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E arriva il Natale. Quasi all’improvviso, nonostante la lunga, ancora infantile e ansiosa, immancabile attesa. Un altro po’ e siamo ancora qui a scrivere la nostra letterina a Babbo Natale. Quella vera, un po’ credulona e romantica, diretta e senza metafore o moventi scaramantici. Quella piena di desideri che, se fossero esauditi, cambierebbero non solo la nostra vita ma quella di tutti gli esseri viventi dell’intero Pianeta.
Un'atmosfera unica
Gli abeti natalizi, alla stazione o in piazza del comune, sul piazzale a mare o nella hall del centro commerciale, ne sono tappezzati. A centinaia, scritti a casa in bella calligrafia, o al volo sul biglietto del treno o sullo scontrino, su un foglio strappato all’agenda. Attaccati con una spilla o un “nasino” per stendere la biancheria. Molti sciolgono il nodo della retorica più classica, spogliano di ogni materialità il desiderio e, facendosi vettori dell’umanità per l’umanità, chiedono pace e fraternità.
Dilagano i sentimentali, che chiedono a Santa Claus l’eternità dell’amore in corso, e non mancano i praticoni, che supplicano il treno veloce per una volta puntuale, o almeno in tempo per la coincidenza con l’ultimo regionale. Il sogno sociale esprime desiderio di lavoro per tutti, o di risalita e di un diverso, più saggio benessere, quello politico chiede meno tasse oppure, se proprio il fisco non si può toccare, che Babbo Natale, sulla sua slitta e al rientro al Polo Nord, si porti appresso Renzi o Berlusconi, da abbandonare tra i ghiacci eterni.
Caro Babbo Natale: quest'anno vorrei tanto vincere la Dakar...
All’aeroporto di Francoforte, un bigliettino appeso più in alto di tutti, grande come un A3 e scritto con un pennarello indelebile da mezzo pollice, cita: “Caro Babbo Natale, fino ad ora non ti ho mai chiesto nulla. Adesso ho un desiderio preciso. Per favore fammi vincere la Dakar!”
Difficile risalire all’autore, e forse per questo il biglietto è stato lasciato ad un crocevia europeo. Ed è così che Babbo Natale è salito in business con un quotidiano sportivo sotto il braccio, ed è stato visto scorrere un elenco degli iscritti alla Dakar Argentina-Bolivia-Cile, certamente alla ricerca del nome a cui associare la letterina, rigorosamente anonima, a lui indirizzata.
Ma il testo è enigmatico. Cosa vuol dire “vincere la Dakar”? Vincere per la prima volta, proprio questa che sta per arrivare, che parte il 5 gennaio da Rosario, in Argentina, e termina a Valparaiso, in Cile, il 18? Troppi nomi, e pochi da escludere. La Dakar, tra i Piloti iscritti anche alla 34ma edizione, l’hanno vinta in pochi. In auto, il principe del Qatar e medaglia olimpica nello Skeet Nasser Al-Attyia, vincitore nel 2011 con la Volkswagen e, dopo l’esperimento con il buggy dello scorso anno, all’ultimo momento nell’abitacolo di una Mini.
Chi avrà scritto la letterina?
Il sudafricano Giniel de Villiers, dieci Dakar sulle spalle e primo nel 2009 con la VW, quest’anno in gara con una Toyota di cui si dice un gran bene. Il mito spagnolo Carlos Sainz, Mondiale Rally WRC, anche lui primo con la macchina tedesca nel 2010, e ora al debutto con un buggy francese SMG, molto ben fatto e preparato.
La lista dei motociclisti che aspirano a una conferma è ancora più corta. Solo in moto, Cyril Despres, vincitore cinque volte, e Marc Coma, tre. Dal 2005 la Dakar è un affare privato tra i due fuoriclasse che, fino all’anno scorso (o ancora… in corso) correvano insieme in sella ad una KTM, la moto a sua volta imbattuta dall’ormai lontano 2001, anno del primo successo per gli austriaci grazie all’impresa memorabile dell’indimenticato Fabrizio Meoni.
Pochi nomi, insomma, sono scritti nell’albo d’oro della Dakar e, contemporaneamente, nella lunga lista di partenti all’edizione 2014. È logico, per undici volte un nome solo ha fagocitato la storia della Dakar, quello di “Monsieur Dakar”, Stephane Peterhansel. L’asso francese ha vinto sei volte in moto, dal 1988 al 1998, sempre con la Yamaha di Patron Jean-Claude Olivier, e quindi cinque volte in auto, a partire dal 2004 e dividendo i successi tra Mitsubishi e Mini All4 Racing.
Gli "insospettabili"
Forse, invece, la letterina è stata scritta da un Pilota che non ha mai vinto, e magari ci è andato vicino o ha tutte le carte in regola per inserire il proprio nome nell’epopea dell’avventura. Babbo Natale si appassiona, e scruta pensieroso i nomi. Si lascia affascinare da Robby Gordon e dalla sua rombante auto arancione e nero, quella che una volta era molto Hummer, poi sempre meno e adesso è un prototipo curioso, ma certamente, in mano a un Pilota disinvolto e aggressivo come l’americano, una vettura con delle credenziali.
Riflette sulla carriera di Joan “Nani” Roma, il primo spagnolo a vincere la Dakar, in moto nel 2004, e adesso nella stessa squadra di Stephane Peterhansel. Il catalano è cresciuto senz’altro molto, e la macchina di Sven Quantd, Peterhansel a parte, è quella giusta. Un portoghese, Carlos Souza, un argentino, Orlando Terranova, un brasiliano, Guillherme Spinelli? Bravi, in Sudamerica possono dire la loro.
