Dakar 2014, il confronto con l'edizione 2013: Despres era a 24 minuti... e altre storie

Dakar 2014, il confronto con l'edizione 2013: Despres era a 24 minuti... e altre storie
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L’anno scorso ero in pena per il forfait di Coma, quest’anno mi dispiace per Despres, che sembra avere perso la scommessa… Ma mi dispiace di più per quelli che passano la notte nel deserto e cui restano poche chances | <i>P. Batini</i>
9 gennaio 2014

Chilecito, 8 Gennaio - L’anno scorso Marc Coma dovette, a poche settimane dal via, rinunciare alla Dakar. Lo comunicò con le lacrime agli occhi e tutti ne fummo immensamente dispiaciuti. Molti dissero che Despres avrebbe vinto a mani basse, altri che non avrebbe cavato un ragno dal buco perché aveva perso il Pilota di riferimento dei suoi successi. 

Despres un anno fa...

Al termine dell’ottava tappa, Cyril Despres era quinto a 24 minuti dal comando della Dakar 2013, che proprio quel giorno era passato dalle mani di Olivier Pain a quelle di David Casteu. Era l’indomani della tappa marathon e del famoso cambio di motore con Dabrowski, mancavano sei tappe all’epilogo e solo Cyril diceva che aveva avuto abbastanza sfortuna, e che aspettava che arrivasse un giorno bello.

 

Tutti gli altri lo davano per spacciato. Due giorni dopo era secondo alle spalle del suo portatore d’acqua, allora Ruben Faria, e al termine della decima tappa riconquistava la leadership per portarla sana e salva fino a Santiago. L’Anno scorso mancava Coma, c’era già Joan Barreda che allora aveva rovinato tutto sin dalle prime tappe, e quando anche Despres sembrò fuori gioco si scatenò la corsa al successore. Che non portò da nessuna parte, perché non era ancora tempo di eredità. Niente, era solo una storia. Decidete voi che valore dargli nella prospettiva attuale.

Barreda: doveva darsi una regolata e invece...

Ieri dicevamo che per Barreda era venuto il momento di darsi una regolata. Aveva vinto e aveva 13 minuti di vantaggio, guarda caso su Cyril Despres. Oggi il giovane spagnolo ha sbagliato alla grande. È ancora primo, ma con soltanto tre minuti di vantaggio, guarda caso su Marc Coma, e ha lasciato sulla pista più di tre quarti del suo patrimonio. Se avesse aspettato Despres e Coma e li avesse seguiti per tutta la tappa, diligentemente sino al traguardo, avrebbe perso quattro o cinque minuti al massimo. Avrebbe perso di più contro Lopez, ma neanche la metà di quello che gli aveva guadagnato al termine della terza tappa. Sarebbe, insomma, ancora in una botte di ferro. Ora Barreda si ha puesto nervioso, e accusa gli organizzatori per un errore del road book. Dice che non importa, che domani rimette tutte le cose al loro posto. È un grande Pilota, questo è fuori discussione, ma la Dakar si vince in due settimane e si perde in due minuti. Il difficile è “tutto lì”. Niente, solo un’altra storia, inutile come tutto il senno di poi.

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Barreda ha voluto dare il massimo, sempre, e ora si ritrova con un vantaggio risicatissimo sui suoi inseguitori

Nani Roma: maturo per vincere

Molti, anche gli organizzatori della Dakar, si sono affrettati a dare del pollo a Joan Roma perché non ha saputo mantenere il comando della generale e lo ha ceduto a Carlos Sainz. Al contrario, penso che Roma abbia portato a termine una tappa esemplare. Ha aperto la pista per tutto il giorno, ha superato gli ostacoli di navigazione senza sbagliare, non ha forato. Ha, forse, fatto un piccolissimo errore di calcolo, sbagliando sull’entità vantaggio che avrebbe conservato con questa strategia, ma forse no, risolvendo matematicamente l’equazione avrebbe rischiato troppo. In ogni caso la sua tappa è stata ben più che eccellente. Nani non ha strafatto il giorno dopo il suo primo successo, non ha guidato con l’intento di dare spettacolo preferendo badare al sodo, ed è secondo a due minuti dal “Matador”. Liquidarlo sostenendo che ha messo in mostra dei limiti è offensivo. Joan Roma ha dimostrato oggi di aver raggiunto la maturità per vincere la Dakar. E non dimentichiamo che “Nani” sa come si vince la Dakar, l’ha già fatto nel 2004 con una KTM. Niente, solo per zittire certe storie, secondo me ingiuste.

Molti, anche gli organizzatori della Dakar, si sono affrettati a dare del pollo a Joan Roma perché non ha saputo mantenere il comando della generale e lo ha ceduto a Carlos Sainz. Al contrario, penso che Roma abbia portato a termine una tappa esemplare

La notte nel deserto è per molti

La partenza della quarta tappa dei motociclisti è stata data due ore dopo rispetto al programma originale. Per consentire agli organizzatori di recuperare i concorrenti ancora dispersi nella 3a tappa e dare al massimo numero di loro la possibilità di prendere il via in quella successiva. I ritardatari avevano così due ore di più per restare in gara. Ma la coperta non si allunga, come cita il proverbio, dunque la verità è anche un’altra, e lì sì che c’è un errore di calcolo, e cioè che nella quarta tappa i più lenti hanno avuto due ore meno di luce, e una notte ancora più lunga davanti a loro, e un’alba tragica più vicina. Se amate fare tardi come me date un’occhiata alle classifiche attorno alla mezzanotte. Ieri, per esempio, in Argentina erano le venti, il magnifico Joan Pedrero aveva concluso la sua fatica da oltre quattro ore. Ma dei più di centoquaranta motociclisti alla partenza, circa la metà era ancora dentro la tappa. Al tramonto del sole. Solo un italiano, Paolo ceci, al traguardo. Tra le auto, stessa storia. Metà all’arrivo, Pietro Cinotto il più vicino al traguardo, suo padre molto indietro, e anche per loro sempre più incombente la partenza della 5a tappa, oltre 900 chilometri. I Camion, idem, ma almeno sugli elefanti del deserto c’è di tutto, dal salamino al vino, dalla musica al sacco a pelo. I Quad, Camelia Liparoti ancora dentro, stessa storia.

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Camelia Liparoti rimane in gara con il suo quad


No, questa non è una storia, è la realtà quotidiana della Dakar, da quando esiste, riproposta da un’edizione che si sta dimostrando tra le più dure degli ultimi dieci anni. Una realtà che è il rovescio della medaglia, che fa dispiacere. Una notte, una Dakar di qualche anno fa, sono riuscito ad entrare nell’aereo del PC Course, che è rigorosamente off limits. C’era un monitor, con tanti puntini rossi che lampeggiavano. Erano il quadro di localizzazione GPS di tutti quei Piloti che, fermi nel deserto, aspettavano l’alba per ripartire. Sicuramente avvolti nella coperta di alluminio, crollati, che cercavano di riposare. Tutto sotto controllo, diceva il funzionario dell’organizzazione preposto al monitoraggio della corsa. Fa parte del gioco!

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