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Parigi - Peugeot si è presentata in forze al Salone di casa, nella sfavillante Capitale francese. Non solo con tutta la gamma al completo, da poco rinnovata con l’arrivo di una nuova famiglia di attesissimi SUV, ma anche con il nuovo programma per il motorsport. Del futuro nelle corse del Leone ne abbiamo parlato con Bruno Famin, Direttore di Peugeot Sport con tanti anni di esperienza alle spalle.
Nonostante la vittoria dello scorso anno per la Dakar 2017 avete rimesse mano alla vostra macchina. In cosa è cambiata principalmente?
«Bè, una cosa la vediamo subito. La nostra macchina per la Dakar ha una forma estetica tutta nuova. Abbiamo riprogettato la carrozzeria soprattutto per migliorare l’aerodinamica e al tempo stesso il sistema di raffreddamento. E’ stato un lavoro piuttosto complesso perché migliorando l’afflusso d’aria al motore si rischia di peggiorare la resistenza aerodinamica. Ormai alla Dakar si raggiungono velocità anche molto elevate e avere tanta resistenza finisce per penalizzare non solo le prestazioni ma anche il consumo di carburante. Due aspetti fondamentali in gare così dure e lunghe. Abbiamo fatto un piccolo capolavoro perché siamo riusciti ad avere non solo una migliore efficenza nel raffreddamento e quindi una maggiore affidabilità del motore. Ma anche prestazioni più brillanti».
Ma c’è anche un altro motivo, molto meno tecnico, se avete deciso di cambiare forma alla carrozzeria, non è vero?
«Il motorsport serve a Peugeot per comunicare i modelli di serie, quelli venduti in concessionaria. E’ per questo motivo che abbiamo lavorato anche con il nostro studio di design in modo da avere un’auto da corsa che ricordasse il nostro nuovo SUV 3008. E così siamo passati dalla 2008 DKR alla 3008 DKR, così possiamo comunicare il prodotto più importante e più recente della nostra gamma».
E poi i vostri ingegneri su cosa si sono concentrati?
«Abbiamo cercato di migliorare ogni singolo aspetto della nostra macchina. E’ chiaro però che più passano gli anni, più diminuisce il margine di miglioramento a nostra disposizione perché l’auto ormai è molto più matura rispetto agli inizi. Si è continuato a lavorare sulle sospensioni, che sono un fattore chiave su un’auto a due ruote motrici come la nostra. Abbiamo lavorato sugli ammortizzatori, modificando in parte la geometria delle sospensioni per evitare che l’auto avesse troppo beccheggio. Soprattutto durante le frenate, magari qualcuno si ricorda le staccate spettacolari dello scorso anno, con l’auto completamente “tuffata” in avanti».
Anche il V6 diesel ha ricevuto qualche upgrade?
«Sì, anche il motore ha subito delle modifiche. Per regolamento abbiamo dovuto montare una flangia più stretta di 1 mm e questo ci ha fatto perdere circa 20 CV di potenza e questo ci ha dato qualche grattacapo. Ci siamo concentrati molto sulla risposta del motore, perché per un pilota cross country è fondamentale avere un feeling perfetto con il proprio motore. I nostri piloti vogliono una valanga di coppia a bassi regimi e nessun ritardo del turbo. Questa volta credo che siano davvero contenenti dei risultati ottenuti».
L’ultima grande novità di questa 3008 DKR è l’introduzione dell’aria condizionata per i nostri piloti
Da quello che ho sentito non dovrebbe mancare neanche un bel regalo per i vostri piloti...
«Puoi dirlo forte. L’ultima grande novità di questa 3008 DKR è l’introduzione dell’aria condizionata per i nostri piloti. All’inizio del progetto avevamo deciso di non avere l'aria condizionata per evitare problemi legati all’affidabilità ma anche perdite di potenza e aggravio di peso. L’esperienza però ora ci ha fatto capire che è meglio averla. Abbiamo avuto tappe alla Dakar da 500 km con 50° C di temperatura esterna, che diventavano 70° all’interno dell’abitacolo. Alla fine di una speciale come questa Peterhansel non si ricordava più nulla degli ultimi km di gara, era completamente esaurito. Avere l’aria condizionata farà sì perdere qualche cavallo di potenza e aumenterà il peso di 10 kg, ma di sicuro migliorerà sul lungo periodo la performance del pilota. E soprattutto la sua sicurezza».
Anche Toyota è passata alle due ruote motrici. Significa che oggi abbiamo una Dakar che favorisce i buggy di questo tipo?
«I giapponesi ci hanno copiato evidentemente [ride, ndr]. In ogni caso la situazione non è così semplice, perché noi che abbiamo motore diesel siamo stati penalizzati con una flangia ristretta di 1 mm. Il regolamento invece è stato più tenero con i benzina come le Toyota e questo può rendere i giapponesi molto pericolosi. Non si può nemmeno dire che la Dakar di oggi sia più favorevole alle due ruote motrici. Dipende dalle tappe, alcune sono ancora molto tortuose e richiedono velocità molto basse, quindi favoriscono le Mini a quattro ruote motrici. Insomma, è ancora tutto in discussione».
