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Milano Linate, 2 Gennaio 2018. Volevamo dirvi una cosa. Darvene la conferma. È il 2019. Sì, questo lo sapete, ma è giusto che si torni sull’augurio fondamentale, che si ribadisca il concetto per rafforzarne l’efficacia taumaturgica. Buon Anno a tutti. Un super anno, un incredibile 2019.
E come accade ormai da qualche annetto, non proprio i 40 e passa della circostanza ma comunque parecchi, eccoci sulla rampa di lancio della nostra ennesima Dakar. Non vi viene mai a noia? – chiederete voi – No, per uno o più motivi no, mai. Probabilmente è la forza nascosta dell’Evento, del Rally-Raid per definizione, origine e imprinting, per quel senso dell’Avventura creduto perso e tornato a scorrere nelle vene degli incontentabili, degli appassionati, degli assetati di vicende fuori dall’ordinario, per quanto magnifico e stimolante.
Incontro Mr. Franco a Linate. Da lì il volo per Madrid e l’Iberia per Lima. Come atterrare al… bivacco. O direttamente al centro dell’Arena. Saremo ancora una volta i vostri cronisti dell’Avventura. O, meglio, dal cuore dell’Avventura.
41ma Dakar e, lo sapete già, la grande novità è il cento per cento Perù, l’inedita emozione di correre l’intero Rally tutto in un solo Paese. Siamo fortunati, sono fortunati. Full Perù vuol dire magnificenza ambientale totale. Senza diversivi o distrazioni.
Nessun confine, via le dogane, per una volta, dalla geografia della Maratona motoristica che ha cambiato scena e attori del Motorsport per trasformarla nella culla di una specie rara di Avventurieri da Corsa, di indomabili passioni sul filo del limite.
Cosa ci aspettiamo? Quello che vi aspettate anche voi. Una Corsa anche soltanto impercettibilmente migliore di tutte quelle che l’hanno preceduta. Un taglio netto alla routine e ai giri di pista sempre uguali. Una nuova epopea di tramonti e di albe senza soluzione di continuità. Di luci e di riflessi di sudore, di sguardi appannati dalla fatica, di obiettivi che valgono l’esperienza della vita.
Più concretamente, dai. E va bene. Ci aspettiamo un altro capitolo del romanzo lungo diciassette titoli nella Corsa delle Moto. Da scrivere come sempre, ormai, o con un finale che si possa considerare inedito. Comunque elaborato sul timone di una Storia che si ripropone e che si basa sul dominio delle KTM, Meoni, l’indimenticabile Fabrizio Meoni, Sainct, Roma, dieci anni di alternanza Coma-Despres, poi le nuove leve, Price, Sunderland, Walkner. Una a testa, i nuovi eroi della Marca austriaca, e sono di nuovo tutti lì, per uno… spareggio.
Ci aspettiamo, naturalmente, che lo Squadrone Honda, da oltre un lustro con la bava alla bocca, ma ancora a bocca asciutta, rinnovi l’attacco al dominio dell’Impero, che si risvegli nella saggezza inedita di Joan Barreda per una nuova era di aggressività più controllata e redditizia, magari fresca del contributo di “Nacho” Cornejo o solida di un consistente Kevin Benavides. Un pensiero volante va a Paulo Gonçalves. Il forte e sfortunato portoghese, senza ombra di dubbio il migliore della storia del rientro di Honda, ha saltato per infortunio l’edizione 2018, e rischia anche quest’anno. Un brutto incidente nell’ultima gara in Portogallo, una brutta operazione e una brutta convalescenza. Ce la farà. Speriamo di sì, che Paulino torni al 100%.
