Dakar 2015. Highlights della tappa Marathon

Dakar 2015. Highlights della tappa Marathon
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8a per Auto e Camion, 7a per le Moto, la tappa dell’11 Gennaio è memorabile. Per la prima volta tre gare vanno in scena su tre percorsi differenti. Vittorie a sorpresa e rilancio di Coma | <i>P. Batini, Iquique</i>
12 gennaio 2015

Iquique, 12 Gennaio 2015. La Dakar ha voglia di stupire, e propone la costellazione di una tappa “stellare” centrata su Iquique. La gara delle auto vi torna, a conclusione della Tappa Marathon, con la seconda frazione partita da Uyuni, e ad Uyuni vanno invece le Moto, che hanno concluso il loro “turno” di riposo, per iniziare la due giorni senza Assistenze. I Camion, infine, disputano il loro secondo anello Iquique-Iquique e, come le Auto, vanno al riposo. È la Dakar stellare che “illumina” una larga fascia di Sudamerica, anche se a me fa pensare più a una piovra che tenta di espandere i suoi tentacoli. La gara dei Camion finisce per essere la più “normale”, con il Kamaz di Nikolaev che torna al successo dopo la pausa Loprais-Man e sale a quota 5 vittorie. Quella delle auto vive, invece, l’apoteosi del contributo di David Castera, il Direttore Sportivo della Dakar che, si dice, a Marzo lascerà ASO per affrontare una nuova esperienza professionale, con il primo attraversamento del Salar di Uyuni della Storia. Per un giorno la Bolivia ricorda Bonneville e i suoi record di velocità sulla superficie perfettamente levigata e piatta del lago salato. Le auto partono in linea, cinque alla volta affiancate, con la prima “curva” 130 chilometri più avanti. Per la prima volta il confronto velocistico tra le diverse concezioni progettuali delle vetture nate per le gare del deserto va in scena in modo diretto sulla incredibile, stupenda “spianata” di sale.
Ma non è finita, perché una volta superate le Ande e dopo una neutralizzazione di 270 chilometri, si riprende con il gran finale sullo “scivolo” dalla Grande Duna di Copiapò, praticamente un “muro” di sabbia. Tutto diventa “speciale”, anche il risultato, che premia finalmente la crescita di un Pilota e di una Macchina. Il Pilota è il saudita Yazeed Al Rajhi, astro ormai confermato della generazione di Piloti del Middle East inaugurata dal grande Al-Attyia, attuale leader della Corsa, e la macchina è la Toyota della serie Overdrive, ovvero il Team di Jean-Marc Fortin che ha portato le Hilux ad un livello di prestazioni, affidabilità ed efficienza al livello delle Mini che, al contrario, sono ritenute ormai a “muro” in quanto ad evoluzione.

 

Dakar 2015 Tappa 8 bis (10)
L'arrivo di fine tappa

Auto a 200 km/h sulla pista di sale

Il faccia a faccia del Salar di Uyuni fa salire anche le quotazioni della debuttante 2008 DKR, che scivola sulla superficie salata a fianco di Mini e Toyota, e all’Hummer “special” di Robby Gordon, e si “insinua” tra le macchine che hanno dominato la scena della Dakar fino a oggi. Per una mezza giornata Peterhansel rompe gli indugi e va a “vedere” le prestazioni della nuova Peugeot, per poi riprendere con un ritmo più consono alla missione di collaudo cui la Macchina francese è sottoposta.

130 chilometri a 160, 180 chilometri all’ora, ma sulla superficie del Salar lo spettacolo è strano. Non si ha la sensazione della velocità, ma solo della differenza tra le auto, praticamente nulla. All’interno degli abitacoli la sensazione è di correre sui rulli, e visivamente la scena della volata sul Salar di Uyuni è come il video al rallentatore in cui solo la percezione delle piccole variazioni di velocità relativa e della posizione distolgono da un’impressione di fermo immagine sulla grande scena bianca. L’esperienza, per chi la vive e per chi la osserva, è comunque unica.

 

Dakar 2015 Tappa 8 bis (2)
Un tratto di speciale veloce

Moto: gara apocalittica

La gara delle moto è non meno sensazionale, ma lo scenario è quasi apocalittico. I motocilisti ripercorrono la Speciale che le auto, sotto la tempesta invernale boliviana di pioggia, grandine e vento, hanno ulteriormente “massacrato” con il loro passaggio. I 320 chilometri di Speciale, che seguono i 400 per attraversare il Cile da Ovest ad Est, e raggiungere e superare le Ande per la seconda volta, diventano faticosissimi e insidiosi, e sono solo in parte mitigati dal “calore” del pubblico boliviano, davvero commovente, stretto attorno all’evento e ai suoi stoici protagonisti.

Sulle difficoltà della prova è il giorno in cui Marc Coma riprende il suo volo, interrotto nella seconda tappa a causa del difetto di una bib-mousse. Sebbene a vincere sia Paulo Gonçalves, Marc riesce a riprendere sei dei dodici minuti di ritardo da Joan Barreda. Metà del difficile compito che il quattro volte vincitore della Dakar ha di fronte a sé è compiuto, ma con la complicità della sfortuna che questa volta bersaglia Barreda. Barreda ha dimostrato di gestire sino ad ora con grande intelligenza la sua gara, ma non può evitare una caduta fortuita nella quale rompe il manubrio della sua Honda. Per 120 chilometri Barreda deve guidare con mezzo manubrio e una sola mano, più avanti la moto si ferma per alcuni istanti, e per Coma il regalo è troppo grosso.
Le nuove Yamaha, non troppo a punto, non consentono ad Alessandro Botturi di esprimersi come vorrebbe, ma il bresciano non si scompone e porta avanti il suo “lavoro” diligentemente. Migliore degli italiani è 13° di giornata, ma ormai a un passo dalla cerchia dei dieci.
Poi è il bivacco-caserma di Uyuni sotto la pioggia, il “tagliando” alla moto e un riposo meritato come poche volte, in attesa che si decida se anche le moto effettueranno la spettacolare partenza in linea sul Salar di Uyuni.

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