Dakar 2014, Rest Day. La situazione alla ripresa delle ostilità

Dakar 2014, Rest Day. La situazione alla ripresa delle ostilità
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La Dakar delle moto va in Bolivia e affronta la seconda tappa Marathon, quella delle auto resta in Cile con la Salta-Salta. La prima parte del Rally è stata durissima, e caratterizzata da una selezione severissima | <i>P. Batini</i>
12 gennaio 2014

Salta, 11 Gennaio. La Dakar riprende alle 04:30. Sveglia di notte dopo la giornata di riposo, e divisione della carovana. Al “bivio” di Salta, moto e quad passeranno in Bolivia per disputare la seconda tappa marathon del Rally con il bivacco di Uyuni, mentre auto e camion resteranno in Argentina per disputare la tappa ad anello Salta-Salta. La carovana si ricongiungerà quindi il giorno successivo oltre le Ande a Calama, per vivere nel deserto di Atacama la fase cruciale e finale della corsa.

Al giro di boa della giornata di riposo è ancora azzardato, se non fuori luogo, fare delle previsioni, ma è già possibile dire chi non vincerà, basandoci sulle indicazioni ovvie dei ritiri o dei major problems patiti da questo o quel Pilota o Equipaggio. Tutte le categorie di partecipazione restano virtualmente aperte, pur in taluni casi mettendo in mostra una tendenza più o meno chiara.

Le auto

La gara della auto appare ad un tempo altrettanto solida e… tremendamente fragile. Joan Roma, che ha vinto con le moto l’edizione del 2004, è in testa con un margine di mezz’ora abbondante su Orlando Terranova, una semi-rivelazione poiché per l’argentino si tratta di un bel salto di qualità, e su Stephane Peterhansel. La gara delle auto è stata globalmente più equilibrata rispetto a quella delle moto, ma non meno altalenante e animata dai colpi di scena. In sei giorni, quattro Piloti sono stati al comando. Il portoghese Carlos Sousa, Peterhansel, Carlos Sainz e Roma, che ha perso il primato il quarto giorno e lo ha riconquistato al termine di quello successivo. Sousa è fuori per un problema meccanico della pur sorprendente Haval, Sainz per un errore macroscopico di navigazione, e qualche problemuccio al Buggy SMG Original, e “Peter”, che pure ha pascolato, può imputare il suo ritardo in massima parte alle sei forature del terzo giorno di gara.

Quando Roma ha perso la leadership, sottrattagli dal più blasonato campione iberico Carlos Sainz il quarto giorno, gli esperti si sono scagliati contro l’immaturità agonistica del più giovane catalano. Al contrario, è bastato un giorno per dimostrarlo, “Nani” ha messo in mostra un notevole controllo della corsa e delle singole tappe, facendo propria un’esperienza che era ed è caratteristica del suo capo Squadra, Peterhansel. Ora il problema semmai è proprio della Squadra. Se a Roma piacerebbe moltissimo essere il terzo pilota della storia a vincere sia in auto che in moto, dopo Hubert Auriol e il compagno di Squadra, Peterhansel dal canto suo ha già dichiarato che per lui un terzo posto non vale nulla, e un’ulteriore, forte motivazione resta l’obiettivo originale di vincere per la sesta volta la corsa delle auto, uguagliare così il proprio record di vittorie ottenuto nel 1998 con la Yamaha, andare in… pensione e divertirsi tornando alla moto. Quindi per il francese l’imperativo è e resta uno solo: attaccare. A Sven Quandt andrebbe benissimo congelare la situazione attuale e portare tre Mini All4 Racing sui primi tre gradini sul podio di Valparaiso, ma è certo che Peterhansel non si sottometterà ad alcun ordine di scuderia. Se la battaglia dovesse diventare stellare, portando al teatro dell’Atacama anche il rischio di qualche negativo colpo di scena, in agguato c’è la Toyota di Giniel De Villiers, già vincitore con la Volkswagen nel 2009, e allora toccherebbe al Principe del Qatar Nasser Al-Attiyah il compito di restituire il sorriso globale al manager tedesco.


L’ultima auto italiana in gara è, dopo i ritiri senz’altro prematuri di Gianpaolo Bedin e della Famiglia Cinotto, Michele e Pietro, la PanDakar di Giulio Verzeletti e Antonio Cabini. La piccola “utilitaria” da corsa ha già ottenuto un risultato che, alla luce delle caratteristiche delle tappe sin qui disputate, è gigantesco. La piccola non è ancora stata messa alla prova delle dune cattedrale che attendono al varco la Dakar 2014, ma già essere uscita indenne, seppure al prezzo delle lunghe notti insonni dell’equipaggio, dall’inferno dell’Argentina è un successo clamoroso che premia soprattutto Verzeletti, il quale ha sempre creduto nella vetturetta.

Camion

La gara dei Camion, infine, vive essenzialmente del duello tra due Marche, IVECO e Kamaz che, a dispetto della mole degli elefanti del deserto, stanno mandando in scena una battaglia tiratissima e avvincente, giocata praticamente ogni giorno sul filo dei minuti e, come nell’ultima tappa prima del riposo, offrendo uno spettacolo da WRC. L’IVECO di Gerard De Rooy, quarto il primo giorno, è andato in testa il secondo giorno, e nelle tappe successive ha ottenuto due vittorie, potendo così assistere dall’alto alla rimonta del Kamaz di Andrey Karginov, operata però più sulle posizioni che sul recupero del ritardo, che invece è andato incrementandosi fino all’attuale mezz’ora. Né si può pensare che i Kamaz, che occupano le tre posizioni alle spalle dell’IVECO di De Rooy, possano in qualche modo favorire uno degli equipaggi con un gioco di squadra. La leadership di De Rooy, che ha già vinto nel 2012 ed è figlio del mitico Jan vincitore nel 1987 con un Daf, insomma, appare abbastanza solida.
Dakar permettendo, naturalmente, e intanto piove… sul bagnato. Piove a Salta e, pare, pioverà di sicuro in Bolivia.

 

Scopri le classifiche aggiornate della Tappa 6 di auto e moto

 

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