Siamo ugualmente curiosi di verificare che progressi possa aver fatto la Squadra Yamaha dei rientranti e rientrati Caimi, Van Beveren e De Soultrait. Siamo attenti alle vicende possibili delle Husqvarna di Quintanilla o Short, delle Sherco dei fratelli Metge, delle Hero di Mena e Rodrigues. Ovviamente appassionati di italiani, siamo addirittura commossi dalla partecipazione, finalmente, di Nicola Dutto. Per alcuni motivi scontati, e per altri che riteniamo non meno importanti, e che vorremmo andare a rivisitare nell’impresa del forte, ma soprattutto irriducibile piemontese.
Sì, la Dakar 80% dune delle Moto scende come i granelli di sabbia, in perfetto e fluido ordine storico. Si può osare di immaginare vagamente che tipo di Gara saprà proporre.
Non è lo stesso per la Gara delle Auto, e lasciamo da parte per un attimo i rampanti side by side, curiosamente sempre più… curiosi. Qui il sipario si apre su una scena totalmente nuova, con vecchi attori associati a parti nuove, o diverse. Non c’è possibilità di continuità assoluta con la storia… a meno che sua Maestà Loeb, ripresosi una Peugeot 3008 DKR all’ultimo tuffo, non decida di ricollegare i fili del circuito interrotto un anno fa dopo la leggendaria tripletta Peterhansel, Peterhansel, Sainz. Sébastien Loeb. Esperienza da Privatone di lusso, temibile e conturbante, intrigante.
Il “vecchio” Dream Team Peugeot si è ri-materializzato, pressoché integralmente e compatto, su un altro sedile, storico. È con le nuove Mini John Cooper Works, ma in declinazione Buggy, che 19 vittorie alla Dakar corrono alla ricerca del nuovo gallone. Le nuove Mini sono sostanzialmente… nuove, soprattutto dal momento in cui è arrivato il vincitore dell’edizione scorsa che, non ci vuole molto a intuirlo, avrà ripreso in mano matita e scalpello per definire contorni più certi all’opera di Sven Quandt. È la storia di sempre. Confidare sulla “vecchia” affidabilità o intervenire osando nuove idee senza avere il tempo di collaudarle adeguatamente?
Non sembra di questa idea la Squadra che, nel processo di assegnazione di una possibile “eredità” del patrimonio Peugeot, ha mantenuto il timone dritto sul tracciato indicato dalla bussola dell’evoluzione. Toyota Gazoo ripropone uno schema collaudato. Collaudate le efficacissime Hilux e collaudatissimi gli Equipaggi. Sotto questa luce una vittoria, la terza, di Nasser Al Attiyah potrebbe anche essere la soluzione semplicemente logica. Così come potrebbe essere considerata logica la soluzione De Villiers o, se proprio si vuole azzardare, una novità non meno logica dell’esplosione di un compiuto Ten Brinke. Se proprio dovessimo, o volessimo, stilare una prima classifica di “meriti”, si tenderebbe a dispiacersi del fatto che “Joan “Nani” Roma corra con la vetusta Mini 4 ruote motrici, ma siamo sicuri che c’è un motivo di base abbastanza solido per non scartare la scelta del catalano, che poi è quello stesso che ha contribuito a consolidare il mito delle Mini prima dell’avvento del ciclone Peugeot.
Più che scoprire cosa vuol dire una Dakar Tutta Perù, più che capire cosa è successo nel dopo Marc Coma, il cui Nuovo Anno ha portato la scrivania della Direzione di KTM Spagna, più che indovinare o venire a conoscere con certezza, dopo dieci tappe, il nome di un vincitore, della Dakar 2019, insomma, ci attrae la Corsa delle Auto e la certezza che andremo a scoprire un orizzonte del tutto nuovo, per uno o per altri versi 100% inedito. La vicenda connessa con l’”eredità” della gara delle Auto è, senza alcun dubbio, il leit motiv della Dakar 2019 sulla piattaforma di lancio di Lima.
Conto alla rovescia vicino alla deadline del 6 gennaio.
Buon Anno a tutti. Buon Anno Mr. Franco. Buon Anno Dakar!