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Buenos Aires - Basta! Le operazioni preliminari delle verifiche tecniche e amministrative sono chiuse, e la Dakar è pronta ad aprire il sipario sulla 37ma edizione. Adesso è la fine dei discorsi, dei proclami, delle spiegazioni. Tra poche ore le macchine vanno… in moto, e il responso del terreno spazzerà via, inequivocabilmente, tutte le congetture. Moto e Auto sono finalmente in Parco Chiuso ed è arrivato anche il momento in cui è possibile tirare il fiato per qualche ora prima della partenza ufficiale. Sono magari le poche ore di una serata, durante le quali non è più possibile cambiare niente, ed è sempre meglio, quando non obbligatorio, dedicarle ad operazioni meno stressanti, “defaticanti”, in modo da allontanare l’ultima delle insidie di chi si è preparato per un anno intero, lo spettro del dubbio. Buenos Aires si popola di tifosi, le strade iniziano ad essere chiuse e la circolazione re-indirizzata per dar vita alla grande passerella inaugurale del Rally. È ora di iniziare e tutti, Piloti e Tecnici, non ne possono più.
Alea iacta est
Ora di fare le valigie, distendere le ultime riflessioni e raccogliere tutta la concentrazione possibile per effettuare in modo impeccabile lo switch tra la sedentarietà obbligata di Buenos Aires e l’azione. Il dado è tratto, avanti con il bisteccone argentino, un mezzo bicchiere di più e quattro risate. Poi il sonno, con un solo sogno: tornare a Buenos Aires e centrare l’obiettivo. Ciascuno dei Partecipanti ha il suo personale obiettivo, certo, ma per taluni quello prioritario è il successo, senza mezzi termini la vittoria.
Che razza di interpretazione si vorrà mai dare al “Farò del mio meglio!” di un detentore del Titolo della Dakar come Marc Coma o Nani Roma? Vuol dire che cercheranno, forse, di completare la Corsa come desiderano fare 600 appassionati? Nah! Per i Campioni della Dakar il “meglio” non ha sfumature di grigio. E non è diverso per chi ha le carte in regola per rinnovare il ricordo di un successo che inizia ad allontanarsi, come il caso esplicito di Giniel de Villiers o Nasser Al-Attyia, o per chi ha lanciato, anche da tempo, una sfida importante, come Honda e il suo Joan Barreda.
Peugeot: è tornata per vincere
Poi c’è il caso, impressionante, di quella motivazione che diventa il concentrato delle sfide personali dei Piloti con il carico da undici della sfida lanciata da una Marca. E, non bastasse, un’attitudine inequivocabile al successo che viene da un passato strepitoso, leggendario, che si allontana nel tempo della Dakar e delle sue evoluzioni. È il caso di Peugeot.
Peugeot ha deciso di riunire la Squadra e di “esporla” al pubblico dei suoi appassionati in un’ultima serata, bilanciata tra il formale del Peugeot Lounge di Buenos Aires e il desiderio di renderla… informale.
Invano. Tre miti della Dakar, Carlos Sainz, Cyril Despres e Stephane Peterhansel, non possono stare in una foto informale, casual. Non può, la rappresentazione vivente di metà delle vittorie alla Dakar, essere un’occasione di passaggio. Ed è chiaro che la somma degli spessori poggia sull’importanza del progetto rivoluzionario che Peugeot ha lanciato un anno fa. Il macigno della responsabilità poggia interamente sulle esili spalle di Bruno Famin, direttore dell’intero progetto. E non è la responsabilità di chi è uscito di casa con una lista della spesa scritta dalla moglie.
Bruno Famin: il più coraggioso di tutti
“Peugeot è tornata per vincere la Dakar!” Diceva ufficialmente Bruno Famin qualche mese fa presentando una 2008 DKR bellissima e rappresentativa di ambizioni senza compromessi. Certo, non avrebbe potuto dire che il ritorno dopo 25 anni era un viaggio nei ricordi, o un impegno tecnico di natura parziale. Che Peugeot tornava per vincere lo poteva immaginare chiunque. Ma a vederlo a Buenos Aires, in mezzo ai suoi tecnici e ai suoi Piloti, Famin fa venire una grande voglia di rispetto per una persona che si accolla un peso che per molti sarebbe semplicemente insostenibile.
