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Iquique, 11 Gennaio 2015. La corsa si sdoppia, lascia le Moto al “bivacco” di Iquique e lancia le Auto nella prima parte della tappa Marathon che ha per destinazione Uyuni. I motociclisti usufruiscono della giornata di riposo e possono recuperare, gli equipaggi delle auto, invece, vanno incontro ad una prima semi-marathon a dir poco singolare.
Partiti in abbigliamento estivo apprezzeranno i poncho boliviani. Con un cambio di stagione improvviso, dall’estate del Pacifico Piloti e Navigatori passano, oltre le Ande, ai rigori di un “autunno” che sembra il biglietto di presentazione dell’inverno boliviano. La mannaia del maltempo si abbatte sulla corsa di andata delle Auto, trasformando il Gran Premio del Deserto in un jamboree tropicale. La sorpresa disorienta i concorrenti, ma non incide drasticamente sull’andamento della corsa. Al posto di sabbia e roccia appare il fango, per una volta l’assenza di coibentazione consente agli Equipaggi di apprezzare le temperature che si trasferiscono dai vani motore agli abitacoli, impianti elettrici e meccaniche “pensate” per le fornaci desertiche dimostrano buone doti anfibie. Sul piano sportivo, il diverso impatto spettacolare non incide sui risultati.
La leadership auto nelle mani del Principe
Al-Attyia avrebbe comunque sofferto l’altitudine, e comunque non si sarebbe dannato l’anima per non lasciar vincere Orlando Terranova, tanto l’argentino, dopo la disastrosa quarta tappa, può solo ottenere successi di giornata. Giniel Devilliers, al contrario, è ancora in corsa, ed è l’ultimo che può pensare di sottrarre la leadership della 37ma Dakar al “Principe” Nasser. Il fuoco della corsa si sposta su un livello più in basso, dove vigono la regole della massima cura dell’errore e dei piccoli passi assennati. De Villiers finisce per limare tre minuti del suo svantaggio, ma probabilmente già alla fine della Marathon, quando le Auto torneranno a Iquique, il divario tra qatariano e sudafricano tornerà sullo standard che privilegia Al-Attyia di una buona dote di tempo da amministrare. Bellissimo il confronto tra le Mini X-Raid e le Toyota Overdrive, stato dell’arte dello sviluppo automobilistico in chiave Rally-Raid e maturata alternativa al monopolio tedesco.
Marathon: apprensione ingiustificata
La tappa marathon è stata circondata da un’aura di inquietudine che è esagerata. È vero che il raddoppio dei chilometri e della giornata standard di gara allunga la linea di potenzialità dell’imprevisto, ma è anche e soprattutto vero che stiamo parlando di professionisti che hanno acquisito un’esperienza specifica nella gestione delle logiche di supporto. Certo Piloti e Navigatori non si infileranno nel motorhome e non si addormenteranno con la rassicurante sensazione che là fuori qualcuno provvede alla cura della macchina, ma siate certi che gomme, eventuali pezzi di ricambio e assistenti arrivano dalla stessa strada, ovvero dalle assistenze veloci iscritte in gara.
Poi ci sono quei Piloti che si concedono al bricolage del “tagliando” pur di dare una mano agli assitenti-piloti, e quelli che avranno sempre una vittima a cui dare del coglione, di solito qualche russo o argentino viziato.
No, la marathon è una doppia tappa bellissima, forse l’ultima possibilità di percepire ciò che era una volta la Dakar, e il diverso atteggiamento strutturale dei grandi team, più professionale, non fa altro che attualizzarla. Per una sera concorrenti e avversari solidarizzano e la compattezza del bivacco nel silenzio dei generatori rimasti a 500 chilometri di distanza, restituisce una patina di avventura alla corsa.