Dakar 2015. L’Atacama di Hernan Rivera Letelier

Dakar 2015. L’Atacama di Hernan Rivera Letelier
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Ero già venuto nel Deserto di Atacama con Edi Orioli. Quella volta sì che l’abbiamo visto nei suoi colori e nel suo fascino irresistibile. Quella volta incontrai un figlio straordinario di quella terra ricca e ostile | <i>P. Batini</i>
14 gennaio 2015

Calama, 14 Gennaio 2015. Con Edi Orioli facemmo un largo giro del Deserto di Atacama, ma l’intento di quella volta non era battere il record dell’anonimato dei luoghi come fa la Dakar che schiva e passa oltre, piuttosto di sentirne il fascino per riproporlo in chiave motociclistica. Se volete conoscere e rimanere affascinati dal Deserto di Atacama non lo potete tagliare a fette a centottanta all’ora, dovete calarvi nei suoi ritmi e nelle sue distanze, nei suoi luoghi, nelle sue storie e nelle sue leggende. Dovreste avere la fortuna di un giorno di pioggia nel “Deserto più arido del mondo” per vedere come si trasforma in una tavolozza di sfumature di colori, e saltare da un posto all’altro, ma con calma, e scoprire San Pedro di Atacama, Chuquicamata, il Licancabur, la Valle della Luna, i geiser del Tatio o gli smeraldi d’acqua incastonati sulle Ande dei suoi Salar. Rimarreste a bocca aperta. Dal Pacifico alle Ande il Cile dell’Atacama non è solo quella crosta arida, abbacinante e spazzata dal vento, è una Terra meravigliosa che non ci si può perdere.

Il Deserto di Atacama è da sempre anche una delle ricchezze del Paese, non solo oro e rame ma, una volta, il salnitro, che veniva estratto dalle duecento “oficinas”, miniere a cielo aperto, sparse nel Deserto. Vi lavorava gente che proveniva dal Sud del Cile, ma anche dall’intero Sud America, che viveva nei villaggi adiacenti alle miniere. Quella gente, isolata dal resto del mondo, aveva dato vita ad una società, tipicamente mineraria in senso storico, che oggi farebbe paura, basata allora sulla spinta della sopravvivenza, ma era cresciuta sviluppando uno straordinario spirito di comunione.

Uno dei figli di quei lavoratori e di quella Terra si era scoperto poeta, ed è diventato uno degli scrittori più amati del suo Paese. I suoi romanzi sono le storie passionali e appassionanti delle “oficinas”, e in quelle storie c’è la forza e la durezza del Desierto, e in quelle pagine si può “vedere”. Il bambino poeta, che oggi a 65 anni, ha scritto dei romanzi meravigliosi, che mi hanno guidato dentro il fascino del Deserto di Atacama. Allora, con Orioli, andai a conoscerlo, e la Dakar sudamericana che mi ha fatto volare attraverso e sopra, ma mai dentro i luoghi che attraversa, non è riuscita a fermarmi quando ho deciso di andare a salutarlo ad Antofagasta.
 

Dakar Peugeot  (5)
Il deserto


Hernan Rivera Letelier

“Il Desierto di Atacama è la mia anima, è la mia origine. È un Deserto che ha dato molto e continua a dare moltissimo al Paese. Continua a dare vita al Cile. La ricchezza del Paese nasce dal Deserto. La ricchezza di Santiago nasce qui. Vivo in città, ma sono cresciuto in questo Deserto. Chi vi nasce non lo lascia mai, e chi se ne allontana vive con il Desierto dentro, con il suo silenzio, la sua solitudine.
Mi piace molto la solitudine, mi piace il silenzio, e il Desierto del silenzio e della solitudine mi accompagna dovunque vado. Abito in città, ma non ho mai smesso di essere nel Deserto.

Il Venditore di Passeri, il mio ultimo romanzo, l’ho finito di scrivere nel luglio scorso, ed è ancora una storia del Deserto di Atacama. Tutti miei romanzi sono storie del Deserto, solo adesso sto per cimentarmi in una storia poliziesca. Sei qui per la Dakar? Ne ho sentito parlare, ma non la conosco, non sono appassionato di Sport, di corse, non so neanche guidare. Da bambini giocavamo con una palla di carta, poi niente altro. È puro denaro? È come il football? Ventidue multimilionari che rincorrono una palla? C’è passione?".

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