Bruno Famin manifesta i segni di questo spessore, e se ne fa carico senza distrazioni di sorta. Parla dell’orgoglio di avere i tre più forti Campioni della Dakar. Si accolla interamente il potenziale di rischio che accompagna il debutto di una vettura completamente nuova e rivoluzionaria. Si indispettisce se qualcuno definisce “buggy” la nuova 2008 che è, invece, “rivoluzionaria e coraggiosa”. Conferma l’obiettivo di vincere e, naturalmente, non è disposto ad accontentarsi di una bella figura. Parla del grande impegno economico e tecnico dell’Industria con il piglio del professionista e, allo stesso tempo, della necessità di affrontare l’impegno con l’umiltà dell’artigiano.
“Hanno dimostrato il grande potenziale in termini di prestazioni ma non raggiunto il livello di affidabilità necessario per garantire il successo”
2008 DKR: occhi puntati sull'affidabilità
La serata “informale” è la grande occasione per tirare una riga e per passare dalle cifre della teoria all’odore delle sensazioni. Per mettere a fuoco con precisione, ora che le tre 2008 DKR sono in parco chiuso, lo stato delle cose e la portata degli obiettivi. Le tre Macchine si sono dimostrate clamorosamente veloci ma sono arrivate un pelo lunghe rispetto alla tabella di marcia iniziale. Solo in parte era previsto. Hanno dimostrato il grande potenziale in termini di prestazioni ma non raggiunto il livello di affidabilità necessario per garantire il successo, e già alla Dakar “garantire” è una parola grossa, enorme.
Di questo, sebbene qualsiasi persona dotata di un minimo di buon senso sappia che alla Dakar non si arriva e si vince, Bruno Famin quasi si scusa, con i tifosi e con i suoi Piloti, ancora una volta somatizzando l’intero carico di responsabilità. Conferma che Peugeot vincerà la Dakar, ma ammette che se dovesse succedere già quest’anno ci sarebbe probabilmente da ringraziare la sfortuna altrui. Ricorda che il progetto è stato redatto sulla base di tre anni, e che è questa, e questa sì, la sua scadenza. Famin, insomma, riporta tutti con i piedi per terra. Non per crearsi una eventuale scusante ma per richiamare da tutti l’impegno alla massima concentrazione sul progetto e sugli obiettivi.
La Dakar ha le sue regole. Una di queste è non perdersi in fronzoli, non ce n’è il tempo.
Dall'ufficio all'azione
La Dakar lo ha già cambiato un poco. Bruno Famin ha tolto la cravatta, sbottonato il colletto e rimboccato le maniche, si è sistemato i capelli passandoli tra le dita ma il ciuffo è ripartito per i fatti suoi. Non si preoccupa più della polvere sulle scarpe. È passato, 100%, dall’ufficio all’Azione. Il suo sorriso non nasconde le inevitabili preoccupazioni, ma ridere è una parte importante dell’energia. I suoi tre Piloti fuoriclasse hanno un obiettivo di Marca, sì, ma soprattutto un’indole che privilegia le ambizioni personali.
Sainz no-compromises, per esempio, potrebbe partire a fondo, vincere la prima tappa e rompere la macchina il secondo giorno. Peterhansel può gestire perfettamente la meccanica in funzione della sua perizia e classe tattica, e un giorno lanciare l’attacco definitivo o ritirarsi a proteggere una posizione onorevole. Despres cresce con la macchina, entrambi sono al debutto, e arriverà dove il tempo concederà. Su tutti quanti, Piloti e Tecnici, grava una responsabilità che può essere definita percentuale. Un venti, un cinquanta, magari solo un cinque. Su Bruno Famin grava, invece, il 100% della responsabilità dell’intero, gigantesco obiettivo. Tutta la nostra ammirazione!