Dakar 2015. Tecnica Part 3: Immagini e… Caffè

Dakar 2015. Tecnica Part 3: Immagini e… Caffè
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Non per essere i più bravi, ma ci impegniamo davvero a produrre il meglio, spremendo noi stessi e il “materiale” che utilizziamo. Per le immagini abbiamo scelto Canon. E siccome volevamo essere al top in tutto... | <i>P. Batini</i>
6 febbraio 2015

Punto 3. Immagini e… caffè. Parliamo e scriviamo, molto, e registriamo le immagini delle nostre “missioni”. In un’era in cui sembra giustificato, e piuttosto trendy, produrre immagini anche con lo smartphone, rendendo così più spensierato e più casual il compito, noi abbiamo scelto di fare un solido passo indietro.

Fotografia: abbiamo scelto il meglio

Come per l’Auto e i sistemi di connessione, indipendentemente dall’uso che ne avremmo fatto ritenevamo che fosse giusto allinearci alla durezza della “missione” Dakar, e per questo abbiamo scelto sistemi e soluzioni che ci offrissero non meno del massimo in termini di qualità e di affidabilità. Nessun compromesso, anche in considerazione del fatto che, se il backup del PC è un affare di pochi etti e si può fare, il raddoppio di un’attrezzatura fotografica è imbarazzante per l’extra luggage e… per le dogane sudamericane, teoricamente piuttosto pignole.

 

Avvalendoci anche dell’esperienza diretta dei colleghi di APphotosport, e per farla breve, abbiamo voluto andare sul sicuro e abbiamo scelto Canon. Carrarmati Canon. Ci siamo orientati su un sistema reflex pieno formato basato sul corpo “storico” della Eos 5D Mk2, e sull’”arma” 70-200, lo zoom che nella sua ultima versione è di una qualità ottica e meccanica strabiliante, affiancata da due zoom, un corto 16-35mm f2.8 LII e un più universale 24-105mm. Per la luce “artificiale” abbiamo scelto un Flash 600, e avevamo anche un moltiplicatore di focale 1x1.4 all’altezza della focale più lunga.

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Il nostro Piero Batini al lavoro sul suo ufficio mobile Peugeot durante la Dakar 2015

Attrezzatura imbattibile

Nonostante la sicurezza “matematica” che avevamo sull’affidabilità del sistema, non siamo riusciti a debellare un atavico tarlo del dubbio, alimentato anche da un’esperienza cruciale proprio in un analogo viaggio-reportage sulle Ande, e così abbiamo avuto un’idea che definiremmo… astuta. Invece di raddoppiare i corpi macchina abbiamo optato per una soluzione forse atipica: avevamo dietro, e poi è rimasta nella borsa dell’attrezzatura, anche la piccola Eos M, la compatta mirrorless di Canon che, se non è un fulmine di guerra in quanto a velocità operativa, ha il pregio di replicare esattamente il livello di qualità delle sorelle grandi e può, in casi di emergenza, operare il miracolo del backup con un accessorio geniale. Un anello adattatore che consente di utilizzare tutte le ottiche della reflex. In un solo dettaglio ci siamo discostati dall’attrezzatura standard, cercando cioè dei caricatori delle batterie che potessero essere utilizzati in auto ed essere connessi alla nostra piccola centrale sempre in funzione per caricare telefoni, camere, satellitari.

Abbiamo anche noi le nostre fisime… italiane, avevamo il problema del caffè, in Sud America non più buono del francese o dell’americano, quando va bene

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E il caffè?

Un’attrezzatura di questo livello di qualità non è detto che abbia fatto di noi dei grandi fotografi, ma di sicuro ci ha messo di fronte ai nostri personali limiti, senza possibilità alcuna di accampare scuse. E siccome volevamo essere tecnologici e al top in tutto, e in considerazione del fatto che abbiamo anche noi le nostre fisime… italiane, avevamo il problema del caffè, in Sud America non più buono del francese o dell’americano, quando va bene. Sapevamo che ci sarebbe mancato l’espresso.

 

E qui ci è venuto simpaticamente in soccorso Edouard Boulanger, il navigatore e “mapman”, e ingegnere, che abbiamo conosciuto ed imparato ad apprezzare durante gli anni dei Rally, e che abbiamo sentito anche durante la Dakar 2015. “Dudd ha contribuito a sviluppare una piccola “macchinetta”, compattissima e “alimentata a 12 volts, che rende portatile anche il miracolo taumaturgico dell’espresso. Si chiama Handpresso, o Espressgo nella versione italiana, ed è un piccolo gioiello di miniaturizzazione tecnologica che rende onore a un cerimoniale antico e peraltro di assoluta attualità. Anche in Auto, anche durante una “durissima” Dakar. Se ne può fare a meno, del caffè e della insolita comodità, certo, ma che vita sarebbe?

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