Dakar 2014, tappa 12. Peterhansel ha disobbedito? Viglio ha mentito?

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Una piccola divagazione dai travolgenti temi della dodicesima tappa, una specie di salva stress prima di affrontare l’ultima, cruciale giornata di questa infernale, e a tratti indecifrabile Dakar | <i>P. Batini</i>
18 gennaio 2014

La Serena, 17 Gennaio.  Dal comunicato di Luca Viglio. “La tappa è stata ancor più facile delle precedenti. Fisicamente mi sentivo bene. Le dune di Copiapò, per chi abbia un minimo di esperienza, non sono quell'inferno che i Piloti descrivono. Con una preparazione media e un po’ di attenzione sono strada rassicurante che corre sotto le ruote. Ho fatto questa Dakar per purificarmi dalle tossine della vita metropolitana, ho svolto il tema senza pensieri, non un’ansia. Per questo avevo deciso di non pormi di fronte a una classifica.

Una guida in stile Harley

In Argentina, Bolivia, Cile, ho guidato come facevo in Arizona con la Harley. Dall’alba al tramonto, a volte oltre, per godermi lo spettacolo della natura, dissetare la mente alle sorgenti dell’Aconcagua, appoggiare l’orechio come gli indiani e sentir battere il cuore al ritmo del crepitio della crosta sull Salar, ossigenarmi sulle Ande e guardare lontano con la sensazione inebriante di essere in equilibrio tra due Paesi, fermarmi per provare a immaginare la sofferenza dei primi viaggiatori transahariani e lasciare scivolare il tempo oziosamente sdraiato sulle creste delle dune del Mar de Are, così, per piacere di farlo.

Ho scelto la moto perché ho sempre ritenuto che Piersig pensasse a me quando ha descritto il privilegio del motociclista di essere nella scena, e non uno spettatore. Finalmente, risvegliato dall’irragionevolmente affannato contesto nel quale mi trovo, e ricordatomi che son anche un Pilota, oggi ho voluto immergermi per un giorno nella liquida sospensione del corridore dei deserti. Avevo già fatto il giorno precedente quelle piste contro luce, e ho deciso con il favore del sole di muovere anche la classifica, pretestuosa ragione del mio viaggio intercontinentale e dell’anima. Ho risvegliato dolcemente l’acceleratore, e la sera, per la prima volta, sono andato al tabellone a leggere il mio risultato. Non avevo dubbi, ma così, per saperlo. Giusto dietro, cinque posizioni, al Pilota ufficiale Honda, Joan Bang Bang. Adesso mi sbrigo nell’ultima e torno a casa, ricaricato, purificato!”

Quandt non ha proferito parola, si nega ai media, Peterhansel ha detto che qualcosa forse, vai a sapere perché, non ha funzionato ma che, se l’ordine di scuderia dovesse essere aggiornato, bien sur che vi si atterrebbe


Bugia, grossa bugia, ce la siamo inventata. Tutti sappiamo che la Dakar a Luca Viglio l’anima gliel’ha quasi strappata, a lui, a oltre metà dei partenti che si sono arresi anzi tempo e almeno alla metà dei sopravvissuti, e che la sua classifica il ragioniere non è mai arrivato a vederla perché il tabellone era già in viaggio per la tappa successiva. Ma siccome in questi giorni se ne sono sentite e viste di tutti i colori, e siccome Viglio sta davvero per farcela, abbiamo fatto finta che fosse la sua comunicazione ufficiale, beneaugurale, risolutiva come quella che ha rilasciato Sven Quandt.

A proposito, alla fine non ci si capisce più niente. Si ha quasi la sensazione che in troppi vogliano farci fessi. Quandt non ha proferito parola, si nega ai media, Peterhansel ha detto che qualcosa forse, vai a sapere perché, non ha funzionato ma che, se l’ordine di scuderia dovesse essere aggiornato, bien sur che vi si atterrebbe. Con una coerenza ambientale straordinaria, anche Roma ha dichiarato che, ce l'aveva detto e tutti l'abbiamo potuto vedere, non c’era nessun ordine di scuderia, ognuno ha fatto la sua gara.

Tra colpi di scena e ordini di scuderia

Eccome, lo si è visto benissimo nel risultato e nei piccoli colpi di scena, forature, sbagli di navigazione, sorpasso io, no vai avanti te, prego, ma ci mancherebbe, che lo spettacolo della dodicesima tappa, nei suoi frangenti e nei suoi squisiti frammenti fuori programma, ha saputo offrire ad un pubblico attento e competente.

 



Mattachioni! Mattacchioni, torna a emergere il malfidato Benigni. Ma come, il team manager dà un ordine, chiarissimo nella sostanza anche se troppo educato nella forma, e finisce che uno non riesce ad eseguirlo e l’altro neanche ha sentito, rivelando que no habìa ordenes? No, signori, qui bisogna smetterla di fare in gentiluomini, bisogna far la voce grossa e farsi sentire. E soprattutto ubbidire! Ora, con soltanto trenta secondi in più o in meno da gestire, un’inezia sfuggente come una piuma inafferrabile perché trasportata da un vento bizzarro, la faccenda è ben più complicata. Dimmi te come faccio ad essere sicuro di stare dietro di venticinque, e peggio ancora, che devo fare se sono davanti di… boh, non so neanche quanti. Potrei fermarmi e far festa, ma no, devono essere tre sul podio, sennò addio progetto di parata Mini. La vedo dura, durissima.


Mah, non ci stiamo a pensare. Domani è il mio compleanno, non voglio regali. Anzi, uno sì, una risposta, e vi chiedo: chi vincerà questa Dakar?

Dormiamoci sopra e domattina prima del via, o più tardi all’arrivo, tutto ci sembrerà più chiaro e più facile, logicamente semplice!
Valparaiso, eccoci!

 

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