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Neom, 7 Gennaio 2020. Partire con il freddo e… freddi non è ai una buona cosa. La temperatura, nel giorno in cui in via del tutto eccezionale la Dakar sale a oltre mille metri, è scesa, e i Motociclisti sono quelli che ne soffrono di più. Perché non hanno parabrezza, sportelli e riscaldamento, e perché sono i primi a partire. Non è una punizione, tuttavia, da sempre i “motard” vengono lanciati per primi per stare lontani dai pericoli della Macchine e dei Camion, e per trovare un terreno più “pulito”. Alba e partenza delle Moto, insomma, è la foto d’apertura di ogni tappa della Dakar. Da 42 anni.
Dunque freddi. Uomini e motori. E cominciano i guai. La terza Tappa della Dakar, l’Anello magico di Neom, 491 chilometri per 414 di Pova Speciale, è un artificio di traiettorie tra canyon e montagne, piste sabbiose, una buona metà, e pietraie, un solido 20 per cento, strappi veloci e settori molto guidati. Attenzione! Alla guida e alla navigazione. Tanta navigazione in spazi a volte ristretti.
Così, dopo le sorprese di Piloti sconosciuti o quasi in un giorno da leoni, è la volta dell’Organizzatore che finisce per sorprendere una valanga di concorrenti. C’era da aspettarselo, gli “anelli” più che magie sono più spesso giochi di prestigio atti a stravolgere la classifica.
Succede nella Gara delle Moto, che determina una importante modificazione dell’asserro iniziale del Rally. È la giornata della “scossa” ai big KTM e Husqvarna e della riscossa Honda, che piazza due Piloti in testa alla Tappa. Non solo, è anche il giorno in cui i disavanzi si fanno vagamente rassicuranti per chi ne beneficia e lievemente preoccupanti per chi ne soffre. È la Dakar che sorprende.
È prima di tutto, tuttavia, la grande giornata di Ricky Brabec, il colosso ventinovenne californiano di un metro e 85 per 95 chili, quasi tutti di potenza.
Brabec prende il volo partendo dalla 12ma posizione, ed è quanto basta per decidere di sferrare un attacco micidiale, prima risucchiando gli avversari “a vista” e poi imprimendo un ritmo insostenibile per tutti. Il risultato è quasi clamoroso: 5 minuti a Cornejo e 7 a Benavides, i suoi compagni di Squadra, e una “fattura” salata agli avversari di Marca, otto minuti a Walkner e Price.
La tripletta Honda vorrà ben dire qualcosa, almeno nelle intenzioni.
Ugualmente eclatante la classifica generale dopo 3 tappe. Brabec passa al comando davanti Kevin Benavides, doppietta Honda, Walkner è il primo Pilota KTM a 6 minuti, Price resta a ruota.
Quando mancano ancora 9 giorni di Gara possiamo dire che è già successo un piccolo finimondo, e per un momento tutto è sembrato davvero clamoroso. Sistema GPS e crono in tilt, dicono gli “Officials”, i risultati erano sbalorditivi, invece la Gara resta sui binari di un avvincente equilibrio, probabilmente dopo aver cancellato dal finale della storia uno di quei waypoint “esagerati” che creano solo un grande caos.
Comunque, giornata traboccante di colpi di scena. Alcuni non belli. Al terzo chilometro cade Adrien Van Beveren. Il francese re della sabbia del Touquet non ha fortuna. Frattura di un clavicola e stop. Rientra al bivacco in elicottero. Cinque partecipazioni, tre ritiri. Senz’altro il più brutto è quello del 2018 quando si stava giocando la vittoria.
Al 30° chilometro si ferma la moto di Paulo Gonçalves. Il forte portoghese, tornato quest’anno in “famiglia” con l’indiana Hero dei suoi vecchi compagni di avventura, è stato secondo nel 2015. In altre occasioni, come quando la sua moto bruciò sotto i suoi occhi nella pampa, avrebbe meritato molto di più. Gonçalves non è uno che si arrende. Intanto che aspetta l’arrivo del motore di scorta, caricato sul camion italiano di Verzeletti & Co., smonta il vecchio e tutto quello che serve per la non difficile, ma lunga operazione (a farla da soli)
Al Chilometro 88 è la volta di Ross Branch, il vincitore a sorpresa della seconda Tappa. Il pilota del Botswana cade, poi si rialza e con una spalla dolorante si rimette in pista. Come è accaduto il giorno precedente a Laia Sanz, è una questione di resistenza e di orgoglio.
Sportivamente, è ben più grave, anche se fisicamente indolore, la “caduta” nella trappola della navigazione di alcuni protagonisti. Dapprima Sunderland, che era in testa alla provvisoria dopo due tappe, e Quintanilla. Poi, nella seconda parte della Speciale, Toby Price e De Soultrait, l’altra “punta” del Team Monster Yamaha finora non certo incisivo, che finirà per farsi male a una mano. Il “centravanti” di KTM, e Campione in carica, sperava di approfittare della posizione di classifica, e invece fatica non poco a rientrare da un cul di sac emotivo dopo essersi perso non lontano dalla pista principale.
Lato Auto la giornata diventa più difficile più avanti, quando la temperatura esterna e agonistica salgono senza controllo. Al chilometro 288 prende fuoco la Mini di Vasilyev, al 298 Al Qassimi distrugge definitivamente la 3008 DKR con la quale si era messo in bella (troppa) evidenza nei primi due giorni del Rally.
Sono i fatti incresciosi del Rally.
La Tappa, invece, vive sulle scintille del duello tra Carlos Sainz e Nasser Al Attiyah. Messi da parte i “rancori” con la Dakar dei primi due giorni, gli ufficiali Mini e Toyota tornano a battere il tempo della corsa su un ritmo elevatissimo. Si alternano al comando, prima Sainz, poi Al Attiyah, poi ancora lo spagnolo e quindi il Principe del Qatar.
Solo nella fase finale della Speciale Al Attiyah ha un momento di sbandamento, quanto basta per spiegare l’arrivo asincrono con la Mini John Cooper Works Buggy di Carlos Sainz e Lucas Cruz tre minuti avanti alla Toyota Hilux Gazoo Racing di Nasser Al Attiyah e Mathieu Baumel.
La generale riprende la sua fisionomia abituale. Sainz in testa, Al Attiyah secondo, Terranova ha retto l’urto dei “senatori”, Yazeed Al Rajhi continua a ringhiare e Mathieu Serradori a fare l’”intruso” eccellente con la sua fuoriserie.
Come dice il mio corrispondente dalla Germania, improvvisamente è una “Dakar pfantastika!”
Foto: ASO/DPPI/Delfosse/Flamand/LeFloch/Vargiolu/Lopez – X-raid – KTM - Gas Gas - RedBull Content Pool