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Antofagasta, 8 Gennaio 2015. A una certa ora del pomeriggio mi arriva un messaggio di Paolo Andreucci: “Cosa è successo a Sainz?”
“Capppottone” - gli rispondo – “È out”.
Potenza degli SMS. Dicono tutto in un niente di 161 caratteri.
Ma la faccenda è più complessa. Sainz, che aveva patito un problema alle turbine all’inizio della quarta tappa, aveva riparato con l’aiuto dell’assistenza ed era riuscito a ripartire questa mattina con la macchina in ordine.
La sua Speciale odierna non stava andando male, tutt’altro. Poi, a cinquanta chilometri dalla fine della PS, la 2008 DKR è andata a sbattere contro un masso nascosto alla vista dal fesh-fesh e da un Pilota di Quad che la precedeva ed è decollata, rovinando in un tonneau quintuplo e fermandosi al bordo della pista praticamente distrutta.
Piloti illesi, ma Dakar chiusa, equipaggio “rimpatriato”. Nel frattempo, da una parte, fine PS, Stephane Peterhansel lottava per un altro risultato di rilievo, concluso con il 5° posto e il balzo nella top ten della generale, e dall’altra, inizio PS, Cyril Despres lottava contro il tempo per ripartire dopo aver commesso un errore, insieme al suo navigatore, Gilles Picard, è sceso in una scarpata di “muso” ed è finito sul tetto.
Il peggio è per Carlos Sainz, che alla fine deve rinunciare a continuare la gara. Lo troviamo al bivacco, visibilmente provato, non solo dalla stanchezza.
Stai Bene?
Carlos Sainz: «Sto bene. Fisicamente sto bene. Sono solo molto stanco. Stanotte sono arrivato alle tre e mezza dopo aver passato tutta la giornata in pista, e stamani sono ripartito. Fisicamente non è un problema, ma mi dispiace che dopo tutto l’impegno che tutti ci abbiamo messo la nostra corsa finisca qui».
Come è successo esattamente?
«Esattamente come succedono queste cose. In un attimo. Davati a noi c’era un quad. C’era molta povere di fesh-fesh, mi sono avvicinato e ho iniziato a suonare per attivare il sentinel. Quando mi sono allargato per iniziare l’operazione di sorpasso, la macchina ha sbattuto contro un grosso masso che non potevamo vedere ed è volata via. Ci siamo girati più volte, e quando il turbine è finito ci siamo immediatamente resi conto che la nostra gara era finita. Per fortuna non ci siamo fatti niente, la cellula di sicurezza della 2008 DKR ha funzionato egregiamente».
Sei deluso?
«Sono dispiaciuto, è un sentimento diverso. A un certo punto ci siamo resi conto che potevamo fare una bella Dakar, e invece non finiremo questa. E sono dispiaciuto soprattutto per i meccanici che hanno lavorato alla macchina per tutta la notte per metterci in grado di ripartire».
Fa parte del gioco anche questo, del lavoro?
«Fa parte del gioco. Oggi ci si ferma, ma il lavoro no, va avanti. La Dakar serve anche per fare esperienza con la nuova 2008 DKR. Adesso si torna a casa, ma subito dopo la Dakar riprenderemo, rifletteremo sui problemi che abbiamo avuto e stabiliremo cosa fare. Nonostante la sberla, resto fiducioso, tutto questo è nel cammino dello sviluppo del progetto».
Insomma, il diavolo ci ha messo lo zampino. Se le nuove 2008 hanno dei problemi di gioventù, e non vedo perché non dovrebbero averne, non sono questi che hanno fermato le due macchine. Semmai sono quei problemi che, non conosciuti o temuti, limitano un poco le strategie eliminando dallo scenario di questa Dakar una componente essenziale delle corse, l’attacco. Stephane Peterhansel si trova così nella situazione di sfruttare solo una parte del potenziale di competitività della macchina riservandosi, mentre ne assaggia le doti, di utilizzare solo quella parte conosciuta e già collaudata.
È bravissimo anche in questa parte inconsueta del suo modo di correre, e riesce a trarne il massimo beneficio.