Dakar 2014, 3a Tappa. Difficoltà & Circostanze Fatali

Dakar 2014, 3a Tappa. Difficoltà & Circostanze Fatali
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La terza tappa della Dakar ha messo a nudo un altro aspetto della durezza del percorso, micidialmente “studiato” per la sicurezza, sì, ma anche per operare una forte selezione sin dalle prime tappe | <i>P. Batini</i>
8 gennaio 2014

San Juan, 7 Gennaio. L’ombra maestosa dell’Aconcagua, con il passaggio a 4.300 metri della terza Speciale della Dakar, record romantico ma fittizio, è stata anche la prima avvisaglia dell’ombra minacciosa delle difficoltà che accompagneranno i concorrenti per buona parte di questa Dakar. La selezione è stata dura, e quella determinata ieri potrà consumarsi ancora durante la quarta tappa, e forse anche in quelle successive.

Percorsi differenziati per auto e moto

Le giornate della Dakar si sono allungate a dismisura, non è solo un incremento percentuale, rendendo la vita durissima a tutti quanti. Persino la differenziazione dei percorsi per le moto e per le auto, se da un lato garantisce nuovi, importanti livelli di sicurezza, dall’altro offre agli organizzatori la possibilità di calcare la mano, di accentuare la durezza della Prova. Lo si è visto chiaramente durante e alla fine della terza tappa, non ostante la riduzione del chilometraggio della PS per impraticabilità del… campo.

Auto e moto hanno vissuto diversamente, e con diversi, a volte inediti risvolti e conseguenze, le differenti circostanze ostili, pagando globalmente caro il prezzo della terza giornata. Direte: “Era stato annunciato!”. Certo, ma era stato annunciato molto in generale, e senza scendere nel dettaglio si fa più romanzo che cronaca. Per gli automobilisti è stata una tappa frustrante a causa non delle difficoltà specifiche, ma piuttosto della natura del terreno.

Peterhansel, per esempio, ha lasciato nelle mani del compagno di Squadra Joan Roma la leadership della corsa, scendendo di quasi mezz’ora e quattro posizioni dal trono provvisorio della corsa. Un costo sicuramente alto, sembra più una punizione, per il solo fatto di aver dovuto partire per primo. Ma il prezzo della sua sconfitta nella terza tappa è da attribuire non alla fatica di aprire la pista, ma al compito ingrato di doverla… pulire. Raccogliendo e allontanando dalla “careggiata” gran parte delle spine e dei sassi più acuminati Stephane, e come lui in misura decrescente Sainz e De Villiers, ha fatto un gran favore agli avversari partiti alle sue spalle da San Rafael, che hanno così trovato tracce per navigare correttamente e il fondo della pista “spazzato” dal passaggio dei battistrada, che intanto foravano a ripetizione.

Peterhansel ha lasciato nelle mani del compagno di Squadra Joan Roma la leadership della corsa, scendendo di quasi mezz’ora e quattro posizioni dal trono provvisorio della corsa. Un costo sicuramente alto per il solo fatto di aver dovuto partire per primo

Tracciato motociclistico

La tappa delle moto ha avuto anch’essa la sua caratteristica “punitiva”. Non nella lunghezza della Speciale, tra l’altro ridotta, o nella sabbia come era stato nella giornata precedente, ma nella conformazione del tracciato molto, troppo “motociclistico”. Bello l’Aconcagua e l’assaggio del menù andino che si svilupperà più avanti, ma molto meno belli, sotto il profilo pratico della guida, quei tratti accidentati e sassosi della montagna destinati più a “punire” moto e Piloti che a enfatizzare le caratteristiche di agilità e bravura del binomio a due ruote.

È così che si sono moltiplicati i tempi di percorrenza, gli errori di navigazione e, anche la pericolosità. Se uno come Joan Barreda è riuscito ad esaltarsi e ad esaltare le caratteristiche della tappa, volando sulle rocce e nella classifica generale, per molti altri le cose sono andate decisamente peggio. Gonçalves, Grabham e Sunderland, per esempio, si sono persi sulla Montagna e hanno buttato ogni chance di successo nella corsa. Giù per un canyon sbagliato, i tre Piloti si sono ritrovati in un cul de sac, obbligati ad una fatica inverosimile per risalire e riprendere la pista giusta. E peggio ancora è andata a Frans Verhoeven o a Pablo Quintanilla, fratturati, a Marcos Patronelli che si è lanciato un attimo prima che il suo Quad volasse giù nel precipizio salvando la vita, e a Ruben Farias, caduto disastrosamente tra le rocce. Tutti incappati in brutte circostanze e costretti al ritiro. Faria è il Pilota che ha fatto preoccupare di più. Scoperto sulla pista da Paulo Gonçalves, che è rimasto con lui fino all’arrivo di soccorsi, è stato poi evacuato in elicottero verso l’ospedale di San Juan dove, per fortuna, le sue condizioni si sono rivelate non così preoccupanti come la drammaticità della scena aveva indotto a temere.

Le giornate della Dakar si sono allungate a dismisura rendendo la vita durissima a tutti quanti. Persino la differenziazione dei percorsi per le moto e per le auto, se da un lato garantisce nuovi, importanti livelli di sicurezza, dall’altro offre agli organizzatori la possibilità di calcare la mano, di accentuare la durezza della Prova

Condizioni proibitive

Senza contare che, se per Barreda, ma anche Coma, Despres, Duclos e Casteu la tappa si è risolta rapidamente, entro le quattro ore di percorrenza, per i meno fortunati le difficoltà hanno avuto come effetto una progressiva e terribile dilatazione dei tempi, raddoppiati, triplicati, portati all’infinito. Condannati al buio e alla notte, per i concorrenti dalla cinquantesima posizione in poi è stata una sofferenza crescente,  cui si è aggiunto l’obbligo di provvedere da soli alla manutenzione della moto con appena il tempo, in alcuni casi ma non i più sfortunati, di presentarsi alla partenza della tappa successiva. Naturalmente senza riposare.
Anche questa è la Dakar, si dice, quella inflessibile nella decimazione dei suoi appassionati concorrenti, che “tradisce” Botturi o Ullevalseter vittime di un problema meccanico, o Alex Zanotti, a piedi con una ruota distrutta prima ancora di entrare in Speciale, e che elimina senza tante storie Diocleziano Toia, con una spalla rotta, o Gaetano de Filippo e Filippo Talini, “malmenati” e sfiniti, o Carlo Seminara.

Una gara "vecchio stile"

Ci sono state occasioni, per la verità rare, in cui la Dakar si è dimostrata relativamente “facile”, comunque alla portata di Piloti magari non stellari ma caparbi, che hanno avuto la fortuna di partecipare ad un’edizione “fattibile”, e magari di realizzare il sogno della loro vita al primo colpo. La Dakar 2014 non è certamente una di quelle edizioni, fortunate e indulgenti. Anzi, sembra molto di più una di quelle “insopportabili” di tanti anni fa.

 

Scopri le classifiche aggiornate della Tappa 3 di auto e moto

 

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