveranno, eppure bisogna prepararsi… al peggio, e questo è un aspetto molto difficile da gestire. Se ci sono delle inondazioni, per esempio, può capitare di dover correre per chilometri e chilometri in ottanta centimetri d’acqua. Noi abbiamo fatto dei test su qualche guado, ma una situazione così drastica non abbiamo potuto provarla, e non possiamo sapere cosa può succedere. Sappiamo che le Mini sono oggi indistruttibili, ma hanno quindici anni di esperienza, quest’anno dodici macchine iscritte, e dunque migliaia e migliaia di chilometri di esperienza. Ecco, direi che il nostro punto debole è la mancanza di esperienza.»