Alcuni hanno già iniziato a parlare di un possibile addio di Peugeot alla Dakar. E' prematuro pensare a questo orizzonte?
«E’ tutta una questione di visibilità. Fino a quando riusciremo ad avere quella che riteniamo fondamentale per comunicare le nostre automobili di serie continueremo a impegnarci alla Dakar. Questo non significa che ci fermeremo dopo il 2018 - 2019, potremmo tranquillamente continuare».
Oggi il diesel non è più un motore ben visto. Non solo negli Usa ma anche in Europa e soprattutto in Francia, a Parigi. La vostra macchina da corsa è spinta da un motore a gasolio, non rischia di essere un problema sul lungo periodo in termini di immagine? E' possibile ipotizzare una 3008 DKR ibrida per il futuro?
«Davvero una bella domanda. Secondo me ogni categoria nel motorsport serve a comunicare un diverso ambito del mondo dell’auto. La Dakar e il Cross Country rally però a mio parere non serve a comunicare la tecnologia, ma il prodotto, ovvero i nostri modelli di serie. Chi segue la Dakar non è tanto interessato a che tipo di motore si nasconde sotto le auto. Chi vuole comunicare la tecnologia sceglie altre categorie, per esempio il mondiale endurance WEC dove si può esprimere un altissimo livello di competenza tecnica. Per l’elettrico puro c’è poi la Formula E. Sicuramente l’ibrido prenderà sempre più il sopravvento sulle auto di serie, ma sono convinto che ogni categoria deve concentrarsi su ciò che vuole comunicare».
Portare l’ibrido alla Dakar oggi sarebbe un costo in più non giustificato
Quindi possiamo escludere l'ibrido dalle gare Cross Country, almeno per un po'? Rimarrete fedeli al diesel?
«Portare l’ibrido alla Dakar oggi sarebbe un costo in più non giustificato in termini di comunicazione. A pochi interessano i motori delle auto alla Dakar. Noi per esempio ci ritroviamo un diesel non per scelta ma solo per questioni di regolamento. Noi abbiamo scelto in partenza di avere il turbo, per avere un motore pronto anche ad altitudini problematiche dove con gli aspirati si perde potenza, per esempio sulle Ande. Il regolamento impone che il turbo sia riservato solo ai motori diesel ed è solo per questo che abbiamo scelto il gasolio. Ed è per questo che non comunichiamo niente riguarda al motore diesel alla Dakar. E’ stata semplicemente una scelta obbligata. Se i regolamenti cambieranno ancora entro il 2020 non vedo per esempio perché non potremmo tornare ai motori a benzina».
Un anno e mezzo fa, al Salone di Ginevra 2015, mi aveva detto che un ritorno della Peugeot alla 24 Ore Le Mans era possibile. Oggi come siamo messi? Sarebbe bello vedere i francesi dare di nuovo del filo da torcere ai tedeschi...
«Il nostro grande capo Carlos Tavares è stato molto chiaro dicendo che un giorno vorrebbe vedere Peugeot di nuovo a Le Mans. Ma ha imposto tre condizioni molto dure perché si possa realizzare questo sogno. Prima di tutto il Gruppo PSA si sarebbe dovuto consolidare dal punto di vista finanziario. E ce l’abbiamo fatta. Poi avremmo dovuto vincere una Dakar. E l’anno scorso ce l’abbiamo fatta. Rimane il terzo punto che poi è quello più complesso. Abbattere di due o tre volte volte i costi di sviluppo per un programma completo nel mondiale endurance. Questo significa che per tornare a Le Mans prima dobbiamo aspettare grandi novità dal punto di vista dei regolamenti nel WEC. Insomma è ancora un sogno, ma un sogno fattibile, a cui pensiamo sempre. Non domani, ovvio, ma nel prossimo futuro chissà. Del resto abbiamo già investito tanto nel programma della Dakar e ora dobbiamo aspettare di avere il ritorno di immagine preventivato».
Allora a questo punto le confesso il mio sogno. Vedere, un giorno, una leggenda dei rally come Paolo Andreucci su una Peugeot alla Dakar. Follia pura? Anche Loeb mi aveva detto che un giorno avrebbe voluto guidare la 2008 DKR e oggi è uno dei vostri piloti di punta...
«Non saprei, non ne abbiamo mai parlato per la verità. Ma perché no? Voglio dire, ha un’età perfetta per essere un pilota cross country».
Allora ve la suggerisco io questa volta l'idea. Perché non lo chiedete a Paolo, un giorno?
«Va bene, promesso. Ma prima Paolo dovrà cambiare il suo sponsor principale per le gomme. Lui ha Pirelli, noi facciamo la Dakar con Michelin! [ride, ndr]»
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