Il francese Guerlain Chicherit, Babbo Natale se lo ricorda in un altro sport, o il polacco Krzystof Holowczyc? A guardare ai pezzi da novanta con i numeri più bassi, non è fuori luogo che uno di questi outsiders abbia pensato di non lasciare nulla al caso e a scrivere la sua letterina. “Far fuori” uno di quelli è impresa non da poco. Ma l’enigma resta, anche passando alla lista dei motociclisti.
E se fosse stata scritta dal "super-squadrone"?
Questa storia di Honda che schiera una Squadra da capogiro è affascinante. Sembra quasi che la missione dei giapponesi, che sono tornati in forma ufficiale lo scorso anno, voglia andare sul sicuro. La moto è completamente nuova, e sostanzialmente diversa anche dal prototipo dello scorso anno. In Marocco, ultimo appuntamento stagionale con i Grandi Rally, ha vinto e convinto.
Joan Barreda è il Pilota sulla bocca di tutti, e il suo passaggio da SpeedBrain a Honda ha suscitato non poco clamore. Il trentenne Pilota di Castellon è alla terza Dakar, e sinora ha fatto vedere grandi cose ma ha raccolto poco. Dopo il “test” della potenza e delle prestazioni pure, dunque, Barreda è atteso alla prova dell’affidabilità, e alla conversione del suo potenziale in risultato. Sulla sua strada Barreda trova il compagno di Squadra che lo accompagna dai tempi dell’avventura SpeedBrain, Paulo Gonçalves.
Il portoghese ha capitalizzato proprio quest’anno l’esperienza accumulata, diventando Campione del Mondo. Vincere aiuta a vincere. Per questo Gonçalves diventa automaticamente un serio candidato al successo finale. Helder Rodrigues, Campione del Mondo 2011, il primo “grosso” nome della nuova avventura HRC. Esperienza da vendere, ma non certamente la velocità dei “mostri”. Ecco, se proprio si deve pensare a uno che si rivolge a Babbo Natale, sì, il portoghese potrebbe essere.
I "padroni di casa"
E se fosse stato Francisco Lopez, l’idolo cileno? “Chaleco” ha la nuova KTM, la stessa di Marc Coma, Ruben Faria e Jordi Viladoms, recuperata all’ultimo momento, e due podi in sei Dakar. Per quanto si tenti di dirlo, non si può più considerare Lopez uno che “corre in casa”, poiché metà della prossima Dakar, e a quanto pare una metà “pesante, si sviluppa prima in Argentina e Bolivia. Potrebbe essere, ma Francisco è un “solitario”, un Pilota abituato a fare e stare da solo, in mezzo alla gente e nel nulla del suo deserto dell’Atacama.
Poi ci sono i Piloti che hanno già vinto, Coma e Despres. Ambedue avrebbero un buon motivo per chiedere anche il supporto di Babbo Natale. Lo spagnolo, sulla cui classe non si discute, si trova per la prima volta a condividere il ruolo di favorito con più di un avversario, ha “saltato” l’edizione 2013 per infortunio e ha una moto nuova, provata poco in gara. Despres, il Campione in carica, ha cambiato Squadra e Moto, dalla KTM alla Yamaha, la moto non è nuovissima e non ha mai vinto, e soprattutto, per il francese, la posta in palio è altissima. Dovesse vincere anche quest’anno, Despres eguaglierebbe il record di Peterhansel sino alla scorsa edizione ritenuto inattaccabile. L’argomento merita un ragionamento a parte.
Un po' di tricolore
E poi, finalmente c’è un italiano. Alessandro Botturi. Il gigante di Lumezzane corre con la SpeedBrain anche quest’anno, dopo essere stato tenuto in sospeso per molto tempo, all’indomani della Dakar, su una falsa pista Honda. Botturi ha talento, una “fisicità” invidiabile, e già molta esperienza nonostante sia arrivato ai Rally soltanto nel 2012. In quell’anno fu il “rookie of the year”, ottavo assoluto, e l’anno scorso si è dovuto ritirare per un problema alla moto. Con Botturi abbiamo parlato a lungo, e ne riparleremo nei prossimi giorni con l’intervista che ci ha rilasciato.
Per la verità non gli abbiamo chiesto se è stato lui ad appendere quella letterina a Babbo Natale, e non ci risulta sia stato lui scriverla. Lo si capisce dall’introduzione che Alessandro fa della Dakar che parte tra dieci giorni.
«È una Dakar che ho studiato a fondo, e che ritengo molto più difficile di quelle che ho disputato sinora. Sono certo che sarà dura da subito, e che già nei primi giorni prenderà una forma abbastanza definita. Me ne accorgo guardando come saranno le tappe in Argentina, risolvendo, almeno sulla carta, il “caso” Bolivia, e facendo due conti sulle forze in campo, sulle Squadre, sulle Moto, sui Piloti impegnati in una battaglia assicurata già prima di partire. Posso anticipare due cose importanti: sarà una Dakar bellissima e io sono molto tranquillo. È anche per questo che la prima cosa da dire non riguarda la Dakar, ma il Natale e le Feste. Ci tenevo a fare personalmente gli auguri a tutti i lettori. Auguro a tutti di passare un Natale sereno, e di avvicinarsi al Nuovo Anno con la grinta giusta. Sarà un grande anno! Una richiesta ce l’ho anche io, non per Babbo Natale ma rivolta a tutti voi. Seguitemi durate la Dakar. Mi impegnerò come sempre al massimo, e vi prometto che vi farò divertire!».
Toh, è proprio quello che volevamo dire anche noi.
Tantissimi auguri. Di Buon Natale e di Strafelice Anno Nuovo