Dakar 2014: a poche ore dalla partenza per molti piloti è già un inferno

Dakar 2014: a poche ore dalla partenza per molti piloti è già un inferno
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La Dakar 2014 si è rivelata immediatamente “tosta”. E per molti piloti le prime tappe si sono già trasformate in un incubo. Ecco le loro storie | <i>P. Batini</i>
6 gennaio 2014

Dakar 2014: alla seconda tappa è diventata già durissima

San Rafael, 6 Gennaio - La Dakar 2014 si è rivelata immediatamente “tosta”. Era stato annunciato e questa volta l’indicazione era non solo una minaccia di overdose di avventura, ma un dato attendibile e rilevabile con una certa accuratezza. La chiave per decifrare lo spessore di questa Dakar non è nella natura del terreno o nella sequenza di variazioni altimetriche importanti, non solo almeno, ma è in quei 50-100 chilometri di corsa aggiunti ogni giorno al programma.

 

Per i piloti ufficiali, o i più bravi e fortunati, si tratta, infatti, di un aumento della dose che ha solo un peso percentuale. Bisogna, però, pensare ai più lenti, ai meno preparati o bravi, ai meno dotati in quanto ad organizzazione logistica, e soprattutto ai meno fortunati, per capire che la giornata tipo del Rally è diventata una autentica spada di Damocle. Oggi Pal Anders Ullevalseter ha avuto un problema meccanico tra le dune di Nihuil, un brutto posto per cadere in panne, ed è tornato indietro e, forse, a casa, Paolo Ceci si è fermato per aiutare Juan-Carlos Salvatierra e ha avuto la fortuna di poter ripartire in fretta e di concludere non troppo indietro, e Botturi ha visto infrangersi tra le dune di Nohuil il sogno che culla da tre anni. Sono i “colpi di scena” che la Dakar sportiva offre ogni giorno. Bianco o nero.

Bisogna, però, pensare ai più lenti, ai meno preparati o bravi, ai meno dotati in quanto ad organizzazione logistica, e soprattutto ai meno fortunati, per capire che la giornata tipo del Rally è diventata una autentica spada di Damocle

 

Ma prendiamo il caso dei fratelli Escalé. Gilbert e Oriol, gemelli, hanno animato le news della vigilia per il colpo di… fortuna piovuto loro addosso, leggi il gesto generoso di Al-Attiyah che ha completato un budget che, altrimenti, avrebbe trattenuto uno di loro a casa. I due giovani spagnoli, vent’anni, avevano già lanciato in aria la monetina, poi è arrivato il Principe del Qatar, come il Genio della Lampada. Fuori di sé per la gioia, Gilbert e Oriol sono partiti alla volta dell’Argentina e, quindi, in gara. Ma dopo pochi chilometri della prima tappa la moto di Gilbert si è fermata per un guasto alla trasmissione finale. Insieme i fratelli hanno riparato alla meglio e sono ripartiti. Poco più avanti lo stesso guaio, questa volta più grave poiché la catena si è spezzata e ha danneggiato anche il carter motore. Da quel momento è iniziato il Calvario. Oriol ha concluso la tappa, ma ha dovuto attendere per ore, sempre più ansiosamente, l’arrivo del fratello, che è poi arrivato al bivacco di San Luis distrutto, fisicamente e nell’anima. Per loro la prima tappa, quasi un’entusiastica passerella per gli altri, è diventata un incubo.

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Per molti piloti una tappa può trasformarsi rapidamente in un incubo

Le difficoltà della seconda tappa

Hanno ripreso la corsa, naturalmente, ma dal penultimo e terzultimo posto e già sovraccaricati di fatica e di apprensione. Bene, quella fatica quasi gratuita, non prevista e prolungata mentalmente, Gilbert e Oriol, che continueranno insieme, non la recupereranno più. Non ci sarà tempo per riposare, neanche durante la giornata di riposo. Ecco, questa è la Dakar dei privati, come Francesco Beltrami, che detiene il non glorioso record di essere stato tra le prime vittime di un guasto di questa Dakar. Una cosa analoga, meno “appuntita” ma ugualmente incisiva, è capitata a Michele Cinotto e all’amico Fulvio Zini, e in tono minore al figlio Pietro che corre in coppia con Maurizio Dominella. L’ex ufficiale Lancia e Audi ha rotto la pinza di un freno della loro Toyota, a da lì ha patito una serie di guai, compreso un fuoristrada, ovviamente fuori programma, con danni alla carrozzeria e al parabrezza. Ore di lavoro.

 

Al figlio Pietro, ormai in vista del traguardo, si è staccata una ruota. Altro lavoro. Padre e figlio sono arrivati al traguardo, ma con un ritardo sostanzioso e molto lavoro da fare durante la notte. C’è l’assistenza del team, che peraltro poteva preoccuparsi un po’ prima e mettere la macchina in condizione di non subire danni d’altri tempi, ma il ritardo, l’ansia, restano, e la Dakar già sulla carta difficile lo diventa ancor di più. Poi, magari, va tutto bene a tutti quanti, ma immaginate il carico di apprensione che tocca a quei Piloti meno fortunati, da moltiplicare per le quasi due settimane di corsa ancora davanti a loro!

 

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