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Santiago, 19 gennaio - Sono gli ultimi 600 chilometri, con una prova speciale lunga, 350 chilometri, spezzata da un interminabile intermezzo neutralizzato di quasi 200. 110 chilometri cronometrati a Canela Baja, prima, e solo 15 a Limache, nell’epilogo-spettacolo della 34ma Dakar all’interno di una “fazenda”. È l’ultimo giorno, l’ultimo sforzo, “vitale” perché l’impresa possa essere portata essere ritenuta compiuta, e uno stress psicologico, dopo 13 giorni di fatica, di incertezza e di logorio, quasi insopportabile. Domani c’è Santiago, Piazza della Costituzione davanti al Palazzo de la Moneda, il podio di arrivo, ma la gara finisce oggi, al termine dell’ultima Speciale.
Peterhansel vince la 34ma Dakar
Stephane Peterhansel ha vinto la 34ma Dakar, insieme all’inseparabile navigatore Jean-Paul Cottret. Ha portato la Mini All4 Racing alla seconda vittoria consecutiva, davanti al sudafricano Giniel De Villiers, campione nel 2009, e al russo Leonid Novitskiy. Ha vinto secondo i pronostici, ma strabiliando una volta di più e ancor di più. Ogni Dakar ha la sua storia, ogni Dakar lancia la sfida di nuovi limiti da superare, e non esiste una Dakar uguale all’altra. Vincerla una volta insegna quel qualcosa che in ogni disciplina è il culmine dell’esperienza, ma che alla Dakar non è mai una garanzia. Pensiamo più attentamente, adesso, a cosa vuol dire vincerla undici volte.
Chi è Stephan Peterhansel
Stephane Peterhansel, classe 1975, nato in Alta Savoia, era già stato campione di skateboard e di Enduro quando arrivò alla Dakar nel 1988, promosso ufficiale Yamaha dal mentore di molti tra i più grandi Piloti francesi, Jean-Claude Olivier. Nel 1992 vinse la sua prima, inaugurando l’incredibile serie che si sarebbe chiusa nel 1998 con la vittoria della sesta Dakar, una più del precedente record di cinque successi detenuto in precedenza da Cyril Neveu. L’anno successivo Peterhansel passò alle auto. Diceva allora: «So come sono le piste e come affrontare una gara lunga e difficile come questa. So anche come si fa a vincerla. Ma non ho la minima idea di come si possa farlo con quattro ruote da mettere su due tracce parallele».
“Stephane Peterhansel, classe 1975, nato in Alta Savoia, era già stato campione di skateboard e di Enduro quando arrivò alla Dakar nel 1988, promosso ufficiale Yamaha dal mentore di molti tra i più grandi Piloti francesi, Jean-Claude Olivier”
Imparò in fretta, il Peterhansel automobilista, concludendo al settimo posto e sfiorando la vittoria l’anno successivo con un’auto prototipo, la Mega, che egli stesso aveva fatto sviluppare per il proprio Team. Nel frattempo Stephane tornò per un attimo, nel 2001, all’antico amore, e vinse il Campionato del Mondo di Enduro con una Yamaha del Team Ufo di Filippo Lamotte. Nel 2004, ufficiale Mitsubishi da poco più di un anno, ottiene la consacrazione anche con le auto, e con la stessa macchina vince anche l’anno successivo e nel 2007. Chiusa l’avventura “Mitsu” con il ritiro del costruttore giapponese, Peterhansel entra a far parte della Scuderia tedesca X-Raid di Sven Quandt, e apre il capitolo della sua storia “moderna” che culmina con la vittoria dello scorso anno e con il bis di queste ore.
Dal punto di vista ”amministrativo” la Dakar 2013 di Peterhansel ha pochissima storia, o forse una sola, agghiacciante. “Peter” ha vinto una sola prova speciale, la settima tra Calama e Salta, ma è stato in testa alla corsa, senza mai un attimo soltanto di esitazione o un’incertezza, dalla seconda tappa fino alla fine. Dodici giorni di leadership nei quali ha ben presto portato il proprio vantaggio ad una soglia impossibile da avvicinare per i suoi avversari. Ma il pensiero di Stephane all’arrivo a Santiago è lo stesso che lo accompagna dal 12 gennaio. Dedicare la sua undicesima vittoria al suo mentore ed amico, JCO, che in quel giorno ha perso la vita in un incidente stradale.
Gli avversari del vincitore della Dakar 2013
Avversari? Diciamolo, almeno sulla carta, molti e bravissimi… se Peterhansel non fosse stato lì, a ridimensionarne le ambizioni e smorzare gli ardori giorno dopo giorno. Senz’altro il più bravo è Giniel De Villiers, che ha portato la Toyota ad un livello di competitività invidiabile (ma non ancora sufficiente ad insidiare le Mini), e che è un mago nel gestire le risorse, si direbbe un ragioniere con il pallino del volante. Bravi Joan Roma e Leonid Novitskiy, ma con la stessa macchina di Pterhansel, la Mini, e in quest’ordine, inverso alla classifica finale che premia il russo e avvilisce un po’ lo spagnolo.
“Avversari? Diciamolo, almeno sulla carta, molti e bravissimi… se Peterhansel non fosse stato lì, a ridimensionarne le ambizioni e smorzare gli ardori giorno dopo giorno”
Bravi i sudamericani, ben rappresentati da Lucio Alvarez e Orlando Teranova, rapidi e sufficientemente precisi a lungo termine. Bravi anche quelli con due ruote motrici e con i buggy. Tra i più bravi di questi, classe personale a parte, Al-Attiya e Carlos Sainz, che hanno fatto fare i miracoli a una macchina che aveva pochi mesi di esperienza, e Philippe Gache, cha ha messo nella mani di Guerlain Chicherit un buggy davvero competitivo. E bravo Robby Gordon, ne abbiamo già parlato abbondantemente. Da mettere a registro Hummer e Pilota, ma l’originale “insieme” vuol dire un grande spettacolo e un atteggiamento tutto sommato nuovo e non fuori luogo alla Dakar.
L’ultima prova speciale della Dakar 2013 l’ha vinta Joan “Nani” Roma, lo spagnolo che ha già vinto una volta la Dakar, ma nell’ormai lontano 2004, in moto. Oggi “Nani” è Pilota ufficiale Mini All4 Racing, forse il più forte della disciplina… se non avesse come compagno in Squadra, e di fronte in pista, Stephane Peterhansel. Oggi Roma ha vinto, ma ieri aveva rinunciato al terzo posto sul podio di Santiago per proteggere le spalle a Peterhansel, aspettandolo sulla pista e seguendolo diligentemente fino alla conclusione della tappa. Ecco, questa è la storia che non avevamo fatto in tempo a raccontarvi ieri, quella di un grade uomo. Certo, ieri Roma aveva seguito un ordine di scuderia logico, ma non poteva essere logico che Sven Quandt restituisse a “Nani” il piacere?