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La Rioja, 14 gennaio - La Rioja è una mèta nota ai fedelissimi della Dakar sudamericana, e la decima tappa tutta argentina della Dakar. Quasi un “classico” della sua Storia. Merito della configurazione antologica di questa edizione, disegnata pescando dagli hilights delle prime quattro Dakar sudamericane. Ancora una tappa “niente male”, però, tutta da scoprire. Non basta, infatti, correre nella stessa regione per trovare le stesse situazioni.
Percorsi ancora diversi per auto e moto, ma per entrambe le categorie circa 350 chilometri di Prova Speciale e un trasferimento finale di poco meno di 300 chilometri. Piste ancora “da guidare”, ma meno “trappole” lungo il tracciato, che si rivela, anzi, abbastanza scorrevole e su terreni prevalentemente duri. Molto caldo, quello sì, e tappa ancora “delicata”, perché ormai sulla Dakar aleggia lo spauracchio dell’errore, del guasto, dell’incidente o solo dell’imprevisto. Di un frangente inaspettato, insomma, che possa vanificare i dieci giorni d’impegno ad altissimo livello sin qui faticosamente messi in cascina.
Al-Attiya si ritira
Prima ancora di iniziare arriva la prima “stortura”, ovvero la conferma del ritiro di Al-Attiya. Alla fine pare quasi una decisione del Pilota, ma se di decisione si tratta, allora bisogna ammettere che è quella logica, perché ormai inevitabile. Fermo a quattro chilometri dall’arrivo, Al-Attiya è rimasto lì un’ora, poi due. Sempre lì, immobile e impotente. Sono andati tutti a letto, così sicuri che Al-Attiya e Lucas Cruz ce l’avrebbero fatta, che i cronometristi, prima di coricarsi, hanno inserito il Principe nella lista dei partenti del giorno dopo. 4 “chilometri”, impossibile credere che Al-Attiya non avrebbe trovato il sistema di recapitare la sua macchina al bivacco, riparare e presentarsi al via. Ma il Principe è anche un signore, un olimpionico capace di arrendersi con onore, quando è il momento.
Così, dopo aver vinto l’edizione 2011, e tre tappe in questa edizione, la terza, la quarta e la sesta, Al-Attiya lascia. È arrivato il momento triste di arrendersi alla Dakar e all’evidenza. È lo stesso Pilota, e ora Manager di una Squadra tutta sua, che si premura di confermarlo e di ufficializzarlo, spiegando anche il motivo del calvario della nona tappa. A rallentare il Buggy Qatar-Red Bull è stato principalmente il guasto della pompa di benzina, attribuibile secondo Al-Attiya a un difetto di fabbrica. Un duro colpo per il Pilota, ma anche per la corsa che perde per strada l’ultimo antagonista del “solito” Peterhansel, adesso con la sua undicesima Dakar praticamente in tasca.
Peterhansel ha la Dakar praticamente in tasca
Il momento in cui la classifica si delinea in modo così chiaro e inesorabile, Peterhansel è davanti di quasi un’ora rispetto a De Villiers, è delicato. Non è facile stabilire se è meglio calare decisamente il ritmo, ed amministrare il copioso vantaggio, oppure mantenersi “tonici” per non perdere per strada la concentrazione, ed incorrere in errori che possono rivelarsi fatali. Peterhansel, che non è abituato ad andare a spasso, inizialmente risolve il dilemma nel terzo modo possibile, continuando a spingere incurante del grande vantaggio. Si mette nella scia del compagno di squadra Joan Roma, che ha vinto la tappa precedente, e “stacca” il miglior tempo al primo way point di passaggio. Dura poco, perché le due Mini, che continuano ad aprire la pista ad andatura pur elevata, devono ben presto arrendersi ad un fatto nuovo.
“Per gli argentini, a migliaia a fianco del loro Pilota, è una data storica. È la prima volta che un Pilota di Casa vince una tappa della Dakar delle auto, ed è il delirio”
È la grande, straordinaria, prima giornata di Orlando Terranova, in equipaggio con il navigatore Paulo Fiuza e alla guida di una BMW X3. Il trentatreenne Pilota argentino conosce bene le piste della tappa, e per il “mendocino” arriva finalmente il giorno in cui può stendere sul tavolo i propri assi. Mantenendo un ritmo elevatissimo il “mendocino” passa al comando e, senza commettere un solo errore ci resta fino alla fine della Speciale. Per gli argentini, a migliaia a fianco del loro Pilota, è una data storica. È la prima volta che un Pilota di Casa vince una tappa della Dakar delle auto, ed è il delirio.
Tre Mini All4 Racing nei primi quattro posti
Peterhansel deve “accontentarsi” del terzo posto, alle spalle del compagno di squadra e davanti all’unico avversario che faticosamente gli sopravvive, il sudafricano De Villiers. Troppe curve per il lungo Hummer di Robby Gordon, pur quinto, e per Lucio Alvarez, l’altro argentino che era già andato vicino al successo, ma che si è fatto “soffiare” l’irripetibile record nazionale. Tre Mini All4 Racing nei primi quattro posti della generale, in mezzo solo la Toyota di De Villiers, secondo ma molto distante da “Mister Dakar”.
Patti chiari tra i due camion Kamaz di Andrey Karginov e di Eduard Nikolaev: il primo vince la speciale dei Camion, il secondo è in testa alla generale. I Piloti dicono che è stata una tappa dura, ma non è proprio e completamente vero. Dicono anche, incrociando le dita, che quella successiva sarà peggio. Non è vero nemmeno questo. L’undicesima tappa torna tra le dune e alla navigazione fuoripista. Se la sabbia “tiene”, come è successo lo scorso anno, bene, non sarà troppo difficile. Se invece il caldo renderà la sabbia “molle”, allora sarà l’inferno di Fiambalà, gia visto anche quello.
Classifiche
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