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1985. 552 equipaggi alla partenza dalla reggia di Versailles, 14.000 chilometri attraverso Francia, Algeria, Niger, Mali, Mauritania e Senegal, 17 tappe dall’1 al 22 gennaio con 7.500 chilometri di Prove Speciali. La Dakar è diventata un colossal, e richiama Carolina di Monaco e suo fratello, il principe ereditario Alberto Grimaldi, i migliori Piloti e quelli che sono ormai diventati dei veri e propri idoli, gli specialisti, gli assi della Dakar.
Grandi protagonisti
Bacou e Olivier con Yamaha, Baron, Lalay e Neveu con Honda, Rahier, Loiseaux e Fenouil con BMW. Tutti ufficiali. Tra le auto, la Porsche 959 realizzata espressamente per la Dakar di Ickx-Brasseur, Metge-Lemoine, Mass-Kiefer, la Mitsubishi di Zaniroli-Da Silva, Cowans-Syer e Beguin-Maingret, le Lada di Jabouille-Sardou e Lartigue-Giroux. Non manca la Renault dei Fratelli Marreau. Due Squadre italiane fanno il loro debutto. La Yamaha-Belgarda di Martini, con Franco Picco, Guglielmo Andreini, Gian Piero Findanno e Andrea Marinoni e la Honda Italia di Ormeni con Balestrieri e De Petri. Dal progetto sportivo di Hubert Auriol e dei suoi sponsor Ligier ed Elf, nasce un’altra realtà italiana, guidata da Roberto Azzalin, che realizza per la Dakar una bicilindrica motorizzata Ducati, la prima Gran Premio dei deserto anti BMW che sarà affidata a Auriol, Gilles Picard e Gianpaolo Marinoni.
Nessuna di queste operazioni si concluderà con un successo. Nella prima parte della corsa emergono il belga Guy Colsoul con una Opel, l’americano Chuck Stearns e Franco Picco con la Yamaha, il Daf da corsa di Jaan De Rooy, ma nel finale le vittorie andranno alla Mitsubishi di Patrick Zaniroli, che diventerà direttore sportivo della Dakar, allla Mercedes dei tedeschi Capito-Capito e, per la terza volta consecutiva alla BMW con il secondo successo di Gaston Rahier. Picco, che è stato in testa fino a Kiffa, conclude al terzo posto dietro a Rahier, Marinoni è quarto. Auriol si ferma nella penultima tappa per la rottura di una valvola. Come ancora oggi ricorda Azzalin, gli sarebbe bastato un cacciavite per tagliare la cinghia di distribuzione di quel cilindro, e con l’altro avrebbe portato la Cagiva del debutto alla vittoria.
1986: 486 equipaggi
1986. L’ottava edizione della Dakar parte da Versailles il 1° gennaio, con 486 equipaggi iscritti, il percorso portato a 15.000 chilometri, e 19 tappe attraverso Francia, Algeria, Niger, Mali, Burkina Faso, Senegal, fino al 22 gennaio. “Sarà una Dakar impietosa, dovrete affrontare il deserto con le vostre mani!” diceva il suo creatore al primo briefing. È la peggiore edizione della Storia, tragica.
Un'ecatombe
Thierry Sabine muore precipitando con il suo elicottero il 14 gennaio, e l’inventore della Dakar perde la vita, vicino al bivacco di Gourma Rharous, muoiono poi il cantante Daniel Balavoine, la giornalista Nathalie Odent, il marconista Jean-Paul Le Fur ed il pilota Francois-Xavier Bagnoud. Patrick Verdoy, braccio desto di Sabine, decide che la corsa deve andare avanti, e la carovana, all’inizio riluttante, si rimette in marcia su un programma che è largamente rimaneggiato, e che si chiude sul Lago Rosa con i successi di Cyril Neveu, con una nuova Honda bicilindrica progettata per vincere la Dakar, di René Metge con il prototipo Porsche 959 finalmente a punto, e dell’equipaggio italiano composto da Giacomo Vismara e Giulio Minnelli alla guida del piccolo camion Unimog Mercedes.
Gli italiani protagonisti
Andrea Balestrieri è terzo assoluto, Alessandro “Ciro” De Petri vince cinque tappe ed è quinto, Picco 4° ma non va oltre il decimo, Andrea Marinoni vince due volte, una volta Giampiero Findanno e per la prima volta anche Edi Orioli, che conclude la sua prima Dakar al sesto posto. Al traguardo anche Findanno, i due Marinoni, Roberto Boano e Francesco Germanetti, le auto di Savoldelli-Alberti, Sorghini-Bardini, Seppi Von Solder, Ansaloni-Palladini, i camion di Carnevale-Repetti, Belotti-Consonni e Dalla Valle-Ponzini.
1987: 13.000 km di percorso e 8.000 di PS
1987. Da Versailles, il primo gennaio 1987, al Lago Rosa il 22 gennaio dopo aver attraversato Francia, Algeria, Niger, Mali, Mauritania e Senegal in venti tappe, per un totale di 13.000 chilometri di cui oltre 8.000 di Prove Speciali. Giornata di riposo l’11 gennaio ad Agadez. L’eredità di Thierry Sabine viene raccolta dal padre, Gilbert, che affida l’incarico di dirigere la 9a Paris-Alger-Dakar a Patrick Verdoy e René Metge.
Jean Todt manda in scena per la prima volta tre prototipi Peugeot 205 Turbo 16 GR affidati a Ari Vatanen, Shekhar Mehta e Andrea Zanussi, una Range Rover va a Patrick Tambay, Jacky Ickx passa alla Lada e i fratelli Marreau si presentano al via ancora con una Renault, ma questa volta è un prototipo. Le Honda ufficiali vanno a Orioli, Lalay, Terruzzi, Balestrieri e Neveu, le Yamaha a Picco, Giorgio Grasso, Charbonnier e Bacou, le Cagiva a De Petri, Auriol, Picard e Franco Gualdi, una Suzuki va a Michele Rinaldi, che tornerà a casa spaventato dalla pericolosità della corsa.
La supremazia Peugeot
Il Rally passerà accanto all’albero del Ténéré, dove sono state sparse le ceneri di Thierry Sabine. La gara delle auto si risolve sin dall’inizio con la netta supremazia delle Peugeot, Vatanen e la Casa francese otterranno la vittoria al primo tentativo, un fatto insolito nella storia della Dakar. La gara delle moto è, invece, più combattuta e incerta, e lo resterà fino alla fine infiammata dal duello tra Auriol e Neveu, che si concluderà due giorni prima della fine con il drammatico incidente che costerà a Auriol, oltre la vittoria, anche la frattura di entrambe le caviglie. Cyril Neveu ottiene così con la Honda NXR la quinta vittoria, un record che resterà imbattuto fino al 1998, anno in cui Stephane Peterhansel vincerà per la sesta volta con la Yamaha. Zanussi e Arena vincono una tappa con la Peugeot, gli italiani Balestrieri, Terruzzi, De Petri e Picco ne vincono sei nelle moto, Orioli è secondo assoluto, Picco quarto, Guido Maletti 12°, Aldo Winkler 17°, Beppe Gualini 20°. Seppi e Arrivabene sono i migliori dei nostri con una Mercedes.